di CINZIA DICHIARA-
VITERBO- Sabato 21 settembre 2024, Palazzo Brugiotti, Viterbo. Nell’ambito del Festival della Tuscia si è tenuto presso Palazzo Brugiotti l’incontro del giovane musicologo Valerio Sebastiani con il noto musicologo e critico musicale Sandro Cappelletto sul tema ‘Il tempo nella Musica’ vale a dire sulla dimensione astratta e sulla modalità con cui la musica, una serie di suoni organizzati nello scorrere di un dato tempo, si esprime.
Questo sarà infatti l’interessante filo conduttore dei concerti in programma nella terza edizione del Festival della Tuscia, ideato come ‘festival diffuso’ poiché ogni luogo in cui si terranno i concerti ha la sua straordinarietà artistica, dall’Assessore alla Bellezza del Comune di Viterbo Vittorio Sgarbi e dal direttore artistico Massimo Spada.
La base concettuale da cui si parte, dunque, è la nozione di tempo e il differente modo in cui esso viene percepito sia nella visione di un’opera d’arte pittorica sia nella fruizione musicale.
Secondo Cappelletto, che in apertura chiarisce che la musica è arte che si sviluppa nel tempo e da esso non può separarsi, vi sono vari tipi di tempo che usiamo ogni giorno: il tempo misurato (quello stabilito dai fusi orari); il tempo soggettivo (quanto tempo impiego a fare un determinato percorso); il tempo fisiologico (i momenti della fame, della sete, del desiderio, ecc.), scandito dunque dalla natura. Quello della musica è invece un tempo interiore. E anche se per la sua stessa natura il tempo non può che vivere nella durata, una energia fisica che decade nello spazio, la sua durata non è soltanto cronometrica.
Cappelletto si addentra quindi nella sua riflessione, che sa porgere con garbata convinzione ed empatia con il pubblico, e l’interesse in sala si accresce.
Il musicologo passa a descrivere la capacità della musica di restituirci il tempo storico, dimensione che coinvolge ogni espressione artistica, e il dinamismo del tempo acquisito attraverso i secoli in Occidente, al contrario che in Oriente ove si è preferito, con la scala pentatonica che sempre ritorna su sé stessa, un tempo statico, di tipo circolare, cosicché le linee sonore non si dirigono verso una meta al modo vettoriale di certe vertiginose sinfonie, ma seguono una direzione circolare che si esaurisce in sé stessa.
Un tempo che va, rispetto a un tempo che sta, come quello dell’adagio, andamento agogico in cui si produce una sorta di sospensione della temporalità. Ma, in generale, la musica va oltre e trascende il tempo.
A sostegno della propria tesi Cappelletto cita l’ebrea polacca Jeanne Hersch, tra i principali pensatori della filosofia svizzera novecentesca, la quale afferma che la musica non annulla la sofferenza, ma la trascende permettendoci di raggiungere qualcosa che gli uomini hanno sempre sognato: vivere la pienezza. Espone quindi la tesi della studiosa: pur non potendo annullare il tempo, ‘la musica crea una miniatura dell’eternità’.
Ciò vale a dire che ogni musica crea un suo proprio tempo, presupponendo un legame tra momento passato, presente e futuro nello stesso istante. E in tal modo consente di vivere l’utopia di sfuggire al tempo e alla sua inesorabilità.
Dal canto suo Valerio Sebastiani accenna alla coscienza dell’idea aristotelica di tempo come semplice successione di eventi fino ad Agostino per giungere a Isaac Newton e ribadire a sua volta il concetto di tempo inteso soggettivamente, riferendosi a tre grandi autori della letteratura universale, esempi di come le invenzioni abbiano variato l’andamento del tempo secondo una nuova organizzazione: James Joyce, Marcel Proust e Thomas Mann.
L’Ulisse di Joyce è un romanzo fiume che descrive una giornata in ogni minima sensazione: un tempo vissuto in maniera più ampia, diversa dal tempo oggettivo, ben più lungo, occorso per descriverla.
In Proust invece Le temps perdu è la vivificazione del passato mediante la scrittura: spazio passato che si lancia verso il futuro mediante la nostra interiorità. Il passaggio alla musica viene da qui spontaneo, poiché, soprattutto oggi, essa è un continuo fare i conti con il passato. Ad esempio, Alban Berg cita spesso Gustav Mahler. Il tempo è dunque memoria. E qui apre una interessante digressione circa l’arte della citazione in musica.
Thomas Mann, infine, ne La montagna incantata descrive come il personaggio di Hans Castorp perda il senso del tempo: il romanzo è strutturato in tre settimane presentando una dilatazione del tempo che verrà.
Mentre, in autori come Claude Debussy, pensiamo al preludio Des pas sur la neige, brano in cui gli elementi compositivi divengono frammenti di tempo congelato, il tempo sembra evocare il paesaggio desolato, quasi che al compositore non interessi più dominare il tempo quanto, forse, lasciarsi andare ad esso.
A questo punto Sebastiani cita Arthur Schopenauer e Henri Bergson affermando che temi vicini a noi riguardano la frizione tra tempo oggettivo e tempo soggettivo.
Nel dialogo, ben ritmato, Cappelletto aggiunge che Mann deve alle riflessioni su Wagner la necessità di fuggire dalla Germania quando Hitler vince le elezioni, avendo smontato l’immagine proposta dal nazismo di Wagner eroe ariano, E aggiunge un altro esempio musicale di ‘tempo sospeso’ con il Quatuor pour la Fin du Temps di Olivier Messiaen, scritto ed eseguito in campo di concentramento, giungendo a commuovere.
Quindi i due musicologi vanno a toccare riferimenti alla sociologia della musica, soprattutto al cambiamento delle regole sociali ad essa collegate. Il tempo stesso della nostra fruizione è molto cambiato rispetto al passato quando c’erano persone che ascoltavano opere per ore, concludendo che occorrerebbe diffondere l’ascolto della musica in maniera capillare.
Il pubblico presente, davvero molto interessato e partecipe, porge numerose domande, con preponderanza su temi attuali, anche rispetto ai mezzi sofisticati di riproduzione sonora dei quali oggi disponiamo largamente, mentre il clima colloquiale trasforma in un salotto colto la stupenda sala affrescata e decorata con stucchi di finissima fattura. Dispiace andar via ma sta per iniziare il primo concerto della terza edizione del Festival della Tuscia.