Il viterbese Antonio Poli all’Opera di Roma

di VINCENZO CENITI-

VITERBO – Il suo Rodolfo nella Luisa Miller di Giuseppe Verdi diretta da Michele Mariotti vibra ancora nell’aria e conferma il talento del nostro concittadino, Antonio Poli, di cui registriamo un altro successo.

L’opera, tratta da una tragedia di F. Schiller, su libretto di Salvatore Cammarano, è stata allestita nei giorni scorsi in forma di concerto al Costanzi di Roma e trasmessa in streaming su operaroma.tv dal 30 aprile all’8 maggio. Il tenore viterbese (classe 1986, scuola Romualdo Savastano), ultimo di una cordata di “voci” made in Tuscia – Fausto Ricci, Cesare Valletti, Luigi Rumbo, Raffaele De Falchi, Veriano Luchetti e Alfonso Antoniozzi – aggiunge così un altro cammeo al suo ricco palmares peraltro avallato da direttori di rango. Tra i primi Riccardo Muti che lo volle giovanissimo nel Progetto Giovani Cantanti di Salisburgo dove fu il Conte di Almaviva ne “I due figari” di Saverio Mercadante. Poi, sempre con Muti, il personaggio di Ismaele nel Nabucco per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Alfredo nella Traviata romana di qualche anno fa, in stile hollywoodiano (abiti di Valentino) accanto a Francesca Dotto sotto la direzione di Jader Bignamini, lo lanciò definitivamente a livello internazionale.

Quindi il Duca di Mantova nel Rigoletto diretto da Daniel Oren a Salerno e una serie di esibizioni in teatri di varie parti del mondo: Tokio, Toronto, Parma, Piacenza, Venezia, Palermo, Zurigo, Londra e Berlino. A Viterbo lo ricordiamo alcuni anni fa membro di giuria in due edizioni del Premio Fausto Ricci (2014, 2015) e interprete del Requiem di Mozart in Cattedrale diretto da Fabrizio Bastianini (2014). Con Alfonso Antoniozzi ha anche partecipato al Concerto di Natale 2015 sempre nella Cattedrale di Viterbo diretto dallo stesso Bastianini. La Luisa Miller di questi giorni, a causa della pandemia, è stata un’esecuzione forzatamente essenziale che però ha avuto il pregio di puntare sulle voci e l’interpretazione, senza distrazioni scenografiche, sottolineando la maturità cui Verdi andava incontro dopo i fervori giovanili e prima del triplete con Rigoletto, Trovatore e Traviata. L’opera, grazie anche a Michele Mariotti, ci ha fatto intendere un nuovo e più diretto rapporto tra musica ed azione (come in un film) che troverà compimento nei futuri lavori verdiani e non solo. Si sono intraviste più intimità nel volto dei protagonisti coinvolti in un gioco di intrecci rimandi, passioni, intrighi e contrapposizioni tipici della società borghese del XVII sec. E il nostro Antonio Poli ben guidato nelle coloriture vocali e nel fraseggio ha dimostrato i rapidi progressi fatti sulla scena manifestando anche un contatto più vero con le parole del libretto. Convincente nell’accorata melodia di “Quando le sere al placido”. Il tutto unito ad emissioni misurate, mai strillate, a conferma di un’ottima intonazione e una convinta e controllata drammaticità. A suo agio negli insidiosi legati e nelle mezze voci. Credibile nelle ultime battute dello spartito, quando ha dovuto esprimere furore e rimorso per l’errore commesso.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE