Il Trio Kegelstatt a Viterbo per il concerto dei vincitori del Concorso di Musica da Camera “Città di Magliano Sabina”

di CINZIA DICHIARA-

VITERBO – Intervistare giovani musicisti in carriera significa quasi sempre incontrare il vigore d’intenti e la freschezza di sentimenti di chi si sta affacciando a un mondo da conquistare, vedere l’entusiasmo di chi si appresta a vivere un sogno, captare una robusta fiducia nell’avvenire. Tutto questo si percepisce già nel timbro leggero ed entusiastico della voce di Filippo Nuti, clarinettista toscano di vent’anni, ‘anima’ del Trio Kegelstatt, composto da clarinetto, viola e pianoforte, che si esibirà, quale vincitore dell’edizione 2023 del Concorso di Magliano Sabina, nel pomeriggio di domani, 29 aprile, per la stagione dei concerti dell’Università della Tuscia, il cui organizzatore, il prof. Franco Carlo Ricci, è sempre lieto di ospitare i giovani, dando loro un palcoscenico sul quale farsi apprezzare.

  • Buonasera, iniziamo col parlare di voi tre componenti del Trio

Il nostro trio è costituito da una formazione poco usuale, in quanto generalmente i trii sono in maggioranza formati da archi e pianoforte. Abbiamo 19, 20 e 21 anni. Il violista, Niccolò Corsaro, è il più giovane. Lui e  Lorenzo, il pianista del trio, sono fratelli.

  • La scelta del nome del vostro ensemble?

Il nome deriva dal primo pezzo che abbiamo studiato insieme, vale a dire il notissimo trio di Mozart K 498 cosiddetto “Trio dei birilli”, un pezzo che ci ha fatto vincere anche qualche concorso e quindi siamo ad esso particolarmente legati. Cercavamo un nome che non fosse italiano e che fosse più internazionale. E, quindi, scoprendo che il Trio dei birilli K 498 (di Mozart) in tedesco si chiama Trio Kegelstadtt, ci ha conquistato sia il nome sia il legame con il brano.

  • Dunque questo trio è il vostro cavallo di battaglia?

Sì, ha un minutaggio perfetto anche per i concorsi. Abbiamo vinto a Giussano, poi a Magliano Sabina, ma anche il concorso internazionale di Palmanova, il primo concorso che abbiamo fatto: poi abbiamo vinto una borsa di studio come migliori giovani musicisti al Concorso Internazionale Rospigliosi.

  • Rispetto alle vostre origini, quali sono la vostra provenienza geografica e la vostra ascendenza musicale?

Siamo tutti e tre toscani. Io sono di Pisa, i miei colleghi di Viareggio. Musicalmente ci siamo conosciuti dapprima io e il violista, lavorando insieme in orchestra. Poiché siamo diventati amici, abbiamo provato a suonare tra noi, con suo fratello che appunto è pianista, senza essere seguiti da alcun maestro. È andata bene e dunque proseguiamo, pensando di farci seguire per il prossimo futuro. Infatti, in settembre dovremmo andare a studiare con il Trio di Parma.

Per quanto riguarda la nostra formazione, io studio al Conservatorio di Livorno col maestro Carlo Failli. Oggi ho sostenuto un’audizione in Svizzera, poiché l’idea sarebbe di andare a fare un master all’estero. Nella mia formazione specifica molti dei docenti dai quali prendo lezione sono stai allievi del famoso clarinettista ligure Giuseppe Garbarino, quindi a mia volta ho modo di ricevere consigli provenienti dal suo insegnamento, derivanti dalla sua scuola. Indirettamente ricevo da altri docenti i suoi suggerimenti, penso ad esempio a Paolo Beltramini. Tutti suoi ex allievi ora sono validissimi professionisti.

 Niccolò Corsaro studia col violista Fabio Merlini al Conservatorio di Lucca e contemporaneamente con la prima viola del Teatro alla Scala, Daniele Rossi. Il pianista del trio studia con Carlo Palese a Lucca.

  • Avete iniziato un’attività concertistica…

Si, abbiamo suonato, peraltro, per la prestigiosa Iuc (Istituzione Universitaria dei Concerti) di Roma, ‘storica’  associazione di concerti.

  • Riguardo alle difficoltà di intraprendere questa carriera, secondo la sua esperienza, com’è attualmente la situazione in Italia?

In Italia la situazione è complessa. All’estero è totalmente diverso, vi sono molte più possibilità per i giovani. Indubbiamente faticoso. Una preparazione di alto livello richiede uno studio giornaliero: lo strumento ti vuole lì, ad applicarti. E non basta l’atto di suonare in sé; occorre informarsi storicamente sugli stili e sulla prassi esecutiva. Fare musica non riguarda soltanto lo strumento ma richiede un preparazione completa. Nella musica da camera, in particolare, ci si confronta con idee talora differenti e per giungere a una comune intesa spesso la via della storia, la conoscenza dei fenomeni musicali compositivi e stilistici, le partiture storicamente informate, sono utili per raggiungere un’idea comune necessaria tra persone che fanno musica insieme. Da solisti si può portare avanti la propria idea ma quando ci si trova con colleghi, peraltro molto in gamba, che hanno le loro idee, che valgono molto, bisogna raggiungere un punto di incontro. Il processo di elaborazione è molto interessante e coinvolgente.

  • Bene, riuscire a trovare un amalgama è la garanzia per formare un ensemble stabile di successo

Speriamo, poiché non si tratta di un ensemble usuale; di solito, il trio classico si compone di archi con pianoforte. Noi però cerchiamo di valorizzare questa formazione, poiché, comunque, il fatto di avere uno strumento percussivo come il pianoforte, insieme a uno strumento ad arco e a uno strumento a fiato permette di affrontare repertori interessanti. Il nostro pianista, che peraltro si è appena laureato in Composizione con 110, lode e menzione d’onore, quindi è veramente bravissimo, oltre a costituire una base solida per il trio, scrive anche musica per il nostro ensemble molto bella da ascoltare.

  • Che cosa pensa che si dovrebbe fare per agevolare i giovani nella professione di musicisti, ad esempio a livello istituzionale?

Si dovrebbe partire dall’educazione musicale degli ascoltatori, di chi non è musicista. Nei nostri licei si studia storia dell’arte e non storia della musica, eppure si tratta di materie appartenenti alla stessa categoria, quella delle arti. L’Italia è inoltre la culla della cultura e della musica, non solo riguardo ai compositori, e dunque alla produzione musicale, ma anche alla ricezione, quindi ai teatri. L’attività musicale va incrementata, basti pensare che ogni città ha il suo teatro storico e in genere sono luoghi nondimeno molto belli.

Scarseggiano gli enti presso i quali esibirsi e ci sono poche risorse a disposizione per la musica. In Italia abbiamo cartelloni musicali di altissimo livello, con grandissimi professionisti apprezzati in tutto il mondo, che sono di esempio per noi giovani, figure invitate in posti prestigiosi a fare concerti, che so, a Tokio e in altri posti meravigliosi, ma nelle nostre stagioni concertistiche si ritrovano sempre i soliti nomi, naturalmente i più bravi. Se le finanze sono esigue e il livello altissimo, sono sempre gli stessi a suonare.

               Mentre, occorre dire che, per quanto l’Italia non dia molte opportunità lavorative ai musicisti, la loro preparazione è ammirevole. Conosco molti giovani musicisti italiani che ricoprono ruoli di alto spessore all’estero. Ad esempio, tra i clarinettisti conosco ragazzi dal 26 ai 30 anni che sono primi clarinetti nelle maggiori orchestre europee. Mi viene da pensare a Kevin Spagnolo, vincitore del Concorso di Ginevra e primo clarinetto della Swedish Chamber Orchestra, oppure ad Andrea Scaffardi, primo clarinetto dell’Orchestra Sinfonica di Malmö, in Svezia. Sono giovani che avrebbero una gran voglia di venire a suonare in Italia, di ricoprire quel ruolo in teatri italiani; stanno bene, certamente, ma amerebbero anche poter tornare a casa. Tale è spesso l’obiettivo dopo aver fatto l’esperienza all’estero. Obiettivamente hanno un livello altissimo. Non a caso le più grandi orchestre europee li prendono a suonare. Dunque noi giovani siamo preparati e inoltre qui abbiamo abbondanza di luoghi molto belli dove fare musica. Un doppio motivo per cui si dovrebbe lavorare sulla promozione della cultura e garantire finanziamenti ai teatri.

  • Mi augurerei che il suo suggerimento venisse considerato…

Grazie, grazie.

-Torniamo al programma del concerto

L’idea di fondo che abbiamo concordato con l’organizzatore, prof. Ricci, è di presentare a tutto tondo, dal classicismo al tardo romanticismo, le opere principali. Si passa da Mozart, che è classicismo puro, a Beethoven che non si sa mai se considerare più vicino al tardo classicismo o al primo romanticismo

  • È in bilico…

Sì, poiché a seconda delle opere che prendiamo in esame, ad esempio, mi viene in mente per averlo suonato di recente, il Settimino op. 20 è puramente classico, di scrittura e di forma, invece nelle opere per pianoforte, come le sonate, si trovano accordi che vanno ben oltre l’armonia classica.

Infine, terminiamo con Märchenerzählungen op. 132 di Schumann, racconti fiabeschi, come vuole il titolo, contenenti grandissime escursioni espressive e dinamiche. Una raccolta di 4 pezzi, non molto lunghi  (durano dai 3 ai 6 o 7 minuti l’uno), e molto differenti tra loro: la personalità di Schumann era notoriamente abbastanza particolare ed egli la riversa anche nella composizione. Potremmo accostarci tranquillamente una storia, una favola con personaggi d’invenzione. Un’opera veramente molto divertente, ricca di colore, di articolazioni eterogenee, di ritmi marcati, penso al II movimento, mentre il III movimento, che è invece dolcissimo, super-legato e super-piano, induce a ricercare timbri pastosi nell’intreccio tra i tre strumenti. In alcuni punti la bravura sta nel sembrare insieme un unico strumento.

Così saluto Filippo Nuti, che lascia una scia fatta di amore e impegno per il suo lavoro, nonché di cordialità ed entusiasmo davvero contagiosi, in attesa del concerto di domani.

 

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