La fontana di Piazza delle Erbe

di ROSANNA DE MARCHI-

VITERBO- Parliamo della fontana di Piazza delle Erbe. La sua storia è molto interessante e lunga, ma cercheremo di raccontarla più brevemente possibile.
E’una fontana a fuso, per alcuni studiosi, esisteva su questa piazza fin dal 1335, Pinzi invece cita l’anno 1446, allorquando fu fatto un selciato intorno alla fontana.
Il 17 giugno 1462 il cronista Niccolò della Tuccia, ricorda la Festa del Corpo di Cristo, Corpus Domini, per la quale era venuto nella nostra città papa Pio II ed in suo onore, tra le altre cose, fu ornata la fontana con «dodici archetti, tutta coperta di panni dipinti […]. Gionto [il Papa] alla fontana di santo Stefano, trovò in piazza, intorno detta fonte dodici omini vestiti d’erba a modo di omini selvatici, e come leoni e orsi; nel qual luogo fu fatta gran festa».
Il papa due anni dopo concesse 546 ducati per ampliare ed ornare la piazza.
A tanto fasto successe la decadenza della fonte; infatti, il 28 ottobre 1493, questa apparve a papa Alessandro VI, in mezzo ad una moltitudine di baracche costruite da straccioni senza fissa dimora.
Subito, il vicario di Cristo, provvide ad eliminare simile indecenza per dar modo alla fonte a fuso, che nel 1494 fu restaurata, e alla piazza di svolgere le funzioni per le quali in origine erano state costruite.
Malgrado la buona volontà del pontefice, la fontana fu efficiente solo per poco più di un secolo, infatti, con l’inizio del secolo XVII, era ridotta in uno stato deplorevole. Così, il 3 dicembre 1621, il Comune decise di ripararla, almeno in parte, escludendo la vasca grande.
Artefici furono gli scalpellini mastro Antonio di Michelangelo da Cortona, dimorante a Viterbo, e i viterbesi Desiderio e Antonio Pieruzzi.
Il disegno fu opera del pittore viterbese Filippo Caparozzi (1588 ? – 1644), allievo del Cavalier d’Arpino e del Guercino.
Con il rifacimento della fonte, che doveva terminare nell’aprile del 1622 dietro compenso di sessanta scudi, si venne a perdere l’originale fattura medievale, sostituita dallo stile barocco caratteristico di quest’epoca. Però solo il 5 giugno del 1625 si decise di rifare anche la vasca grande ancora per mano dello scalpellino Antonio Pieruzzi.
Questa doveva essere larga sedici palmi e alta quattro palmi tra vasca e scalino che la circonda; fu pattuito un compenso di quaranta scudi. Consegna dell’opera a fine luglio.
Lo scalpellino si obbligò inoltre di fare all’esterno della vasca quattro stemmi, ossia: quello del vice delegato Girolamo Grimaldi, quello del Comune con la sola scritta S.P.Q.V. e altri due secondo gli ordini che lo scalpellino avrebbe ricevuto in seguito.
Però questi ordini non pervennero al Pieruzzi, il quale vi scolpì in loro luogo due mascheroni, essendo ormai vicino la fine di luglio, tempo massimo per il compimento del suo lavoro.
Il pietrame che formava l’antica vasca grande fu chiesto il 27 luglio 1625 dai frati di san Francesco della Rocca, che lo usarono per fare il pavimento del refettorio.
Duecento anni dopo, gli scalpellini Domenico Covati e fratello, collocarono due cannelle alla fontana e il 3 luglio 1826 riscossero il compenso per aver messo una cannella e quattro grappe di ferro alla pila.
Giuseppe Marocco nella sua opera sui Monumenti dello Stato pontificio del 1837 scrive: «La fontana chiamata dell’erbe situata quasi nel centro della città sulla piazza, detta dell’erba, perché ivi sono le ortaglie vendibili, resta isolata, e dal suo fusto nel centro del bacino sporgono fuori quattro mensole su cui stanno quattro leoni di peperino, che poggiano una zampa su globi quadripartiti, simbolo, che forma la parte più necessaria dello stemma Viterbese.
Le acque cadono ben disposte in vaga conca, e fu disegno del Vignola».
Ma i Leoni, essendo stati eseguiti in peperino, avevano subìto notevoli danni sia dagli agenti atmosferici, che dall’acqua lasciata cadere dalla stessa fonte. Si dovette cercare uno scultore di prestigio e così l’appaltatore decise di recarsi a Firenze per assoldare un allievo dello scultore viterbese Pio Fedi (1815 – 1892).
Ma quest’ultimo venutolo a sapere manifestò spontaneamente la volontà di scolpire di sua mano quei leoni, realizzandoli però su marmo, più bello e resistente, facendone dono alla sua città.
Pio Fedi si recò a Viterbo dove era stato assente fin dall’infanzia e fu accolto con entusiasmo e ammirazione, poiché egli, con la sua nobile arte, aveva portato alto il nome di Viterbo.
Dello scultore, infatti, è da ricordare il gruppo marmoreo Ratto di Polissena (1866) collocato nella Loggia dei Lanzi in Firenze. Il Consiglio allora decise che l’opera del Fedi doveva essere messa in maggior risalto e approvò altri restauri e la fattura del quarto leone.
In seguito, nel 1872, fu dedicata a Vittorio Emanuele, dal 1876 qualcuno la chiamò popolarmente Fontana dei leoni, dal dopoguerra è ritornato il vecchio popolare nome delle Erbe. Si sale alla fontana per due gradini che la circondano, il primo ad ottagono ed il secondo come il perimetro della vasca a mistilinea.
Un incasso anche esso ottagonale sta all’intorno per raccogliere il ricasco dell’acqua. Sulla vasca si possono ammirare gli stemmi già descritti. Sotto le mensole sostenenti i leoni, guardano lo specchio d’acqua altri stemmi, quello del cardinale Odoardo Farnese, allora legato del Patrimonio e quello del Comune. Magnifici i quattro marmorei leoni, i quali con fare superbo seggono sulle mensole alternati da quattro piccole coppe baccellate.
I felini tengono con la zampa anteriore un globo ciascuno con inciso il motto FAVL. Infatti insieme formano il simbolo di Viterbo, e FAVL ricorda che la città ebbe origine leggendaria dall’unione di quattro castelli Fanum, Arbanum, Vetulonia e Longola.
Fanum doveva comprendere il Quartiere di san Faustino e la Contrada del Cunicchio. Arbanum doveva comprendere il Colle del Duomo.
Vetulonia era da ricercare nella Parrocchia di san Sisto e Longola invece a Pianoscarano.
Sotto la zampa anteriore sinistra del leone, posto verso Via della Rimessa, si può leggere sul bordo della mensola, anche se assai corroso, Pio Fedi Viter[bese fece].
*(ringrazio Mauro Galeotti per alcune interessanti notizie)
Rosanna De Marchi

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