“La dolce vita” a Bassano Romano, con Antonello Ricci omaggio a Federico Fellini

di MARINA CIANFARINI –

BASSANO ROMANO ( Viterbo) – Sono passati sessanta anni da quando i luoghi del centro storico di Bassano furono scelti da Federico Fellini per il set de “La dolce vita”, il capolavoro del regista romagnolo girato, in parte, a Bassano di Sutri, tra la piazza, il palazzo Giustiniani Odescalchi e la casina di caccia all’interno del parco.
Uno snodo tra testimonianze ed echi che risuonano nel borgo incastonato tra i laghi di Bracciano e Vico, raccontati dal narratore di comunità Antonello Ricci, questa mattina, nell’ambito di un’iniziativa voluta dall’associazione “Bassano Partecipa”.
Un nutrito gruppo ha partecipato alla passeggiata-racconto dedicata al regista nato 100 anni fa, Federico Fellini. Un centenario soffocato dal Covid. Ma non completamente. Le mascherine hanno velato il viso, ma non il desiderio di partecipazione e coesione complice il tiepido sole d’ottobre.
Partenza della passeggiata da piazza Umberto I (il set dell’arrivo a Bassano di Sutri, ne “La dolce vita”), breve visita al palazzo, poi Maria Giustiniani, per arrivare alla Pujarella (cuore del centro storico) e infine al borgo san Filippo.
Ad affiancare Antonello Ricci lungo il flusso di racconti, l’amico e collega di piazza Alessandro Tozzi che ha donato al pubblico alcune proverbiali “figurine”: brevi icastici omaggi a Ekberg, Mastroianni, Flaiano, Nino Rota nonché al mito di via Veneto. Ampio spazio concesso ai fulminanti aforismi di Flaiano, lucido-disincantato controcanto alle patinature della dolce vita romana anni ’50.

“Dove vai?”
“A Bassano di Sutri, in un castello del mio fidanzato…”
“Perché non mi ci porti?”
“Che paese è questo? Che paese è, scusi?”
“Bassano di Sutri…”

Così Marcello Rubini, protagonista del capolavoro felliniano “La dolce vita”, nel momento in cui giunse nella terra etrusca di Bassano, in un paese di pietra e tradizioni, borgo sinuoso adagiato nel cuore della Tuscia. La scena-capolavoro che restituisce lo stupefacente livello visionario raggiunto dal Fellini regista di sogni-e-invisibile.
“Una simbiosi di strada Cassia e nastri ondulati – racconta Antonello Ricci -, che Marcello Mastroianni percorse sulla linea del grande romanzo popolare. Storia che parte da via Veneto, interamente ricostruita in studio, suggello di una Roma che stava cambiando in una metamorfosi graduale ma che, sul set, doveva restare fedele a quella città straordinaria del “Marchese del Grillo”.
Ed ecco il ritorno all’aria di provincia. Viterbo e i paesi che ne incorniciavano le mura avevano finito per ricordare a Fellini, a un tempo, la perduta Rimini della sua infanzia e giovinezza, ma anche la perduta Roma ove gli era capitato di sbarcare fresco dei suoi vent’anni. Il paese che Pier Paolo Pasolini, in un suo celebre passo, definì “meraviglioso”, perché “la vita era come la si era conosciuta da bambini. Con quelle apparenze dotate del dono dell’eternità”. Il Fellini regista di sogni e dell’invisibile. Il legame reale-trascendente per il paessaggio.
Ad accogliere Mastroianni nella villa Giustiniani-Odescalchi ci sono i grandi busti in facciata che sembrano fare da custodi al palazzo, automi marmorei e magmatici della memoria. Il palazzo e tutta la villa si trasformavano allora in un teatro di posa, luogo perfetto per il film visto il suo fascino decadente.
A ricordare quei momenti, vividi nella memoria, gli uomini e le donne di ieri che fanno dell’oggi il campo degli anedotti e dei ricordi in salvo. Vi è Licia Benedetti e l’appellativo che voci andate attribuivano ad Anita Ekberg, la “Canipaccia” per chi, a pochi respiri dal Palazzo, la vedeva giungere, a riprese terminate.
“Gratiano ‘o barbiere” e la sua bottega di fatiche e memorie, ora luogo a riposo. L’arrivo di Marcello Mastroianni e il rituale della barba al prezzo di 500 lire, in un’aura di poesia che ancora risuona di fianco al palazzo.
Il sipario del passeggiata-racconto scende al borgo San Filippo, teatrale museo a cielo aperto, ove Antonello Ricci pone un punto alle sue parole. Non finale. Il capoverso successivo è in corso di scrittura, il passato ne è l’inchiostro.

Domenica 11 ottobre sarà la compagnia Favl di Viterbo a rappresentare presso la Casa delle culture lo spettacolo teatrale “La città degli acrobati”, che ripercorrerà le atmosfere circensi, proprie del simbolismo felliniano, con riferimento specifico al film “La strada”.
La giornata si concluderà con la presentazione del libro “Una donna rimasta sconosciuta”; il volume, curato da Raimondo Raimondi, sarà oggetto di una discussione su linguaggio e violenza di genere, che a fianco del curatore vedrà la partecipazione di Matteo Franceschini, storico dell’arte.
Un calendario di qualità dedicato a Federico Fellini e al suo rapporto con Bassano Romano e con la Tuscia, reso possibile anche grazie ai patrocini della Fondazione Fellini, dell’Auser Tuscia, della Cooperativa Agatos, della Compagnia Teatro amatoriale Favl.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE