“Il manifesto fascista futurista”

di MARCO ZAPPA –

VITERBO – Chiudo in bellezza (si fa per dire) questa trilogia. In fede mia pensavo che dopo le esternazioni della Boldrini e di Fiano, entrambi area PD, degli anni passati nei riguardi della memoria storica del Fascismo, si fosse toccato il fondo.
Invece è vero il detto “c’è sempre di peggio”: vengo ai fatti.
Domenica scorsa si è svolto il gran premio di Monza di automobilismo e l’esito per noi italiani amanti della Ferrari è stato sconfortante visto l’andamento della competizione.
In realtà la gara era già cominciata molto tempo prima fra l’autore del manifesto che annunciava l’imminente evento ed alcuni illuminati esponenti della sinistra locale che l’avevano bollato come
manifesto fascista.
E sapete il perché? Perché secondo costoro aveva dei chiari riferimenti alla pittura futurista.
Ora, pur con tutta la mia buona volontà nel calarmi dentro a simili menti contorte, devo ritenere che certa gente non sta bene, non gode del bene dell’intelletto e probabilmente è più pericolosa del nemico nell’ombra fascista che evidentemente vede in ogni cosa.
Dunque con misericordioso spirito cristiano cerco di comprendere cosa può passare nel cervello di un individuo cosiddetto di “sinistra” analizzando le rimostranze mosse al manifesto.
Sia chiaro, non ne faccio una questione politica ma esclusivamente culturale e non è colpa mia se è l’intellighenzia comunista dal dopoguerra a oggi a considerare il Futurismo e come movimento fascista.
Obbiezione: nel disegno è rappresentata la bandiera italiana, cosa che ha suscitato le prime polemiche perché è da fascisti ostentarla.
Considerazione: se avere il senso di appartenenza di patria, cantare orgogliosamente l’inno di Mameli e difendere la nostra bandiera ha a che fare con il Fascismo, ebbene allora anche io lo sono ma lo sono anche i francesi, gli inglesi i giapponesi (l’elenco potrebbe continuare all’infinito) e non sono italiani quei mentecatti che sputano, bruciano e deridono la nostra bandiera.
Obbiezione: ogni riferimento al Futurismo va censurato perché è un movimento fascista.
Considerazione: il Futurismo nacque ufficialmente il 20 Febbraio 1909 con un articolo pubblicato da Marinetti sul giornale francese le Figaro e al tempo dell’ascesa al potere di Mussolini aveva già dato il meglio di sé da parecchi anni con l’opera di alcuni dei maggiori esponenti, Boccioni e Sant’Elia (caduti nella grande guerra), Carrà che l’abbandonò nel 1917, Balla che continuò a dipingere fino al 1958.
La poetica futurista certamente provocatoria verso il passato e l’immobilismo, celebrativa del culto della guerra e della modernità ma in linea con la logica dei primi anni del XX secolo che sfocerà nel primo conflitto mondiale nasce e si afferma quando Mussolini si proclamava ancora orgogliosamente socialista.
Durante il Fascismo Marinetti proprio per gli ideali futuristi perseguiti per anni non si discostò mai dalla sua poetica iniziale, dimostrando coerenza e, come la maggior parte degli italiani, cercò di “tirare a campare” con il suo movimento privo ormai della spinta dirompente degli anni d’oro.
È questa una colpa?
Nell’azione di Marinetti non pesa molto di più l’aver creato un movimento a 360 gradi che se dal dopoguerra a oggi fosse stato supportato dalla critica innanzitutto italiana, sarebbe riconosciuto per quello che è stato e cioè la massima espressione della genialità contemporanea, ancor oggi attualissimo e ineguagliato?
Ma questo non importa per coloro che si sentono i depositari della cultura in Italia, i soliti radical-chic di sinistra, il cui unico intento è denigrare la storia del ventennio e cancellare con un colpo di spugna qualsiasi forma di espressione vissuta in quel tempo, quindi anche un manifesto del GP di Monza che ritengono fascista va demonizzato.
E se il grafico che l’ha progettato si è ispirato al Futurismo bene ha fatto, anche la mia ricerca artistica nasce proprio dall’analisi del futurismo quindi per associazione anche io sono fascista?
E se così veramente fosse sappiano queste capre ignoranti che, in quanto orgoglioso del mio lavoro dico: lo sono.

 

 

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