La crisi del liberalismo

di FRANCESCO MATTIOLI-

Ha ragione Angelo Panebianco, in un fondo del Correre della Sera, a lamentarsi della crisi del liberalismo. Mezzo mondo sta tramando contro l’Occidente, che del liberalismo è, o dovrebbe essere, l’espressione politica, sociale e culturale, e questo non avviene soltanto in Cina, in Russia o nel mondo musulmano, cioè nei paesi dove dittatura e autocrazia la fanno da padrone, ma anche a casa nostra. Eh già, anche da noi fin troppi strizzano l’occhio a Putin in nome di un pacifismo unilaterale che non sa opporsi alle voglie predatorie del tiranno, mentre altri, privi del senso della storia, in nome del politicamente corretto da novelli Torquemada mettono all’indice opere d’arte e letteratura che sono parte integrante della civiltà occidentale. Vorrei sottolineare che la civiltà occidentale, seppur faticosamente, è l’unica che abbia cercato di perfezionare ideali e valori che esaltano libertà, uguaglianza, giustizia, fratellanza, rispetto per l’individuo, ma anche impegno e partecipazione sociale perché quegli ideali si realizzino nella storia. Certo, il liberalismo ci è arrivato un po’ alla volta, non dalla sera alla mattina della Storia, e quindi tra slanci e contraddizioni, tra rivolte e frenate, tra sogni e opportunismi. E non obiettino taluni che alcuni di tali valori sono stati ampiamente delibati anche in oriente; perché la filosofia orientale ha saputo sì meditare sulla pulizia dell’anima, ma non ha saputo ritradurre in impegno “politico-sociale” i suoi pensieri, restando un esercizio spirituale del tutto autoreferenziale. L’uomo occidentale si è messo in cammino, si è messo in gioco; il buddismo è rimasto appollaiato sotto un albero…
Perché allora la crisi del liberalismo? Perché a ben vedere, l’individuo ha bisogno di totalitarismo. Purché lui si trovi dalla parte di chi comanda e non di chi obbedisce. Pensateci bene: il marxismo ha giustamente lottato per restituire potere alle masse operaie, emarginate e sfruttate per secoli: ma poi ha proposto la “dittatura del proletariato”, la potatura di ogni pensiero creativo e liberale, e si è visto cosa è accaduto nell’Unione Sovietica, in Cina, a Cuba e come persino certe frange comuniste dell’ANPI volessero introdurre tale dittatura in Italia facendo l’occhiolino a campioni della libertà come Tito, Kruscev e Mao. Dalla parte opposta, in nome e per conto di un nazionalismo e di un revanscismo celodurista nacquero un nazismo e un fascismo che nel migliore dei casi mandavano l’avversario al confino tappandogli la bocca e nel peggiore praticavano lo stragismo etnico di massa. E la stessa Chiesa fino a ieri praticava un potere totalitario, per di più in nome di Dio, che si insinuava persino dentro il tuo letto, imponendo una interpretazione evangelica del tutto falsa che paradossalmente appariva quasi satanica, se si pensa alla mortificazione del corpo e dell’ingegno creativo dell’Uomo, che pure dovrebbe essere “tempio di Dio”, al ricorso alla pena di morte per il peccatore, all’ipocrisia di certi sotterfugi di sacrestia. E per fortuna che gli ultimi papi, e segnatamente papa Francesco, hanno iniziato a scoperchiare un pochino alla volta il vaso di Pandora…
Il liberalismo è un lusso che tutti apprezzano, purchè non lo debbano applicare al di fuori di sé stessi. Perché implica coscienza, senso di responsabilità, misura, rispetto. Così la mia libertà dovrebbe sì terminare dove inizia la tua, ma i confini chissà perché mi sento di definirli io, e tu diventi una sorta di piccolo enclave circondato dello sconfinato territorio delle mie libertà… Del resto, non è facile applicare la democrazia; i suoi padri greci la limitavano agli uomini liberi, non certo agli schiavi e men che meno alle donne. E tuttora, pur possedendo una delle più liberali costituzioni del mondo, noi italiani non riusciamo ad applicarla in modo consensuale, a far collimare i diritti con i doveri e trasformiamo la libertà in mera licenza personale. Altrimenti non vedremmo agitati studenti togliere la parola a chi la pensa diversamente da loro, provocatori dei talk show mandare al diavolo i loro interlocutori, governanti e oppositori che si comportano come tali a prescindere dal coltivare se non la verità, almeno una decente approssimazione al vero.
E allora, a questo punto, quale “buona battaglia”- per dirla con Paolo di Tarso – dovremmo combattere?
Intanto, consideriamo che intorno a noi non c’è la notte della conoscenza e dell’etica, dove tutte le vacche sono nere allo stesso modo. Se devo praticare l’uguaglianza tra gli individui e operare in questo senso, come posso tollerare che viva accanto a me, nella stessa società che cerco di migliorare, un afghano che tiene chiusa in casa la moglie e la fa uscire solo se è imbalsamata in una veste che le libera solo gli occhi? O un suprematista che bolla come una bufala complottista la Shoah?
Eppure, in molti casi si risponde: beh, ma occorre rispettare una cultura diversa, anche se mortifica la donna; oppure: occorre dare a tutti libertà di pensiero, anche quello più negazionista. Anzi qualcuno si spinge oltre, e ti chiede: chi ti dice che tu stai praticando la vera verità?
Siamo circondati da spinte contrapposte. Le une che ti invitano al rispetto ovunque e comunque, le altre che vorrebbero imporre una visione unilaterale. Si dirà: beh, dove sta la novità? La novità sta nel fatto che è uno stesso soggetto a dare queste spinte.
Pensate al “politicamente corretto”. Certi liberals sono talmente liberali che in nome del politicamente corretto ti tolgono la parola se difendi Gaza, ma anche se difendi Israele, che ancora distinguono tra chi è stato ammazzato a Marzabotto e chi a Basovizza, che vogliono cancellare dalla storia Cristoforo Colombo e Shakespeare, che vorrebbero abolire la valenza cristiana del Natale a scuola, ma accetterebbero di fare vacanza per il Ramadan, e magari pretenderebbero che la Sirenetta di Andersen sia di pelle scura.
Ma d’altro lato siamo anche circondati di vannacci (neologismo con lettera minuscola) che pensano che una cultura debba avere un dato colore della pelle, che la normalità sociale segua la curva matematica di Gauss, che l’ordine naturale delle cose sia quello che decidono loro e che è il mondo ad “andare al contrario” e non la loro testa…
Tutti vanno rispettati allo stesso modo? Ma il rispetto per gli altri non andrebbe riempito di significati, di scelte e di azioni senza essere dato alla cieca e per principio? La società democratica e liberale non deve tollerare che al suo interno vi sia chi la sfregia. E in nome della fratellanza universale non posso rispettare quell’afghano fallocrate, quel dittatore che conduce una sanguinosa guerra di conquista, quel barbaro che considera una strage di bambini come l’inevitabile effetto collaterale di una giusta rivalsa.
Il mondo di noi umani è strano: se ami la libertà rispetti anche quella del tiranno che ti toglie la libertà? Se innalzi la dignità dell’individuo a fondamento etico dell’umanità, rispetti la cultura degli altri anche quando offende la dignità e la libertà individuale? Insomma, se guardi con indignazione il maschio islamico che marginalizza la donna sei razzista e non rispetti le culture altrui? Se devi praticare il politicamente corretto devi condividerne anche la provocazione massimalista? Devi accettare ciò che accade o devi scuotere la polvere dai tuoi sandali? Devi essere sempre pronto al dialogo, anche a costo di tollerare, e quindi di fatto legittimare, l’ingiustizia, l’ineguaglianza, l’arroganza, l’oltranzismo, o puoi agire in difesa della libertà, dell’uguaglianza e della giustizia?
Di fronte a tanta incertezza, alla fine cominci a dire che c’è libertà e libertà, a fare dei distinguo, ma non sai dove passa il confine tra l’una e l’altra e chi può tracciarlo… e la “buona battaglia” non sai come combatterla.
Benvenuti sulla Terra.

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