I Pirati della Bellezza: Nino Di Matteo ha presentato “Il patto sporco e il silenzio”

di ANNA MARIA STEFANINI-

VITERBO- Secondo appuntamento ieri con “I Pirati della Bellezza”. Il magistrato Nino Di Matteo, sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, ha presentato “Il patto sporco e il silenzio”, che non è solo un libro, ma un monito.

Dopo l’ultima sentenza del processo sulla Trattativa Stato-mafia, è calato il silenzio su una delle vicende più drammatiche e clamo­rose della storia repubblicana italiana. E non pochi sono stati quelli che hanno violentemente attaccato i magistrati che avevano istruito il procedimento, tra i quali Nino Di Matteo, autore di questo libro, ora riproposto in una nuova edizione aggiornata, che intende illu­minare la verità giudiziaria ma anche quella storica di un fatto ormai acclarato, come è scritto distintamente nelle motivazioni della sentenza d’appello.
“Il patto sporco e il silenzio” dunque rappresenta la let­tura più completa di una vicenda che molti vorrebbero venisse rimossa dalla cronaca e dal­la storia del nostro Paese. Ma non deve essere così. Gli attentati a Lima, Falcone, Borsellino, le bombe a Milano, Firenze, Roma, lo Stato in ginocchio, i suoi uomini migliori sacrifica­ti. Eppure in quello stesso momento, men­tre scorreva il sangue delle stragi, c’era chi, in nome dello Stato, dialogava e interagiva con il nemico. “Fu proprio dopo la senten­za d’appello che, insieme a Nino Di Matteo, avvertimmo la necessità di un’altra edizione di questo libro” scrive Saverio Lodato nella nuova introduzione. “Per tante ragioni. Gli imputati, prima condannati, erano stati assol­ti. Non si poteva far finta di niente. I lettori avevano il diritto di conoscere il prosieguo della storia.” Anche perché, nel frattempo, si è aggiunto il ricorso in Cassazione della pro­cura generale di Palermo.

Il festival della parola e del pensiero, ideato dal direttore di Tusciaweb Carlo Galeotti, prosegue dunque con successo gli incontri della terza edizione. Ieri, martedì 17 ottobre, si è svolto l’evento avente come protagonista il sostituto procuratore alla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo Nino Di Matteo che ha presentato “Il patto sporco e il silenzio”

Fra i presenti all’incontro: il questore Fausto Vinci, il ten.col. dei Carabinieri GuglielmoTrombetta, il capitano Felice Bucalo, il presidente dell’ Ance Andrea Belli.
Le dediche dell’evento sono state a don Lorenzo Milani e ad Alessio Paternesi, “un grande artista che ci ha insegnato la bellezza e a riprodurre l’amore nelle immagini, nel ventennale di Tusciaweb”, come ha spiegato il direttore Carlo Galeotti.
50 libri sono stati donati a 50 partecipanti.
Nino Di Matteo ha risposto in modo chiaro alle domande poste. Ha parlato inizialmente del ruolo dei giudici.

“Il nostro ruolo lo dobbiamo esercitare non perdendo di vista l’opera della collettività – ha detto il magistrato – Io sono convinto che ci si debba sempre confrontare. Le istituzioni devono cercare di essere trasparenti. Non credo al magistrato che parla solo attraverso le sentenze. Il magistrato è un uomo che ha le sue idee e non è questo che fa venire meno l’imparzialità, ma l’appartenenza a qualcuno o qualcosa. “

Ha poi continuato :”Mi voglio riferire al periodo 1992- 94. Dopo l’omicidio di Salvo Lima sono avvenute 7 stragi e il passaggio dalla prima alla seconda repubblica. È importante, a tal proposito, capire il disegno stragista. Molti elementi sono emersi in questi 30 anni di indagini. Riina diceva:- Noi al governo gli dobbiamo vendere i morti. Dopo il maxiprocesso del 92, Salvatore Riina e gli altri si accorsero che i referenti politici avevano tradito e concepirono la strategia di fare la guerra per poi fare la pace. Alcuni politici si ritiene abbiano fatto da cinta di trasmissione. In primo grado furono condannati. In secondo grado, però, sono stati assolti gli uomini delle istituzioni.”
Di Matteo ha affermato con decisione:” La trattativa Stato – mafia c’è stata.
E furono gli uomini dello Stato a cercare Riina e non viceversa.
Ma poi i responsabili non vennero condannati.
In cassazione è stata cambiata la formula: assoluzione per non aver commesso il fatto. Su questa vicenda ci sono stati silenzi e mistificazioni. Andammo a trovare Ciancimino. Gli chiesi:- Cos’è questo muro contro muro fra Stato e mafia?. La risposta fu: – Hanno accettato il dialogo.
Quando Riina si sentì cercato, era raggiante: aveva dato ai politici molte richieste.
Perchè sono state fatte le stragi e poi sono improvvisamente cessate?
Il 23 gennaio 94 era stato predisposto tutto per un attentato – come disse Spatuzza- all’Olimpico. La Lancia Thema doveva colpire il pullman dei Carabinieri.
Non possiamo dimenticare quelle pagine.”

Il magistrato ha poi fatto una riflessione:” La mafia di avvale di commercialisti, magistrati scorretti, politici, ma Riina era un vero capo, dotato di furbizia, sagacia e, benché non fosse condiviso, era rispettato da tutta la mafia, era coerente.
Sono stati uccisi uomini politici, polizia, sacerdoti, medici legali, carabinieri. Cosa nostra ha condizionato la politica nazionale; la sua vera forza è stata incrementare rapporti con il potere. Io sono convinto che non dobbiamo mai essere troppo sicuri di nulla; la mafia ha dimenticato la politica stragista? 8 anni fa avevano organizzato un attentato contro di me. Loro sanno cambiare la pelle come un serpente. Trovano più conveniente la strategia della soppressione: stanno alla finestra ed è una mafia più sfuggente; masse di capitali sporchi sono stati investiti in altre attività apparentemente lecite. Non è più la mafia di 30 anni fa: è più nascosta e più diffusa in Europa.
Solo le indagini ci faranno capire chi è attualmente il capo. Matteo Messina Denaro, dopo la morte di Riina e Provenzano, aveva le caratteristiche per essere il capo. Era nel commando che doveva uccidere Falcone a Roma . È stato un vero capo di Cosa nostra. Fece una latitanza lunghissima che destò domande. Noi abbiamo la migliore polizia giudiziaria al mondo: la latitanza si può giustificare solo con collusioni ad alto livello.
Bisognava proteggere la latitanza perchè ci si allea con un nemico per sconfiggerne uno più pericoloso. Da magistrato non posso accettarlo. Le ragioni di stato non possono essere nascoste.”
Di Matteo ha poi affermato, riguardo alle riforme Cartabia e Nordio, che vanno bella stessa direzione. “Noi ci avviamo verso un sistema penale a due velocità- ha spiegato – : forte con i deboli e debole con i forti. Nelle strutture penitenziare pochi scontano pene per corruzione. Se limitiamo intercettazioni, torniamo alla prescrizione più breve, se limitiamo l’abuso di ufficio, sarà più difficile evidenziare i reati . Se il processo non si conclude entro 2 anni, si richiama di farlo estinguere, secondo la legge Cartabia. I processi complessi non verranno mai considerati. L’Europa ci chiede processi veloci, non di annullarli. Ci sono riforme che rendono sempre più farraginoso il processo. Non dobbiamo entrare nella logica delle carte a posto.
Come velocizzare la giustizia? Con più risorse umane e la giustizia penale dovrebbe recuperare alcuni atti. Faccio da 32 anni questo lavoro: i migliori giudici sono quelli che hanno fatto i pm e viceversa.
Falcone, Borsellino, Livatino furono sia pm che giudici.”
Il firmacopie ha concluso l’interessante appuntamento con Nino Di Matteo.

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