di WANDA CHERUBINI-
VITERBO- Una mostra fotografica sul trasporto della Macchina di Santa Rosa, quella che si è inaugurata oggi alle 18 presso la chiesa di Santa Maria della Salute, alla presenza dell’autore, il fotografo, Gianluca Belei, che tra il 2017 e il 2022 ha avuto la possibilità e il privilegio, di vivere e documentare in ogni fase, l’evento numero uno per eccellenza della città di Viterbo, il trasporto della Macchina di Santa Rosa. Belei ha fotografato i facchini, la processione, i parenti che si radunano con loro al bosco dei frati Cappuccini, la vestizione, i momenti di fatica, di speranza, di forza nel portare la Macchina nonostante il peso si faccia sempre più sentire sulle loro spalle. Attimi di vita che il fotografo è riuscito magistralmente a cristallizzare nei suoi scatti. La mostra,” Gloria, la Macchina di Santa Rosa” è composta da 12 pannelli (70×100) con 36 fotografie che saranno esposti nella chiesa di Santa Maria della Salute (davanti alle poste centrali) in Viterbo dal 20 settembre al 1 ottobre 2023, visitabile ad ingresso gratuito, dalle ore 16:00 alle ore 19:00. L’evento è stato promosso dal Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa, dall’associazione ArcheoTuscia, dall’UCSI Viterbo, dall’associazione aps Amici del Beato Domenico della Madre di Dio e dalle testate giornalistiche di Sosta e Ripresa e Tuscia Times. All’inaugurazione di oggi erano presenti Massimo Mecarini presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa, Mario Mancini in rappresentanza dell’associazione Amici del Beato Domenico, Luciano Proietti presidente associazione ArcheoTuscia, la giornalista Wanda Cherubini, direttore di Tuscia Times e presidente UCSI Viterbo, Raffaele Ascenzi, ideatore di “Gloria” e della nuova Macchina di Santa Rosa “Dies Natalis”, don Gianni Carparelli ed il direttore di Sosta e ripresa, Pierluigi Natalia. Anche la sindaca Chiara Frontini ha visitato la mostra poco prima dell’inaugurazione. Presente anche Mariella Zadro, collaboratrice del nostro giornale e socia dell’Ucsi di Viterbo e dell’associazione Amici del Beato Domenico della Madre di Dio, che è stata la maggiore organizzatrice della mostra.
Il filo conduttore dell’incontro di oggi è stata la fede per la santa patrona, come è riuscito del resto abilmente a trasferire in foto Belei. Ascenzi ha ricordato l’incontro avvenuto per la prima volta con don Gianni, che ha voluto conoscerlo: “All’epoca ero da solo, mi ero appena laureato in architettura, quindi, una ventina di anni fa – ricorda Raffaele – Don Gianni mi ha fatto l’onore di comparire nei suoi libri raccontando il mio percorso di crescita professionale, personale e spirituale: da “Ali di Luce” oggi siamo arrivati a “Dies Natalis”, che però chiude un cerchio. E’ un pellegrinaggio che ha rievocazioni. Sto portando un messaggio che parte con una grande enfasi legata anche ai miei anni di gioventù. Ali di luce era la mia tesi di laurea in Architettura. Poi il percorso passa con un’altra macchina che non ha avuto successo, che era Speranza, che anticipava alcuni temi che ho ripreso in Dies Natalis, passando per Gloria”. Riguardo alla mostra Ascenzi ha fatto i complimenti a Belei ed ha detto: “Vedo con piacere che c’è poca Macchina e tanti cuori, la Macchina ha il giusto peso, è un elemento che storicamente cambia. Ciò che resta è lo stupore della gente, dei facchini, di tutte le persone che sono intorno a questa festa”.E poi sulla nuova Macchina ha aggiungo: “Dies natalis vuole andare a vedere cosa facevano i nostri concittadini alla fine del ‘600 quando progettavano Macchine di anno in anno, alzando di volta in volta la struttura fino ad arrivare a 15-16 metri, ma tutte hanno caratteristiche che le contraddistinguono sempre. Sono 80 modelli. Queste Macchine mi hanno stimolato per raccontare la nostra tradizione a chi non sa nulla. Nelle mie macchine c’è il mio percorso di vita: la prima macchina voleva far dialogare le architetture con la città, le superfici erano volutamente argentate per rispecchiare la città, le persone. Non c’erano neanche gli angeli, erano semplicemente accennati. Poi misi la componente più spirituale, la Macchina alla base che racconta Viterbo con il globo diviso in quattro parti con la scritta Favl, una macchina che raccontava la città. Poi sono passato a “Speranza”, c’era anche l’idea di regalare qualcosa alla famiglia che stava nascendo, volevo omaggiare mia moglie con un angelo grande che veniva a raccogliere la Santa poi accompagnata dagli angeli fino all’ascensione. La Macchina non ebbe successo, ma il concetto era buono. Gloria ha raggiunto un buonissimo livello ed ho chiuso il cerchio delle otto macchine legate al Volo d’angeli. Dies Natalis è una Macchina nuova, racconta non solo la storia dei progetti disegnati nel passato, ma soprattutto racconta la storia vera che è il motivo per il quale portiamo la Macchina, raccontando lo stupore che ci fu nel 1258, quando il papa ebbe in sogno Santa Rosa che gli chiese di riesumare il suo corpo e così quattro cardinali lo portarono dalla chiesa della Crocetta, dove era seppellita, al monastero di Santa Rosa. Fu un fatto incredibile per Viterbo. Il 6 marzo del 1251 è il giorno della sua morte e la macchina si chiama Dies natalis perché i viterbesi quel giorno stavano piangendo la scomparsa di una loro cara. Infatti ci sono quattro gruppi di piangenti, ma nello stesso tempo gioiscono per la sua resurrezione. Nella fase intermedia Santa Rosa è accompagnata dagli angeli che la accolgono e la portano verso l’alto. Santa Rosa non è in cima perché la Santa non superava mai la Croce, stava sempre al cospetto di Dio, ecco perché ritorna a stare dentro il campanile”.
Il fotografo Belei ha affermato: “Faccio questo mestiere da oltre vent’anni. Il fotoreporter deve riportare qualcosa che con i suoi occhi e la sua sensibilità cattura e poi trasmette al pubblico. Ho scattato anche molte foto di persone che tentano di toccare la Macchina, affacciandosi dalle finestre e dai balconi delle case”. Ha quindi espresso il desiderio di portare la mostra in giro per le chiese dedicata a Santa Rosa da Viterbo.
E’ stata quindi la volta del presidente del Sodalizio Massimo Mecarini, che ha affermato: ” Gloria è vero che ha similitudini con le Macchine precedenti, ma la simbologia racchiusa in questa struttura è molto forte: abbiamo tradizione, spiritualità, Viterbo, i facchini ancestrali che sono nella Macchina, i nomi dei facchini che non ci sono più insieme alla possibilità fornita quest’anno da Raffaele di mettere anche i nomi dei nostri cari sulla Macchina e poi c’è l’urna che contiene tutte le preghiere. Il 3 settembre facciamo questo cammino fatto di fatica, sofferenza, ma anche di gioia, perchè con lo sforzo fisico che si fa si esprime anche tanta gioia. Siamo tutti facchini quel giorno, anche la gente che sta intorno. Il trasporto senza gente non sarebbe il trasporto. La nota dolente è proprio che noi ci siamo congedati con molta sofferenza da questa Macchina, che ha avuto ben tre passaggi in via Marconi, nel 2016, 2017 e 2022 con grande partecipazione. Ci congediamo da Gloria con un po’ di sofferenza perché poi sappiamo che pur imballata e curata dalla ditta Fiorillo resterà dentro un capannone”. Mecarini quindi lancia un appello per la realizzazione del Museo delle Macchine di Santa Rosa: “Cominciamo a pensare a questo benedetto museo. So che e’ un’opera difficile, ma cominciamo a lavorarci perché nel mondo ci sono esempi di grandi musei. Abbiamo gli spazi, quindi istituzioni, Comune, Provincia, Regione, ministero della Cultura, imprenditori, si mettano insieme perché meritano queste strutture di essere viste, curate. Abbiamo pronte per questo museo Gloria, Fiore del cielo, Ali di luce, Tertio millennio adveniente e Sinfonia d’archi. Quelle che non abbiamo le possiamo rifare”.