“La storia torna alla luce”, Grotte di Castro ricorda i martiri delle Foibe

GROTTE DI CASTRO ( Viterbo) – Nell’ambito delle celebrazioni del Giorno del Ricordo, istituito con legge n. 92/2004, dopo l’entusiasmante conferenza tenutasi presso l’Istituto Scolastico Comunale il giorno 3 febbraio 2023, con la partecipazione del Dr. Marino Micich, Saggista e Direttore dell’Archivio Museo Storico di Fiume e Dr. Rino Cergnar, esule fiumano, si è svolta mercoledì 8 febbraio presso la sala consiliare del Comune di Grotte di Castro la seconda manifestazione organizzata dall’amministrazione comunale per ricordare una tragedia per troppi anni ingiustamente e irrispettosamente dimenticata: il dramma delle foibe e l’esodo giuliano dalmata.

L’evento si è svolto in collaborazione con il Comitato “10 Febbraio”, con la partecipazione del Presidente nazionale Dr. Silvano Olmi e del Presidente provinciale Dr. Maurizio Federici.

Prezioso è stato poi il contributo di testimonianza diretta del Dr. Antonio Concina, esule e  Presidente dell’Associazione Dalmati Italiani nel Mondo – Libero Comune di Zara in esilio.

Dopo la presentazione del Sindaco che ha sottolineato l’importanza di dare voce a quella parte del popolo italiano che nel dopo guerra è stata tristemente protagonista di una pagina di storia drammatica per lunghi anni volutamente nascosta e messa a tacere, nel tentativo di cancellarla come se mai fosse accaduta, i relatori, moderati dal Dr. Aldo Quadrani, promotore dal 1997 nella Tuscia di attività tese a portare all’attenzione il dramma delle foibe, hanno reso la propria testimonianza  attraverso una coinvolgente rievocazione storica legata da un lato alla documentazione rinvenuta e riconosciuta  negli anni, dall’atro all’esperienza diretta dei protagonisti.

Partendo dalla collocazione geografica delle terre interessate e passando attraverso un lineare e competente excursus storico delle vicende politiche a partire dalla fine del 1800 con l’impero austro ungarico, la prima guerra mondiale, la vittoria “mutilata”  dell’Italia, il coraggioso intervento di Gabriele D’Annunzio e la sua occupazione di Fiume, la seconda guerra mondiale, l’armistizio dell’8 settembre 1943, il piano di Tito di annettere alla Yugoslavia anche Gorizia, Trieste e tutta la Venezia Giulia…  fino all’esodo delle popolazioni giuliano dalmate dalle loro terre, è stato fatto il quadro dei terribili scenari di violenze, deportazioni, carcerazioni, uccisioni che li hanno visti protagonisti.

E’ stata posta l’attenzione sull’immagine delle foibe e della loro riduttiva e fuorviante definizione di semplici cavità carsiche naturali, inghiottitoi o, “depressioni carsiche” come ancora nel 1985 le definiva il Dizionario della Lingua italiana De Agostini.

E’ stata ricordata la drammatica pratica utilizzata secondo cui le persone venivano legate con il filo spinato tra di loro e poi il colpo di pistola alla testa  sparato solo al primo che trascinava dietro di sé tutti gli altri ANCORA VIVI nel tremendo salto dentro le foibe profonde decine di metri.

E poi il duro racconto della vicenda di Norma Cossetto, la giovane insegnante di 23 anni sequestrata, legata, violentata da 17 aguzzini per ore e poi, nella notte tra il 4 e 5 ottobre 1943 gettata nella foiba di Villa Surani.

E inoltre l’esodo di 350.000 persone continuato fino agli anni ’50, la totale distruzione delle loro città e il loro arrivo nelle città italiane dove spesso venivano trattati in modo disumano dalle stesse autorità che avrebbero dovuto fornire loro accoglienza.

Un esodo caratterizzato dalla consapevolezza di essere esuli “permanenti” perché, “l’emigrante può sempre sognare che un giorno tornerà al suo paese, ritroverà il suo borgo, la sua osteria, i quattro amici. Ma come sognare una cosa che non è più?” (Ottavio Missoni ricordato dal Dr. A. Concina).

E la domanda sottintesa in ognuno di fronte a un simile racconto è come mai questo dramma sia stato ignorato per tanti anni. Evidentemente a molti la “verità” non faceva comodo e i “molti” dovevano essere in tanti. Così i tanti hanno semplicemente mistificato la “verità” tacendo.

Con questa considerazione si è chiuso l’incontro e con l’auspicio per gli organizzatori che simili manifestazioni possano essere da stimolo per le giovani generazioni affinché si adoperino e riescano nell’arduo compito di dare un giusto riconoscimento ai troppi che non hanno una sepoltura degna di questo nome, sulla quale parenti ed amici possano un deporre un fiore e, così, riattaccare le pagine strappate dal grande libro della storia nazionale.

 

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