La Fase 2 secondo i grandi chef del Lazio: “Pagheremo cara questa crisi”

ROMA – Imprenditori creativi e abili, perfezionisti spesso guidati dall’ottimismo: i grandi chef sono per un territorio una bandiera, attraggono turisti come fanno i monumenti ed esaltano con il loro talento tradizioni e sapori. In questa emergenza sanitaria sono tra quelli che, in termini economici, hanno pagato e continueranno a pagare il prezzo più caro. Il loro punto di vista sulla crisi, le loro idee per ripartire nella fase 2, sono al centro di una serie di interviste che la Dire ha fatto in vista delle imminenti riaperture.

CHEF COLONNA: “TASK FORCE PENSI ANCHE A NOI”
“Sarebbe utile inserire in una di queste task force che si stanno formando un ristoratore o qualcuno che ne capisce del settore, perché ci sono migliaia di imprenditori e dipendenti che aspettano di sapere cosa devono fare”. E’ quanto suggerisce, parlando con la Dire, lo chef Antonello Colonna, ambasciatore del gusto del Lazio e proprietario di tre ristoranti in Italia.
“Dopo 50 giorni di chiusura- continua Colonna- la domanda che mi faccio da ristoratore è: secondo il governo, cosa possiamo fare e cosa non possiamo fare? Se non ci dicono come dobbiamo comportarci come facciamo a decidere se riaprire o meno? Perchè non è detto che se, come si sente dire, ci sarà l’obbligo di indossare mascherine o se il distanziamento sociale imporrà il dimezzamento dei tavoli nelle sale, gli imprenditori della ristorazione vorranno continuare la loro attività. Avere la metà dei clienti vuol dire dimezzare gli incassi- spiega l’imprenditore che tra l’Open Colonna di Milano, il Bistrot di Roma Termini e il Resort di Labico conta circa 100 dipendenti- ci basteranno a pagare i costi fissi, gli stipendi i fornitori?”.
“La Fipe, Confcommercio o la Regione- continua Colonna- si dovrebbero imporre al Governo perché ci assista. Perché chiudere vorrebbe dire mandare i dipendenti in cassa integrazione, interrompere gli ordini dai fornitori, insomma spezzare un meccanismo che fa girare l’economia. So che molti miei colleghi si stanno organizzando con servizi di delivery ma questa non può essere una soluzione. Come non possiamo credere che ci si metterà a tavola con dei separatori di plexiglass o che visto che la gente sta riscoprendo la cucina a casa il destino dei ristoranti è segnato. Non è che se ho un campetto da calcio nel comprensorio- chiude lo chef con una battuta- non vado più allo stadio a vedere la partita”.
CAFFE’ ACHILLI: “RIAPRIAMO PER LE PERSONE, MA NON CONVIENE”
“Per il primo caffè post-quarantena la gente non vedeva l’ora e quando abbiamo riaperto c’è stata una reazione stupenda. Alle 7.30 del mattino c’era già la fila”. Lo racconta alla Dire Alessio Tagliaferri, titolare del Caffè Achilli di via Settembrini, nel quartiere Prati, che ha riaperto dopo settimane di lockdown lanciando un servizio di caffetteria da asporto e di consegna a domicilio di colazione, pranzo e cena. “E’ quello che possiamo fare in questo momento, più che altro per riprendere contatto con le persone e restituire loro le piccole abitudini di cui avevano nostalgia- spiega Tagliaferri- perchè al momento al livello economico non conviene”.
Sono molti, infatti, i bar che per adesso hanno deciso di non riaprire. “Siamo fortunati perchè io ho una lunga esperienza come cuoco, posso mettermi ai fornelli e so fare il barista- racconta Alessio- ma ci sono tante piccole attività di commercio che per ripartire avrebbero bisogno anche di 5/6 persone tra cuochi, lavapiatti e banchisti. E come si fa a pagare tutto questo personale se oggi fai 300 caffé in due giorni quando prima li facevi in due ore? Senza contare i materiali usa e getta che fanno inevitabilmente lievitare i costi per il gestore”.
Della famiglia Tagliaferri è anche la storica Enoteca al Parlamento Achilli, ristorante con una stella Michelin, che al momento è attivo solo per la vendita dei vini. “Quando ci faranno riaprire- racconta Alessio- non credo che i ristoranti di livello subiranno il colpo più forte perché, oltre ad avere in generale meno coperti, si rivolgono a una clientela che cerca un certo tipo di esperienza e sono sicuro che continuerà a farlo. Certo, noi siamo in Centro Storico e ci rivolgiamo al turista enogastonomico, se rimane tutto fermo si lavorerà un po’ meno. Ma a soffrire veramente saranno quelli che lavorano sui grandi numeri, che hanno molti coperti. E’ chiaro- continua il cuoco e imprenditore- che per ripartire dopo 3 mesi di stop ci sarà bisogno di soldi per pagare stipendi e fornitori. Molti dovranno ricorrere a prestiti e il governo, che ha dovuto imporre le chiusure e ha impedito i licenziamenti, potrebbe pensare a finanziamenti a fondo perduto. Sarebbe anche molto utile bloccare i contributi dei dipendenti fino a dicembre, così si dimezzerebbero i costi sia per chi ne ha 20 che per chi ne ha 2”.
Infine il tema del suolo pubblico. Secondo Tagliaferri “il 35% in più non basta. Se in 10 metri hai 6 tavoli, anche con quella percentuale in più non recuperi lo stesso numero di coperti. Ci vuole- continua il ristoratore- un via libera fatto bene e contenuto, oppure faremo un salto indietro di 20 anni. Sarà un far west dove chi trova spazio lo occupa, perché i ristoratori dovranno compensare il numero di tavoli che perderanno negli spazi interni. A questo punto allora meglio concedere ai ristoranti, dove possibile, di mettere i tavoli nelle aree pedonali o nelle piazzette”.
La fase che si avvicina secondo Tagliaferri sarà “difficile e ce la farà chi mostrerà di avere qualche capacità in più perché non basterà fare un grandissimo piatto o il caffe e cornetto. Si dovrà- conclude- essere bravi a muoversi, ad adattarsi, a tenere sotto controllo i numeri e a gestire le spese”.
I RISTORANTI DI FIUMICINO CHIEDONO A COMUNE SUOLO EXTRA, SCONTI IMU E TARI
Suolo pubblico extra e gratuito per compensare la diminuzione del numero di tavoli, esenzione da Tari e Imu per il trimestre di lockdown, riduzione del 50% della tassa sulla spazzatura per il 2020 e il 2021 perché “saranno dimezzati anche i coperti e quindi i rifiuti prodotti”. Questa la ricetta che un gruppo di ristoratori del litorale romano, capitanata da Gianfranco Pascucci (Pascucci al Porticciolo), Marco Claroni (Osteria dell’Orologio), Benni Gili (La Baia) e Daniele Usai (Il Tino e Quarantunododici), ha inviato oggi al comune di Fiumicino in vista della riapertura del prossimo 18 maggio. Lo racconta alla Dire lo chef stellato Daniele Usai spiegando che la lettera “formalizza le richieste già illustrate all’amministrazione comunale in una riunione della scorsa settimana”.
I quattro grandi nomi della ristorazione, che di recente hanno fondato l’associazione ‘Periferia Iodata’ per “unire i ristoranti che promuovono il territorio in termini di qualità, microproduzioni e che lavorano materia prima locale”, si sono seduti al tavolo col sindaco Esterino Montino “trovando-racconta Usai- grande disponibilità. Perchè- continua lo chef- il primo cittadino sa che la ristorazione è una grossa parte del pil di Fiumicino e che sarebbe un errore non sostenerla. Nel territorio ci saranno circa 500 ristoranti e aziende che somministrano- spiega Usai- un numero che da l’idea di quante persone ci lavorano o vi sono collegate tra personale, fornitori e produttori di materie prime”.
Non è un mistero ormai che le regole di distanziamento sociale dettate dall’emergenza sanitaria produrranno una riduzione delle entrate, in certi casi anche drastica, per queste attività. “Noi al Tino abbiamo 8 tavoli in 100 metri quadri e al Quarantunododici 120 coperti dove ne entrerebbero 400- spiega Usai- quello dello spazio è un problema che non avremo. Sono preoccupato più che altro per i colleghi che lavorano in centro. La mia speranza- conclude- è che la situazione migliorerà permettendo in tempi brevi di allentare queste regole. Ora c’è da stringere i denti e tenere botta”.
CHEF DI GIACINTO: “TSUNAMI ECONOMICO ANCHE PER GOURMET”
“Chi pensa che il comparto dei ristoranti gourmet non risentirà particolarmente della crisi è beato. E’ vero che in questi locali i tavoli sono distanziati ma il problema sarà che col turismo fermo e i romani che perderanno il lavoro o andranno in cassa integrazione, i tantissimi ristoranti della città dovranno spartirsi una torta molto piccola”. A parlare è lo chef Riccardo Di Giacinto, proprietario di tre ristoranti e di un hotel 5 stelle nel Centro Storico della Capitale. Celebrato nel mondo per le sue invenzioni culinarie, come il ‘Rocher di coda alla vaccinara’ o il ‘Riassunto di Carbonara’, Di Giacinto ha la sua roccaforte a pochi passi da Piazza del Popolo: il ristorante All’Oro, faro del turismo gastronomico riconosciuto con una stella Michelin. E da tre anni ha aperto due locali al sesto e settimo piano della Rinascente di via del Tritone.
“L’ottimismo mi ha sempre contraddistinto- racconta il cuoco e imprenditore- ma credo che i prossimi due anni saranno veramente critici, ci sarà uno tsunami economico devastante”.
E’ difficile però fare previsioni per il settore della ristorazione.
Anche se chi lavora nel settore sa già che dovrà ricorrere a prestiti per andare avanti. “Si parla di prestiti a 6 anni- commenta Di Giacinto- secondo me è una follia. E’ vero che il preammortamento è in due anni ma noi sicuramente metteremo i soldi dentro le aziende, sia quelli dei prestiti che quelli personali. Un prestito- osserva lo chef- deve essere dato a 15 anni se si vuol veramente dare un aiuto a un’azienda. Poi si dovrebbe sicuramente defiscalizzare e snellire la burocrazia. Altrimenti tra 2 o 3 anni, secondo me, il 30/40 % delle aziende rimarrà a terra”.
Per l’hotel la preoccupazione è ancora maggiore: “Noi possiamo anche riaprire ma finché non riaprono le Regioni, non si riattivano i trasporti, è impensabile che verrà qualcuno. Quanti verrebbero dalla provincia di Roma a fare un weekend nell’hotel 5 stelle?”. Secondo il rinomato chef, misure come l’aumento di concessione di suolo pubblico sono ciò che serve. Perché per ripartire “la ricetta è semplicissima: lasciar lavorare. Lo spirito- conclude lo stellato- deve essere fare quadrato, lavorare a testa bassa e aiutarci”.
CHEF TROIANI (CONVIVIO): “SENZA AIUTI RISTORANTI MUOIONO”
Dal 18 maggio sarà via libera ai ristoranti che potranno riaprire nel rispetto delle nuove regole di igiene e distanziamento. “Ma senza nessun aiuto da parte dello Stato ci mandano a morire” commenta Angelo Troiani, lo chef alla guida del celebre ‘Convivio’, al Centro Storico di Roma. Secondo
il cuoco stellato “lo Stato deve aiutare le imprese a pagare i
dipendenti altrimenti ci troveremo con un numero impressionante
di disoccupati. Oggi – si domanda Troiani- non è meglio aiutare le
aziende a pagare i dipendenti? Così non si licenzia, si fa
aggiornamento e si investe su nuove regole e su nuovi mercati”.
Tra i primi a organizzare a Roma un delivery gourmet, Troiani
sostiene che “le aziende devono essere pronte a rispondere a
nuove esigenze. Noi per collegarci subito alla realtà attuale,
dopo otto giorni dalla chiusura siamo usciti sul mercato con un
menù a domicilio di 15/20 piatti a disposizione ogni giorno”.
L’approdo a questo nuovo mercato non è stato affatto banale, ha
richiesto una fase di sperimentazione in cucina, lo sviluppo del
packaging, la stipula di accordi con società di consegna.
“Ti portiamo un prodotto- spiega lo chef- che grazie a
tecniche di preparazione e conservazione può essere ‘rigenerato’
(come le seppie e piselli in vasocottura che vanno in forno a 100
gradi centigradi per otto minuti) o cotto (come le lasagne che
devono essere messe in forno per 15 minuti a 200 gradi). Questa
formula- aggiunge Troiani- richiede regole di consegna diverse,
cioè non si prepara un cibo per consegnarlo caldo il prima
possibile, ma si consegna freddo dando alla possibilità a chi lo
acquista di consumarlo quando vuole, entro la scadenza”.
(Del resto la consegna a domicilio anche dalla
ristorazione di livello, secondo lo chef, è un’eredità che questa
crisi lascerà nella nostra cultura. Ma non risolve i problemi che
il settore si prepara ad affrontare. “Senza aiuti molte aziende
non sopravviveranno- considera Troiani tornando a parlare delle
riaperture- soprattutto quelle che hanno cominciato da poco e
fatto investimenti che devono ancora pagare. Ma come andranno le
cose con le nuove regole è difficile prevederlo, ogni previsione
è azzardata. Immagino che a soffrire sarà chi magari aveva 80
coperti e ne potrà mettere 15. Questi probabilmente dovranno
alzare i prezzi. Mentre per i ristoranti come il Convivio il
sacrificio dal punto di vista dello spazio non è un dramma così
grande. Il problema per noi è piuttosto il turismo fermo, dal
momento che attiriamo una clientela internazionale. Comunque-
conclude- aspettiamo e vediamo quali saranno le regole di
ingaggio”.

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