Mafia viterbese, l’intervento di Giacomo Barelli

di REDAZIONE-

VITERBO- “La mafia è un problema serio e ce lo ha ricordato il presidente Mattarella, se poi ci dovremo confrontare sul terreo delle querele faremo anche quello”. E’ diretto il consigliere comunale Giacomo Barelli (Viterbo civica) intervenuto ieri in consiglio comunale. “Ho sentito – ha aggiunto- che il sindaco, ritenutosi toccato personalmente, avrebbe intenzione di adire l’autorità giudiziaria per la tutela dei suoi interessi. Nel caso in cui ci fosse la necessità, avrò modo di difendermi sui punti specifici in altre sedi. Io non mi faccio intimidire da un certo tipo di comunicazione politica. I miei interventi sono stati sempre politici, se qualcuno ritiene di sentire un attacco personale una vicenda che sconvolge questa città dal momento in cui è nata fino alla sentenza di primo grado, faccia pure e che questo sia ritenuto da qualcuno “normale amministrazione” mi spaventa, non mi intimorisce, e mi spinge ancora di più a dire che questa città purtroppo è cambiata. Cosa c’è di così scandaloso, gravemente lesivo della dignità di qualcuno nel dire che purtroppo nel 2020 la nostra città, per la prima volta, è stata attinta da un fenomeno che un tribunale in I grado ha ritenuto essere mafia. Dove sta la vergogna per poterlo dire in un’aula politica? Dove sta il problema nel dire che noi da quelle cose siamo distanti? Ma il problema vero è un altro: descrivere questa città in maniera diversa. C’è un tasso di aumento del consumo di stupefacenti che dà l’idea che ci sia un indizio che queste infiltrazioni sancite dalla sentenza possano essere ancora presenti. Non è questo il processo. Ma se la politica si trova coinvolta in una vicenda dove qualcuno si interessa della politica, ma dove è lo scandalo nel denunciare questa cosa? Non ci dovrebbe essere lo scherzo, la divagazione gastronomica, il tentativo di sminuire un fenomeno che purtroppo si è annidato in città e che ha portato a una sentenza di condanna. Io non so che cosa il sindaco trovi di personale in quella vicenda. Ma perché non si vuole riconoscere quello che ha riconosciuto un tribunale della Repubblica, che questo territorio è stato macchiato da un fenomeno mafioso? Dove sta lo scandalo? Un parente stretto mi ha detto perché non la faccio finita. Si è preoccupato per me e mi ha consigliato di lasciar perdere perché è pericolo dire certe cose.  Sono rimasto un po’ allibito. C’è qualcuno in famiglia che si preoccupa per me perché ritiene che queste cose possano essere pericolose per chi le dice. Ma dove è lo scandalo, il problema, questa cosa indicibile? Di indicibile c’è nel dire che a Viterbo la mafia non c’è. Tutto il resto purtroppo con coraggio si deve dire. Perché dire che per la prima volta dal dopoguerra la mafia si sia interessata alle politiche comunali, amministrative significa dire la sola e sacrosanta verità e non riconoscere questo significa fare un danno a tutti i cittadini. Se la politica stessa riduce a bagatella un fenomeno come quello della mafia e facciamo diventare un clichè Falcone e Borsellino, ma di cosa stiamo parlando? Mi prenderò tutte le responsabilità del mondo nel dire che purtroppo la mafia è arrivata anche da noi. Se trasformiamo poi questa questione di grande portata in una questione personale  allora qualche problema si che c’è. Il problema è spiegare che questa roba c’è e va combattuta e va tenuta lontana dal dibattito politico inteso come collusione. Nessuno ha mai parlato di collusione, ma se non si capisce cosa vuol dire questione morale, allora il dibattito non ha senso. La politica non si deve fermare alla pizzeria, al fatto che incontro chi mi pare, ma andare in fondo e capire se ciò possa accadere di nuovo. Lo so che non è bello, fa male”.

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