Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«In quei giorni, dopo quella tribolazione,
il sole si oscurerà,
la luna non darà più la sua luce,
le stelle cadranno dal cielo
e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo.
Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte.
In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.
Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Parola del Signore
COMMENTO: La liturgia di oggi propone temi complessi, intrecciando profezie apocalittiche e riflessioni sulla giustizia divina. Nel Vangelo, Gesù, conversando con Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea, annuncia la distruzione del Tempio di Gerusalemme, simbolo della caducità delle opere umane. La profezia si concretizza nel 70 d.C. con la distruzione del Tempio e la persecuzione dei cristiani sotto Nerone, ma allude anche ai “tempi ultimi”, segnati da eventi cosmici e dalla fine del male.
Parallelamente, il profeta Daniele, nel capitolo 12, parla della giustizia di Dio e della liberazione del suo popolo dopo una grande tribolazione. La figura del “principe Michele” rappresenta un segno di speranza per i Giudei oppressi, mentre l’annuncio della resurrezione finale prefigura il giudizio universale: una ricompensa per i giusti e una condanna per gli empi.
Sebbene il linguaggio apocalittico possa apparire inquietante, il suo messaggio centrale è di speranza: la vittoria definitiva di Dio e della giustizia. Il giudizio finale sancirà il trionfo del bene, senza mutare la sorte già decisa al momento della morte (Paradiso, Inferno o Purgatorio). Il Cristo che incontreremo nel giudizio è lo stesso che, durante la sua vita terrena, ha mostrato amore e misericordia anche davanti alla persecuzione e alla maldicenza.
La figura di Gesù, giudice misericordioso, invita a vivere senza paura del giudizio, ma con consapevolezza e fiducia. La sua presenza risorta è già tra noi, misteriosa ma reale, e ci sprona a costruire oggi una società più giusta e pacifica, vincendo il male con il bene.
In questo tempo presente, siamo chiamati a esercitare fede e speranza, guardando al domani con fiducia. Il giudizio finale non è un motivo di sgomento, ma un’opportunità per raccogliere i frutti di una vita vissuta nel bene. Come affermava San Giovanni Bosco, “Lavorare oggi per non dover arrossire domani”, vivendo con impegno e creatività per costruire una vita migliore, qui e ora, in vista dell’incontro definitivo con il Signore.