La “prima” casa rifugio della Provincia

VETRALLA ( Viterbo) – Riceviamo dall’associazione Erinna e pubblichiamo: “Passato questo 25 novembre, tra indignazione, rabbia, rivendicazioni e promozione istituzionale, ci prendiamo il tempo per mettere al giusto posto alcune affermazioni dell’assessore Sberna, del comune di Viterbo.

In primo luogo non vogliamo credere che l’assessore sia in malafede, piuttosto ci lascia allibite come gli amministrazioni locali non abbiano sufficiente conoscenza del territorio, e memoria della storia del loro territorio.

 È pur vero che nel 2013 l’assessore poteva essere giovane o non interessata, quindi è d’obbligo ricordare che proprio in quell’anno fu inaugurata da Erinna la casa rifugio “Tana libera tutte”, nella provincia di Viterbo, alla presenza di: Questura, di Polizia di Stato,  Arma dei Carabinieri, Avvocati, rappresentanti dell’allora Consiglio Comunale di Viterbo, rappresentati della società civile.

A questo punto, ci permettiamo di fare qualche precisazione: conosciamo le tre organizzazioni che gestiscono il centro antiviolenza istituzionale e non ci pare abbiano un’esperienza ventennale nella gestione di un centro e di una casa rifugio, salvo far passare per anni di esperienza anche quegli anni in cui le associazioni o le cooperative, iscritte agli albi della regione, abbiano operato in altri campi. A nostra conoscenza, una di loro ha un’esperienza di 2/3 anni di gestione di sportello/centro antiviolenza, una di esse non ha alcuna esperienza, una è attiva in gestione di un centro antiviolenza dal 2009 e di una casa rifugio dal 2010.

Inoltre l’assessore vanta di essere stata nei tempi per l’apertura della casa rifugio! Dobbiamo rammentare che i tempi sono scaduti nel gennaio 2018, che nel settembre 2018 l’assessore in questione e la sua amministrazione sono stati intimati dalla regione Lazio a risolvere la situazione che costrinse Erinna a ritirarsi dal partenariato – partenariato che dopo otto mesi non era ancora stato ufficializzato, e senza l’atto ufficiale (ATS) non si è potuto dare avvio ai progetti (pgg 12 e 32 Bando R.L. 22/11/2016) -. Erinna mai ha sentito la voce dell’assessore in questione, nonostante il sollecito regionale, né ha percepito l’interesse a risolvere, sia da parte sua sia da parte della sua amministrazione.

Dato che i progetti Fenice e Penelope sono stati scritti da Erinna (marzo 2017) – chi li ha avuti in dono non ha neanche tentato lo sforzo di immaginare un nome diverso per i luoghi che si trova a gestire – sappiamo che la formazione prevista nel bando era quella continua (pgg 14 e 16 Bando R.L. 22/11/2016, peraltro non contemplata nel piano finanziario), una formazione usuale e garantita nei centri antiviolenza femministi. Erinna nella stesura dei progetti si era cautelata prevedendo la formazione nell’eventualità di dover sostituire delle defezioni con operatrici nuove, poiché passa del tempo tra la formulazione del progetto e l’uscita della graduatoria e la situazione originaria può mutare, un carico di lavoro in più per Erinna, poiché non si poteva preventivare tale costo. Chi gestisce ora il centro istituzionale non era in questa condizione. Se l’assessore vanta dei suoi partner un’esperienza ventennale, perché mai si è dovuto attendere la formazione delle “operatrici” per aprire la casa rifugio? (richiesta di personale formato pg 13 Bando R.L. 22/11/2016)

L’assessore porta la formazione come giustificazione dell’inconcepibile ritardo per l’apertura della casa rifugio: “stiamo ultimando tutte le procedure come previsto dal progetto …che chiedeva una fase di formazione con la successiva apertura della casa rifugio. Siamo nel pieno rispetto dei tempi.”

In ogni caso dal febbraio 2020 (assegnazione dei finanziamenti al team delle tre organizzazioni)ad oggi, se le operatrici, con esperienza ventennale, avessero avuto bisogno di formazione, avrebbero potuto attrezzarsi ed evitare di far passare altri 8/9 mesi, aggiunti al precedente ritardo di 12 mesi  (feb 2020 – mar 2021) che già si sommavano al ritardo di 24 mesi (feb 2018 – feb 2020). Potremmo giocare al lotto questi numeri, l’unica cosa da fare di fronte alla mancanza di pudore di certi amministratori, pur di apparire più efficienti, competenti e interessati di quel che si è.

Erinna è indignata di fronte a un continuo gratuito disconoscimento, alla svalorizzazione di un lavoro ventennale – questo sì – che ci fa pensare di aver sbagliato ad esserci messe da parte per evitare di destabilizzare le donne in cerca di sostegno; dovevamo andare alla Corte dei Conti, dovevamo pretendere un risarcimento per averci fatto sperperare le nostre riserve in attesa dell’attuazione delle procedure istituzionali, che non avvenivano in barba ai vincoli del bando, dovevamo insorgere per garantire alle donne la competenza, lo stile di Erinna e insistere per passare questa esperienza ad altre”.

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