La ricerca della verità

L’uomo tende sempre a recepire gli stimoli della realtà esterna per poi rielaborarli, connettendoli così ai suoi sentimenti più profondi; ne deriva allora la costruzione della propria identità. Egli va cioè in cerca di “caratteri costanti” che gli possano fornire la chiave di interpretazione di un mondo che diventa sempre più complesso allo scopo di ritrovarsi in esso, nella speranza quindi che il suo io non sia sopraffatto dall’alienazione. Nel compiere questa complessa operazione l’uomo veste i panni dell’intellettuale che si chiede sempre se pensiero e realtà coincidono. Ma facendo in questo modo egli riesce a trovare la verità? Ovvero la realtà contingente gli serve per raccogliere le prove del suo intervento nel mondo reale allo scopo di affermare la propria realizzazione in esso oppure egli tenta in ogni modo di allontanarsi sempre di più da un mondo che lo rende prigioniero impedendogli così di progredire? Voglio dire l’uomo si sente a proprio agio in un presente che lo obbliga sempre a relazionarsi agli altri oppure cerca di capire dentro di sé se le ragioni della realtà lo rendono quello che è? A mio avviso questo domanda non ha risposta poiché l’uomo non può esistere senza un determinato contesto sociale e storico altrimenti non conoscerebbe se stesso e nemmeno potrebbe comunicare con gli altri; egli però va sempre interrogandosi sul significato dell’esistenza per trovare la verità, allora come la trova? A mio avviso quando l’uomo costruisce un’ideologia o fa una scoperta oppure una legge pensa di aver trovato la verità, ma in realtà si tratta solamente del riflesso del proprio io poiché ciò che ne deriva è la ricerca di una nuova verità che possa porre le distanze tra il suo io e il nuovo obiettivo da raggiungere. E in questo modo l’uomo procede all’infinito moltiplicando la propria angoscia in un mondo che non gli concede tregua e sembra ricacciarlo da esso come se egli ritornasse indietro nel tempo al punto di partenza. In questo modo l’uomo è sicuro di procedere per la via giusta? Direi che è prigioniero del tempo ovvero della solitudine che lo mette in contatto con i suoi sentimenti più profondi lasciandogli così prefigurare il disordine ovvero l’immane catastrofe del genere umano. Attraverso questo suo pessimismo radicale egli però scopre la “luce” ovvero la capacità di relazionarsi con gli altri in modo da condividere con essi sentimenti e passioni: nasce l’amore per la vita. In conclusione l’uomo che vuole trovare la verità non può prescindere dal prossimo e se la verità coincide con esso?

Biagio Lauritano

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