“Il canto di Messalina” (Rizzoli, 2022) di Antonella Prenner, recensione di Biagio Lauritano

Con questo nuovo romanzo storico Antonella Prenner, scrittrice e docente di letteratura latina all’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale, ci presenta un ritratto inedito di Messalina, consorte dell’imperatore Claudio. Infatti fin dalle prime pagine del romanzo Messalina manifesta un’acuta sensibilità con la quale tenta di intravvedere nella fredda pietra dei monumenti che celebrano i fasti di Roma il mistero della vita e del cosmo. Ma questa sensibilità è sempre mortificata dalla linea temporale degli eventi, dal loro susseguirsi che fa capo alla ragion di stato non lasciando perciò spazio ai sentimenti della protagonista. Messalina vuole armonizzare il proprio io per renderlo omogeneo alla società in cui vive quasi a voler anticipare gli eventi, a voler essere ella stessa l’artefice di quei cambiamenti di cui la società del suo tempo ha bisogno in nome di un destino comune a tutte le donne, ma che purtroppo alla fine non le rende giustizia. Nel voler essere donna a tutti i costi Messalina concepisce un’unione torbida tra mente e corpo quasi a voler sottolineare la perdita di quel misticismo, oramai negato anche dalla delusione della vita matrimoniale, che la univa alla figura paterna, come se fosse una creatura mitologica (una sorta di Medusa ingiustamente trasformata in orribile mostro) che si appaga solo nei momenti erotici, proiezione questi di quella vendetta che lei andava cercando contro una società insensibile alla sua femminilità. Messalina possiede una finezza intellettuale che potremmo definire archetipica attraverso cui vuole rintracciare le proprie origini nella speranza che il proprio mondo, quello dell’infanzia, non sia mai stato contaminato dall’eccesso delle spesso pompose quanto vacue cerimonie ufficiali, simboli dell’ipocrisia dominante, e dalla bizzarria di abominevoli comportamenti di chi non sa o non vuole guidare l’impero. Perciò vede spesso nell’incapacità dell’altro sesso la prova tangibile di un mondo che sopravvive solamente perché lo vuole il caso. Le ingiustizie, le uccisioni, le sopraffazioni di ogni genere finiscono per contaminare il suo animo quasi a significare che la sorte dell’intera umanità diventa la “ragione umana” della sconfitta, della non-vita di Messalina. Dico “ragione umana” perché stiamo parlando di un destino non sfiorato dalla mano di Cristo; infatti l’unico riferimento a quest’ultimo nel romanzo ci viene dato solo dal racconto degli altri ovvero da un punto di vista totalmente estraneo alla sensibilità della protagonista che forse, proprio perché non ha mai incontrato il Messia, non ha trovato dentro di sé la forza per superare le barriere di un mondo, che già in crisi, sarebbe tra pochi secoli tramontato. È importante sottolineare che la voce narrante finisce per determinare la personalità di Messalina fungendo da anello di congiunzione tra le numerose sequenze narrativo-descrittive; il ritmo della narrazione accelera soprattutto nella seconda parte del romanzo spingendo la protagonista verso il baratro. In altre parole man mano che la narrazione procede l’ingenua curiosità di Messalina, talvolta patetica e di cattivo gusto visto che le sue aspettative vengono sempre disattese, lascia il posto al più sfrenato piacere dei sensi, conseguenza questa della percezione negativa degli eventi di cui la protagonista è testimone e che anticipa un altro piacere, quello di desiderare la morte di quanti la rifiutano o la possiedono. Sesso e morte sono quindi strettamente legati nell’animo di Messalina finendo così per denotare l’equivoco di fondo che caratterizza l’intera società del tempo: o si diventa schiavi del potere o si soccombe. A Messalina non importa nulla della propria posizione sociale, quello che per lei conta è godere dell’attimo illudendosi così di fermare lo scorrere del tempo; ma in questo modo la paura si impadronisce di se stessa sempre di più arrivando così a creare nel profondo del suo animo l’insano desiderio di possedere tutto il genere umano attraverso il piacere. Siamo cioè di fronte ad un’atavica vendetta del Fato che condanna inesorabilmente la protagonista del romanzo al delirio e alla morte poiché ha voluto sostituire se stessa a quella unità primigenia che caratterizza i più elementari legami della vita.

Biagio Lauritano

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