Maltrattamenti in asilo, maestra sospesa per 12 mesi: l’interrogatorio di garanzia nei prossimi giorni

di Redazione –

VITERBO – Una maestra è stata sospesa dall’insegnamento per un periodo di 12 mesi a seguito di accuse di maltrattamenti. Nei prossimi giorni, la docente sarà sottoposta a un interrogatorio di garanzia condotto dai pubblici ministeri, anche se la data precisa non è ancora stata fissata. L’accusa è quella di aver insultato i bambini di un asilo nella provincia di Viterbo, apostrofati con frasi offensive come “Scema”, “faccia da c…”, “stai zitta non sei nessuno”, urlate a pochi centimetri dal loro viso. Altre espressioni riportate comprendono: “Te do na papagna” o “Smettila di piangere che ti butto dove butto i rami secchi”.

Le prove raccolte dagli inquirenti attraverso una telecamera nascosta hanno mostrato bambini che erano “quotidianamente vittime delle ire della maestra”, come affermano i Carabinieri. La docente, con il suo atteggiamento autoritario, aggressivo e violento, avrebbe instillato nei bambini un clima di paura e frustrazione. Tali sentimenti erano ancora più acuti a causa della loro giovane età, che li rendeva incapaci di comunicare chiaramente ai genitori le loro sofferenze.

Tutto ha avuto origine dalle segnalazioni fatte da alcuni genitori e dalla dirigente scolastica dell’istituto. In particolare, i genitori hanno notato segni di disagio e sofferenza nei loro figli, i quali si mostravano spaventati all’ingresso dell’asilo o quando dovevano affrontare la maestra. Dopo un’indagine condotta dal nucleo investigativo dei Carabinieri di Viterbo, la donna è stata sospesa dall’insegnamento per un anno e le è stato vietato esercitare la professione in qualsiasi istituto scolastico, sia pubblico che privato.

Presunzione di innocenza
Per indagato si intende semplicemente una persona nei confronti della quale vengono svolte indagini preliminari in un procedimento penale. Nel sistema penale italiano vige la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva. Presunzione di innocenza che si basa sull’articolo 27 della costituzione italiana secondo il quale una persona “non è considerata colpevole sino alla condanna definitiva”.

 

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