Il Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese attende di riaprire i battenti

VALENTANO ( Viterbo) – Collocato nella parte più alta di Valentano, in posizione dominante rispetto al centro storico, il Museo della Preistoria della Tuscia e della Rocca Farnese custodisce, fin dalla sua apertura al pubblico avvenuta nel 1996, reperti straordinari esposti in numerose sale e articolati in due sezioni principali. Al pari delle altre strutture aderenti alla rete del Sistema Museale del Lago di Bolsena, il complesso monumentale attende che sia passata l’emergenza Covid-19 per tornarli a mostrare al pubblico.  Tra questi, i manufatti preistorici provenienti dai più importanti siti dell’Alto Lazio.

Appartengono ad un ampio arco cronologico – afferma il direttore, Fabio Rossicompreso fra il Paleolitico e la prima Età del Ferro. Fra le testimonianze più interessanti si possono ricordare gli oggetti di arte paleolitica della Grotta di Settecannelle o i corredi della Necropoli Eneolitica di Selvicciola, ma su tutto spiccano i reperti provenienti dall’insediamento dell’Età del Bronzo su palafitte, oggi sommerso, del Lago di Mezzano”. Un piccolo specchio d’acqua, quest’ultimo, nel cuore della Caldera di Latera a Nord-Ovest di Valentano.

I fondali del Lago di Mezzano nel corso di anni di ricerche hanno restituito una grande quantità di vasi in ceramica, molti dei quali integri, vari strumenti di lavoro in bronzo, come le asce, e oggetti di ornamento, come due bellissimi spilloni. Dalle acque del lago, inoltre, provengono veri e propri gioielli, unici nel territorio, deposte sui fondali lacustri oltre tre millenni fa eppure splendidamente conservati. Si tratta di due spade di bronzo dorato realizzate non come armi di offesa, ma come oggetti di offerta.

Al civico 11 di Piazza della Vittoria è narrata anche la storia della Famiglia Farnese, in particolare dal 1300 al 1600. E quella dello sviluppo di un intero abitato, quello di Valentano. Ricchissima, la raccolta di maioliche rinvenute nei cosiddetti butti del castello, tra cui il corredo matrimoniale di Pier Luigi Farnese e Gerolama Orsini. All’interno dell’imponente Torre Ottagonale sono accolte, inoltre, la Collezione D’Ascenzi, una raccolta di pregevoli materiali etruschi, e la Tavoletta Enigmatica, un piccolo oggetto di terracotta con segni incisi e impressi risalente all’Età del Bronzo, unico del genere ritrovato finora nel Lazio.

È la stessa Rocca, infine, ad offrire un interessante percorso architettonico e storico-artistico che si snoda fra il Cortile d’Amore, con il pozzo disegnato dall’architetto Antonio da Sangallo il Giovane, la loggia di Paolo III, l’imponente camino del piano nobile e la Scala Santa. Singolare testimonianza settecentesca, quest’ultima fu realizzata quando la rocca venne concessa alle monache domenicane di clausura che vi fondarono il loro monastero, filiazione di quello di Santa Caterina, a Viterbo.

La trasformazione in monastero comportò alcune modifiche di cui la più importante fu proprio la realizzazione della Scala Santa, le cui pitture murali di tema sacro sostituirono verosimilmente quelle cinquecentesche con scene a tema profano. La visita al museo – non appena sarà possibile farla – non può dirsi completa senza salire sulla suggestiva terrazza panoramica. Dall’alto della torre si può godere, infatti, di una vista a 360 gradi che consente allo sguardo di correre dalla Caldera di Latera fino al lago di origine vulcanica più grande d’Europa, quello di Bolsena. E dall’Amiata al mare.

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