La soddisfazione di lavorare in Banca tra rinnovi contrattuali, desertificazione bancaria, nuove tecnologie e prospettive di crescita professionale. Le considerazioni del Segretario Generale della First Cisl di Viterbo Alessandro Scorsin

VITERBO – A seguito dei recenti rinnovi contrattuali dei dipendenti bancari le nuove retribuzioni non sembrano aver migliorato gli umori delle lavoratrici/lavoratori, ma è solo una questione di soldi?
Sono ormai trascorsi alcuni mesi dall’ultimo rinnovo contrattuale del credito che ha interessato numerosi professionisti del settore bancario: Un aumento salariale medio importante, cui si sono aggiunti gli arretrati/una tantum.

Questo accordo, siglato prima da ABI e sindacati di categoria e poi sottoscritto da Federcasse, ha previsto anche una revisione in termini quantitativi e qualitativi delle ore di formazione professionale, nonché la riduzione dell’orario di lavoro settimanale a 37 ore.
Un processo importante, in parte sofferto, che ha portato ad un ammodernamento dei contratti di settore favorendone così l’allineamento al caro vita determinato dalla crescente inflazione, in un Paese spesso additato per avere gli stipendi più bassi d’Europa.

La percezione che si è avuta in merito al grado di soddisfazione di gran parte dei bancari è stata, tuttavia, di non piena soddisfazione; come confermato dall’opinione personale e diretta del Segretario Generale della First Cisl di Viterbo Alessandro Scorsini:
“Nonostante i recenti aumenti salariali sono stati ben accolti da tutti i colleghi, apprezzando l’ottimo risultato ottenuto sia dal punto di vista economico che riguardo alla riduzione dell’orario di lavoro, alla formazione e ai nuovi profili professionali, ho la convinzione che la qualità percepita dei dipendenti circa il lavoro in Banca non sia migliorata rispetto a prima”.
Viene da chiedersi a questo punto se quello di cui ha bisogno il dipendente di banca, guardi meramente all’aspetto retributivo e al tempo trascorso in ufficio, oppure necessiti di qualcos’altro che ripaghi aspetti meno materiali della vita sul posto di lavoro.
La realtà lavorativa in cui si muovono le banche, caratterizzata da un contesto economico di crescente complessità e competitività, pone dinnanzi a sfide sempre incalzanti che spesso mettono a dura prova i dipendenti degli istituti di credito a tutti i livelli gerarchici.
Lo stesso Segretario Generale Nazionale di First Cisl, Riccardo Colombani, ha più volte fatto luce circa il problema della desertificazione bancaria che sta mettendo in difficoltà i centri abitati più piccoli. In Italia sarebbero, ad oggi, oltre 3300 i comuni rimasti senza uno sportello bancario che fa da cornice ad una realtà economica difficile per le famiglie, le quali hanno visto negli ultimi anni una tempestiva riduzione del credito.
In questo scenario il dipendente di banca si trova a dover fronteggiare le lamentele della clientela, da un lato perché si ritrova spesso sprovvista sportelli e ATM sul territorio, dall’altro perché si è ritrovata improvvisamente colpita da un deciso decremento del salario reale disponibile.
Mentre gli utili delle banche aumentano, fanno seguito le pressioni commerciali ai dipendenti, determinate dal livello sempre maggiore di competitività e complessità caratteristico delle contemporanee società capitalistiche; focalizzate sulla rincorsa dell’utile e del profitto e poco sedotte dalla ricerca del benessere e di una sana qualità della vita.

E’ così che, in una logica multilivello, non solo le grandi multinazionali della finanza e del credito, ma anche quelle banche che dovrebbero essere storicamente più legate e attente al territorio, come i Crediti Cooperativi e le Popolari, sono persuase dalle logiche della vendita e del marketing, spesso anche esageratamente aggressivo.
“Personalmente, dichiara Alessandro Scorsini, bisognerebbe ricordare che in Italia l’ART.47 della Costuzione – incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina coordina e controlla l’esercizio del credito. Sarebbe dunque opportuno una diversificazione delle banche rispetto alla loro attività prevalente favorendo un sistema bancario di prossimità che da sempre ha attratto la fiducia delle piccole e medie imprese. Sia il piccolo ma anche il medio imprenditore hanno bisogno di sentire alle proprie spalle la propria banca perchè la relazione interpersonale infonde fiducia, a differenza del rating ( giudizio di affidabilità del cliente ) che non infonde la stessa sicurezza. Bisogna quindi pensare a un sistema bancario che fonda l’innovazione con la relazione personale. I colleghi si vogliono sentire parte attiva, come storicamente accadeva, della loro azienda e non passiva e l’articolo sulla PARTECIPAZIONE potrebbe venire in contro a questa necessità”
Il malcontento dei bancari è quindi certamente determinato dalla paura del mutamento; un sentirsi a disagio nel dover ricoprire un ruolo del quale non ci si sente pienamente padroni. I bancari si sono spesso ritrovati a passare da competenti professionisti del credito, a venditori spaesati e gestiti dal cambiamento.
Un cambiamento che non è aiutato spesso dall’informazione la quale fa, ad esempio, percepire le nuove tecnologie dell’intelligenza artificiale, dell’automatismo e del fintech banking, come una minaccia di perdita del lavoro piuttosto che come una preziosa opportunità per evolverlo, professionalizzarlo, specializzarlo e sublimarlo.
Può esserci una soluzione?
“Sicuramente – continua Scorsini – non possiamo andare contro il progresso, ma neanche subire l’avvento dell’IA passivamente. Personalmente noto che gli investimenti che vengono fatti sui software spesso riguardano IA e il circuito delle banche digitali. Mentre riscontro programmi obsoleti per i colleghi delle banche tradizionali, con tutte le difficoltà del caso e che, invece di essere aiutati dai programmi, vengono spesso rallentati nella loro operatività quotidiana complice anche una non adeguata infrastruttura della rete internet in Italia.”
Quello che manca al bancario di oggi è di fatto quello che manca al lavoratore e allo studente di oggi. Il malessere percepito è dovuto ad un senso di smarrimento, determinato dall’incapacità dell’individuo del XXI secolo di adattarsi alle trasformazioni che egli stesso ha creato. L’errore è quello di non aver pensato ai presupposti sulla base dei quali edificare il progresso ponendolo al servizio del lavoratore e non il contrario. Una banca, come una qualsiasi azienda ha il compito di creare nel suo piccolo le condizioni per la realizzazione dell’”Ultimo uomo”; ossia quell’attore consapevole che si muove a suo agio nell’era del mutamento, veicolando il cambiamento in modo che migliori la vita delle persone. Prima di tutto accrescendo la formazione e la consapevolezza del cambiamento stesso.

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