di ANNA MARIA STEFANINI –
VITERBO – Anche la Questura di Viterbo partecipa con impegno al difficile percorso di civiltà contro il femminicidio; la lunga scia di sangue che vede centinaia di donne vittime della violenza maschile. In pratica un “terrorismo interno” non meno selvaggio e sanguinoso di quello politico o religioso; persino più insidioso, perché incubato al chiuso degli ordinari ambienti domestici.
Non tutte le stratificazioni della violenza di genere finiscono sui giornali: quotidianamente centinaia di donne sono vittime di botte, pestaggi, soprusi, minacce e umiliazioni.
La violenza di genere è una piaga sociale che colpisce donne e uomini in misura diversa, ma che ha un impatto predominante sulle donne. Essa si manifesta in varie forme, includendo violenza fisica, psicologica, economica e sessuale. Questo fenomeno non è soltanto una questione privata, ma un problema sistemico che richiede un approccio globale e coordinato da parte delle istituzioni, della società civile e delle forze dell’ordine. In Italia e in molti altri paesi, la polizia gioca un ruolo cruciale nel prevenire e affrontare questo grave problema.
In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre, il 23 e 24 novembre, la Questura di Viterbo ha mostrato ancora una volta il proprio impegno nell’ambito della campagna permanente “Questo non è amore”, promossa dalla Polizia di Stato per prevenire e contrastare la violenza di genere.
Per sensibilizzare la cittadinanza e offrire supporto alle vittime, la Polizia di Stato è stata presente con un camper antiviolenza, posizionato in Piazza dei Caduti e con uno stand informativo presso il Centro Commerciale Tuscia. L’obiettivo dell’iniziativa è fornire informazioni utili e concrete sul fenomeno della violenza di genere, grazie anche alla distribuzione di opuscoli, volantini e brochure alla cittadinanza.
Le postazioni mobili sono state presidiate da un’equipe multidisciplinare composta da personale della Polizia di Stato specializzato nei reati contro la persona e nella lotta alla violenza di genere.
“La Polizia è vicino a te, non sei sola” è lo slogan dell’iniziativa, volta a trasmettere un messaggio di vicinanza e supporto alle vittime di violenza e ad incoraggiarle a rivolgersi senza timore agli uffici di Polizia per ottenere consulenza e supporto, anche attivando una rete di servizi territoriali in grado di offrire assistenza legale, psicologica ed economica.
Secondo i dati forniti da diverse organizzazioni e istituzioni, la violenza di genere ha registrato un aumento preoccupante negli ultimi anni. Le statistiche rivelano che molte donne subiscono violenze domestiche, spesso da parte di partner o ex partner, con conseguenze devastanti per la loro salute fisica e mentale. Inoltre, la violenza è spesso accompagnata da un contesto di isolamento sociale, che rende difficile la denuncia e la ricerca di aiuto.
La Polizia di Stato ha un’importante responsabilità nel contrastare la violenza di genere. L’ impegno si articola in diverse azioni:
1. Prevenzione. Le forze dell’ordine sono coinvolte in campagne di sensibilizzazione per educare la popolazione sulla violenza di genere. Attraverso incontri nelle scuole, workshop e collaborazioni con associazioni locali, la polizia cerca di diffondere la consapevolezza e di promuovere il rispetto delle differenze di genere.
2. Formazione. Gli agenti di polizia ricevono formazione specifica per riconoscere e trattare i casi di violenza di genere. Questa formazione è fondamentale per garantire che le vittime siano trattate con empatia e professionalità, riducendo il timore di non essere credute o di essere giudicate.
3. Accoglienza delle Denunce. La polizia ha il compito di garantire un’accoglienza adeguata alle vittime. È essenziale che le denunce siano prese seriamente. Negli ultimi anni, sono stati istituiti sportelli dedicati alle vittime di violenza di genere, dove possono ricevere supporto e informazioni sui percorsi di protezione legali e sociali.
4. Collaborazione Interistituzionale. La polizia collabora con altre istituzioni, come i servizi sociali e i centri antiviolenza, per creare una rete di supporto per le vittime. Questa rete è fondamentale per offrire assistenza non solo legale, ma anche psicologica e sociale.
5. Interventi Sul Territorio. La polizia effettua controlli mirati e pattuglie in aree a rischio, aumentando la presenza sul territorio e garantendo un maggior senso di sicurezza per le potenziali vittime. Interventi tempestivi possono fare la differenza in situazioni di emergenza.
6. Sanzioni e Giustizia. Essenziale è anche il lavoro di indagine per assicurare alla giustizia gli aggressori. La polizia deve raccogliere prove, ascoltare testimonianze e lavorare in sinergia con l’autorità giudiziaria per perseguire penalmente i responsabili di violenza di genere.
La violenza di genere rappresenta una sfida complessa che richiede dunque un impegno coordinato da parte dell’intera società. La polizia, attraverso diverse strategie e un approccio umano e professionale, gioca un ruolo fondamentale nel combattere e prevenire questo fenomeno. È cruciale continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica, formare adeguatamente gli operatori e garantire risorse sufficienti per le vittime. Solo con un impegno collettivo possiamo sperare di sradicare la violenza di genere e costruire una società più giusta e sicura per tutti.
Durante l’iniziativa viterbese, la Questura di Viterbo ha spiegato come la normativa italiana preveda diverse misure di protezione per le vittime. Tra queste:
• Ammonimento del Questore: su richiesta della vittima, il Questore può intervenire contro chi esercita atti persecutori o maltrattamenti in ambito domestico.
• Allontanamento del maltrattante: su denuncia della vittima, l’Autorità Giudiziaria può disporre l’allontanamento dalla casa familiare o applicare misure restrittive nei confronti del responsabile.
L’iniziativa ha voluto ribadire che nessuno è solo e che ogni donna vittima di violenza può contare su una rete di supporto pronta ad aiutarla a uscire da situazioni difficili. La Questura di Viterbo ha lanciato un appello a tutte le donne: “Il problema si risolve, basta che tu lo voglia! La tua tutela è un nostro dovere.”
Questa iniziativa dimostra l’impegno concreto della Polizia di Stato nella lotta alla violenza contro le donne, rafforzando la fiducia tra istituzioni e cittadini.
Per approfondire il tema, dal punto di vista della neuroscienze, sappiamo che la violenza è controllata dal cervello; malgrado centinaia di migliaia di anni di evoluzione nel nostro cervello resistono strutture antiche, come l’amigdala, che il neuro-scienziato americano Paul D. MacLean ha definito “cervello rettiliano”; più o meno il piccolo cervello del dinosauro. E’ esattamente da qui che hanno origine e si scatenano gli attacchi violenti. Fortunatamente l’evoluzione ci ha regalato anche una grande risorsa: la “corteccia cerebrale”, una super-struttura di circa 16 miliardi di neuroni altamente connessi; quella che chiamiamo “materia grigia”. L’arte, la scienza, la filosofia, il pensiero razionale etc., ossia tutto ciò che ci rende umani, abitano lì. Una struttura che può arrivare a “porre il veto” alle pulsioni violente.
La narrazione biblica della donna che viene a schiacciare la testa del serpente; un’immagine di straordinaria icasticità; che trova riscontri anche nelle neuroscienze.
Sfortunatamente i circuiti neurali che dalla genesi rettiliana conducono ai centri motori attuatori degli attacchi violenti, in alcuni casi, possono bypassare la zona corticale; in questi casi il passaggio dall’ira all’attacco violento è immediato e incontrollato; per questo lo chiamano “raptus”.
La donna vuole sottrarsi al rigido controllo del compagno? Il maschio percepisce tutto questo come una minaccia mortale al suo potere di controllo e il suo cervello rettiliano ordina la reazione di attacco; se la corteccia cerebrale viene bypassata il maschio si risveglierà dal raptus con ancora il coltello in mano e la compagna a terra in una pozza di sangue. A quel punto la corteccia cerebrale riprende il controllo della scena e il maschio-assassino non può che rendersi conto di quello che ha fatto: cercherà allora di inventare una messinscena, o andrà dalla Polizia o dai Carabinieri o ritornerà alla fase del rettile, uccidendosi.
La cruda spiegazione neuro-scientifica racconta che il femminicidio è dunque inevitabile? Non esattamente: sentite cosa dice l’importante psicologo americano Daniel Goleman (1946), l’autore di “Intelligenza emotiva”: “il temperamento non è destino…i circuiti cerebrali interessati sono straordinariamente plastici; gli insegnamenti emozionali che apprendiamo da bambini a casa e a scuola plasmano i nostri circuiti emozionali, rendendoci più o meno abili nella gestione degli elementi fondamentali dell’intelligenza emotiva…”.
Vogliamo costruire seriamente un percorso anti-violenza? Vanno benissimo le manifestazioni pubbliche ma se non investiamo sulla famiglia e sulla scuola possiamo già darci appuntamento al nuovo femminicidio e ai nuovi articoli sul femminicidio. Fortunatamente l’uomo è educabile e l’educazione può completare la volontà della donna biblica; non sprechiamo questa risorsa. Viterbo ha già iniziato proponendo la “didattica emotiva”.