di MARCO ZAPPA-
VITERBO – Sembra incredibile eppure un apparecchio piccolo e neanche moderno, visto che ha più di un secolo di storia, come il telefono sta determinando la nostra vita.
Chi si ricorda più le vecchie chiamate dal “fisso”?
Conversazioni a volte interminabili infarcite di chiacchere (magari con un amico per sparlare di tizio o di caio, oppure con il partner per raccontarsi la giornata passata), con i genitori che aspettavano telefonate urgenti o importanti e quindi irrompevano imbestialiti nella nostra stanza rigorosamente chiusa per garantire la nostra intimità.
Oggi è un altro mondo e la parola privacy per tantissimi non esiste, tanto che nei posti pubblici si mettono in piazza i propri e gli altrui fatti grazie agli smartphone, oggetti utili ma altrettanto dannosi nelle mani dei molti che li usano in modo improprio.
Questo è il conto da pagare in nome della tecnologia.
E non mi riferisco alla minoranza di coloro che senza coscienza del rischio attraversano la strada con il telefono attaccato all’orecchio mettendo a repentaglio la propria vita…
Oppure ai tanti rincoglioniti che passano la vita con gli occhi fissi sul cellulare digitando, che sanno solo comunicare tramite tastiera, che vivono un mondo virtuale fatto di numeri astratti, di followers, di illusorie amicizie.
Ci sono atteggiamenti diffusi ben peggiori che non coinvolgono solo la propria intimità ma incidono sulla vita altrui.
Ormai è prassi abituale evitare ogni forma di disturbo al prossimo grazie ad un crescendo rossiniano di maleducazione diffusa.
Così pur non volendolo, nel nostro cervello continuamente rimbalzano suonerie di ogni tipo, suoni di tasti quando si digita un messaggio, e le conversazioni dei tanti che senza ritegno comunicano ad alta voce.
Nessun limite né rispetto per gli altri.
Questo caos non risparmia neanche le messe o gli incontri culturali, c’è sempre un telefono che in modo inopportuno fa sentire la sua voce.
Sui mezzi pubblici, nonostante i richiami del personale di bordo, è diffusa la moda di ascoltare video e musica senza le apposite “cuffiette” e un viaggio in treno di qualche ora diventa una confusione di suoni e linguaggi incomprensibili neanche fossimo su una nuova torre di Babele.
Purtroppo quelli che un tempo erano casi sparuti si sono trasformati in un diffuso problema culturale, sdoganato e accettato passivamente dalla nostra società che precipita da tempo nel baratro dell’ignoranza e quindi della maleducazione.
La soluzione?
Boh!
Certo che se in Italia ci fosse una migrazione di massa di svedesi…