VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: “Per noi è la Santa protettrice di Viterbo. Chiudo gli occhi illuminati dalla bellezza della festa e vado a scavare nei meandri della fede. Una storia secolare, come ha anche ben ricordato don Mario Brizi recentemente. Una storia che narra però un cammino di fede. Non siamo disincarnati per cui la fede prende “carne” in tante forme che diventano tradizioni e feste e gioia popolare, mettendo in luce “quel” desiderio dello spirito. Le recenti chiarificazioni, molto chiare e rispettose, pervenute dalla Curia di Viterbo a nome del vicario don Fabbri, servono a permettere una organizzazione più efficiente e sicura, separando campi che pur camminando insieme, servono ambiti diversi con regole diverse. Allo stesso tempo però ci permettono di entrare nel vivo delle tradizioni religiose affinché non annacquino troppo, affascinati dalle luci che attirano gli occhi, i desideri dell’anima. Questo è un campo dove la gente, le organizzazioni, i sodalizi, i responsabili civili e religiosi del bene comune, che è anche spirituale e non solo logistico, potremmo forse migliorare. Tutti possiamo fare qualcosa. Parlando di questo, don Luca Scuderi mi citava una osservazione di Suor Francesca Pizzaia delle Alcantarine, e custode insieme ad altre suore, del monastero che da tempo ha ripreso vita ad alto livello. Diceva: dobbiamo non solo ammirare Santa Rosa, festeggiarla in tutti i modi, ma dobbiamo anche imitarla. La vera devozione è quella che ci conduce a imitare gli esempi di vita dei santi che diciamo di venerare. E su questo le leggi e i documenti non possono fare più di tanto. Perché il cammino è interiore e che poi esonda in una vita sociale più vicina agli insegnamenti del Vangelo. Si potrebbe fare qualcosa di più per rispolverare i cammini dello spirito affinché diventino lievito, luce, sale… di una vita sociale più corretta? Più onesta? Più attenta al disagio? Più accogliente? Più rispettosa della natura, tutta? Perché non vedere in quel “grembiule” di Rosetta le rose della carità distribuita a chi ne ha bisogno? Questa Carità è la vera macchina che porta ancora Rosa per le nostre strade. Non altre. E noi tutti siamo i portatori di questa macchina di vita cristiana. E’ il “di più” che sempre accompagna il quotidiano della fede, se vissuta e non solo parlata. E’ il cammino della fede incarnata nella storia, che non si celebra una volta l’anno. La devozione diventa allora espressione di una storia di fede in Gesù e che i Santi cercano di imitare invitando i devoti a seguirli. Proporrei su questo di avere una “opinion committee” con i rappresentanti di ogni categoria interessata, compresi i giovani che si cimentano nel portare avanti e in maniera più che egregia, la tradizione della macchina. Un comitato il cui compito non sia dire alle istituzioni cosa fare perché quello che fanno lo fanno bene. Un comitato che esplori cammini di formazione per tutti: cosa Santa Rosa farebbe oggi? Come distribuirebbe le rose dell’aiuto a chi ne ha bisogno? “Le rose di Rosa”: ogni anno ci si potrebbe impegnare a sostenere uno dei tanti servizi sociali esistenti nel territorio o altro. Mi piacerebbe vedere Rosa che cammina per le strade di Viterbo, non solo con la macchina che è bellissima, ma anche con i piedi e con le mani della carità. Se non ci muoviamo (c’è chi lo sta facendo?) su questi cammini avremmo una bellissima manifestazione a cui forse mancherebbero le ali. Cammina, procede… ma forse incapace di volare verso i cieli dello Spirito e di un Regno di Dio sempre”.
Don Gianni Carparelli