Luisa Ciambella commenta i casi di morte in solitudine

VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “Sono rimasta turbata dalle notizie di stampa di questi giorni sui casi delle due persone decedute nelle loro abitazioni e ritrovate a distanza di tempo. Non voglio certo soffermarmi sui contesti umani e personali che li riguardano nel massimo rispetto di un momento doloroso per i loro parenti, ma ritengo che – come hanno fatto gli organi di stampa nel riportare le notizia – ci si debba soffermare sulla parola “solitudine”.

Questi episodi ci ricordano l’importanza di mantenere relazioni umane significative e di essere attenti alle persone intorno a noi, specialmente a coloro che potrebbero trovarsi in situazioni di solitudine o isolamento. La morte in solitudine richiama l’attenzione su questioni di empatia, comprensione e sostegno reciproco nella nostra società.

Tuttavia dobbiamo interrogarci su cosa siamo divenuti. Se si arriva a morire in solitudine e solo dopo mesi ci si accorge della nostra dipartita significa che qualcosa nella nostra società non funziona, qualcosa si è sfilacciato nei rapporti, nelle relazioni, nella percezione dell’altro. Siamo tutti protesi nel proiettare e inseguire il nostro “io” tanto che tutto ciò che ci circonda non è degno di essere considerato nemmeno come comparsa. Il mio vuole solo essere un appello alle nostre coscienze – alla mia per prima – affinché ogni giorno e in ogni circostanza riusciamo a mettere a fuoco nel nostro cammino che da soli siamo poco e rischiamo di non avere riconosciuta la cosa più importante: la nostra dignità negli ultimi attimi della nostra vita.

Queste due morti sono lo specchio di una società che rischia di perdere l’importanza della relazione con l’altro perché è nella relazione che si manifesta e si concretizza la comunità umana con la capacità di farsi prossimo e di prendersi cura dell’altro specie se solo. Poi possono intervenire le istituzioni, i servizi sociali, ma prima di tutto dobbiamo saper riscoprire il nostro umanesimo: il nostro essere uomini e donne in relazione con l’altro”.

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