L’appello di Cardiologi e Geriatri: occorre potenziare e qualificare l’ospedale per i pazienti anziani.

“L’ospedale non è dotato di strutture adeguate per assistere i pazienti anziani non autosufficienti. Questo ha riflessi anche sui Pronto Soccorso, il cui intasamento è dovuto soprattutto alla mancanza di posti letto ospedalieri e alla permanenza in ospedale dei pazienti ricoverati, che non riescono a tornare a domicilio” sottolinea il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente SIGOT

La Legge 33 sulla non autosufficienza ha rappresentato un punto di arrivo importante, anelato da oltre vent’anni. Tuttavia, per una sua completa attuazione, servono i decreti attuativi e le risorse che permettano di metterne in pratica le politiche per l’assistenza agli anziani. Tra i provvedimenti necessari per favorire la definizione di una strategia organica si deve anche riconoscere un ruolo di primo piano agli ospedali, che sono proprio i luoghi dove nasce la non autosufficienza, e al geriatra, figura preposta a farsene carico. Questi sono alcuni degli appelli che emergono dal XVI Congresso Nazionale di Cardiogeriatria, che si tiene a Roma presso l’Ergife Palace Hotel il 15-16 novembre. Presidenti del Congresso sono il Prof. Lorenzo Palleschi, Presidente della Società Italiana di Geriatria Ospedale e Territorio – SIGOT, Direttore Unità Operativa Complessa di Geriatria dell’Azienda Ospedaliera San Giovanni-Addolorata, Roma, e il Prof. Francesco Vetta, Direttore UOC Cardiologia UTIC Ospedale di Avezzano e Professore di Cardiologia Unicamillus. Alla nuova legge delega per la popolazione anziana è proprio dedicata una tavola rotonda in apertura di congresso, con la partecipazione di Monsignor Vincenzo Paglia e di Stefano De Lillo, Vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Roma.

Ad aprire i lavori, il video messaggio del Sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato. “Nel 2019 il Fondo Sanitario Nazionale Pubblico si dotava di 115 miliardi di euro; oggi con la Legge di Bilancio questo fondo aumenta fino a 136 miliardi di euro, con un incremento di 21 miliardi in pochi anni. Ciò implica una maggiore dotazione per il nostro SSN; parallelamente, servono nuovi modelli organizzativi, una nuova idea di sanità pubblica, che ponga al centro il cittadino, come assicura l’articolo 32 della Costituzione, con l’universalismo nell’approccio alla cura e quindi la gratuità nelle prestazioni mediche e farmaceutiche”. Il sottosegretario Gemmato ha quindi ribadito l’importanza della comunità scientifica al fianco della politica, insieme agli altri stakeholder del settore, per garantire all’Italia di continuare ad avere uno dei migliori sistemi sanitari pubblici al mondo.

LA NON AUTOSUFFICIENZA NASCE IN OSPEDALE – La mancanza di autosufficienza nell’anziano non è solo un fenomeno sociale, ma è profondamente radicata in ambito sanitario. “La non autosufficienza molto spesso nasce proprio in ospedale, con un ricovero che riduce l’autonomia e genera la necessità di una degenza protratta – sottolinea il Prof. Lorenzo Palleschi – Questo fenomeno impone un ripensamento dell’organizzazione dell’ospedale, che è inadeguato per assistere questa quota crescente di pazienti non autosufficienti. Si stima che, tra i ricoverati con più di 70 anni, a essere dimesso in condizioni di disabilità è il 30%, che diventa 60% negli over 85. Gli anziani non autosufficienti dunque rappresentano una componente molto rilevante della popolazione ospedaliera: questo dato ha riflessi anche sui Pronto Soccorso, il cui intasamento è dovuto soprattutto alla mancanza di posti letto ospedalieri, che si sono ridotti progressivamente negli ultimi dieci anni, e per la permanenza in ospedale dei pazienti ricoverati, che non riescono a tornare a domicilio per le difficoltà della famiglia ad accoglierli. A questa situazione si aggiunge l’incremento dell’età media, che porta a un aggravamento della fragilità e della disabilità: un dato della nostra azienda calcolato su un campione di più di 20mila persone ha rilevato che nell’area medica l’età media è superiore ai 65anni; sopra ai 70 in terapia intensiva. L’elemento anagrafico suggerisce quindi anche un riconoscimento della specificità della geriatria come disciplina cardine per prendere in carico il paziente anziano fragile complesso, proprio mentre invece i reparti di geriatria tendono a ridursi e nelle scuole di specializzazione molti posti rimangono vacanti”.

LE POTENZIALITÀ DELLA LEGGE 33 – Nell’ottica di un nuovo paradigma di ospedale sono nate diverse linee guida scientifiche, spesso adottate negli Stati Uniti e in Canada, che esprimono la necessità di una riorganizzazione in senso geriatrico anche dei dipartimenti di emergenza. In Italia ancora non c’è stato questo tipo di accreditamento, nonostante l’esigenza sia sempre più pressante. A dare una svolta potrebbe essere la legge n. 33 del 23 marzo 2023 per la non autosufficienza, entrata in vigore il 31 marzo scorso. Obiettivo di questa norma è semplificare le attuali politiche per gli anziani e promuovere il coordinamento dell’assistenza, cercando di ridurre la grande frammentazione che caratterizza il settore; individua i luoghi in cui realizzare il coordinamento e il collegamento delle azioni a supporto dell’invecchiamento attivo, della promozione dell’autonomia e della fragilità, dell’assistenza e della cura delle persone anziane. Tuttavia, per arrivare a una riforma organica ed efficace del sistema assistenziale per gli anziani in Italia serviranno i relativi decreti legislativi e gli adeguati finanziamenti. “La Legge 33 rappresenta un traguardo a lungo inseguito, che permetterà di avviare una revisione complessiva delle politiche di assistenza agli anziani – evidenzia il Prof. Lorenzo Palleschi – Auspichiamo che il processo attuativo della legge possa trovare compimento, con interventi significativi tanto sul territorio, quanto a livello ospedaliero”.

L’AUMENTO DELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI, ULTERIORE PESO SUGLI OSPEDALI – I dati più recenti relativi alle malattie cardiovascolari consegnano un quadro allarmante, con aumento della cardiopatia ischemica, dell’insufficienza cardiaca, degli stroke. “Stiamo assistendo a una nuova impennata delle patologie cardiovascolari, che è destinata ad accentuarsi nei prossimi anni – sottolinea il Prof. Francesco Vetta – La prevalenza della Fibrillazione Atriale, ad esempio, era dell’1% all’inizio degli anni 2000, attualmente è del 2% e si stima che possa raddoppiare entro il 2050. Le patologie cardiovascolari, pertanto, sono destinate a rimanere la principale causa di morte nel nostro Paese, visto anche il rapporto di causalità tra l’età e queste malattie, che si inserisce su una popolazione in continuo invecchiamento. Nelle persone con più di 70 anni, infatti, in oltre l’80% dei casi ci sono più di tre comorbidità. Lo scompenso cardiaco, ad esempio, è una patologia prettamente geriatrica e in Italia ne soffrono circa 600mila persone: la sua prevalenza è dieci volte maggiore nella popolazione over 80 rispetto alla classe di età 40-59 anni; nel 98% dei casi è accompagnato da altre comorbidità”.

“L’aumento dell’incidenza di disabilità e di invalidità dovuto a queste patologie va prevenuto con precise strategie – aggiunge il Prof. Vetta – Anzitutto, servono percorsi di prevenzione con programmi dinamici di screening gratuiti per i soggetti over 65; in secondo luogo, si deve puntare a un potenziamento della medicina di precisione con la semplificazione terapeutica, riducendo il numero di farmaci a quelli essenziali per favorire percorsi di aderenza farmacologica; inoltre, serve un potenziamento della rete ospedale-territorio, con ambulatori di secondo livello che migliorino la prognosi dei pazienti e permettano un processo di ospedalizzazione più rapido ed efficiente. Infine, si deve tenere conto delle opportunità offerte dalla tecnologia e dall’Intelligenza Artificiale, che permettono un monitoraggio costante del paziente fino a poter prevedere i rischi di una riacutizzazione della patologia cardiaca con notevole anticipo. Tuttavia, le tecnologia deve essere implementata per favorire una prevenzione a misura di paziente, mantenendo un rapporto con il paziente ed evitando un disumanizzazione della medicina”.

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