Manovra, novità in arrivo per le pensioni ma i sindacati insorgono

Un valore complessivo di 30 miliardi di euro, con alcune, importanti ma comunque ancora insufficienti, novità per il sistema pensionistico italiano. Il 2024 del mondo economico e politico del nostro paese si conclude con il botto della Legge di Bilancio 2025, che tra le novità include il tentativo di collegare la previdenza obbligatoria a quella complementare per consentire un’uscita anticipata dal mondo del lavoro a partire dai 64 anni, anche se vincolata a requisiti stringenti.

In particolare, i lavoratori nati dopo il 1995 potranno accedere alla pensione anticipata solo se in possesso di un fondo previdenziale complementare in grado di integrare la rendita minima prevista, pari a tre volte l’assegno sociale (circa 1.720 euro). Inoltre, i contributi richiesti aumenteranno gradualmente: da 20 anni a 25 dal 2025 e fino a 30 dal 2030. La misura risulta di fatto limitata a pochi, anche perché pochi sono coloro che conoscono, praticano e utilizzano la previdenza complementare.

Proviamo allora a fare chiarezza. La previdenza complementare è un sistema integrativo rispetto alla pensione pubblica, pensato per garantire una maggiore sicurezza economica al termine della vita lavorativa. Si basa sull’adesione volontaria a strumenti come i piani pensione, che permettono di accumulare risparmi da utilizzare come rendita o capitale una volta raggiunta l’età pensionabile. All’interno del fondo pensione confluiscono infatti i contributi versati dal lavoratore e l’eventuale destinazione del TFR. Questi contributi vengono investiti in strumenti finanziari, seguendo strategie differenziate in base al profilo di rischio scelto.

Ma quali sono le altre novità introdotte dalla manovra finanziaria? Qualche misura interessante è prevista per le le lavoratrici con figli che potranno beneficiare di condizioni agevolate, con un requisito ridotto a 2,8 volte l’assegno sociale per chi ha un figlio e a 2,6 per chi ne ha due o più. Tuttavia, chi non usufruirà di un fondo integrativo continuerà a seguire le regole tradizionali, con 64 anni e almeno 20 di contributi. Un’altra misura di rilievo riguarda i dipendenti pubblici, che potranno scegliere di prolungare volontariamente la carriera fino ai 70 anni, una possibilità finora riservata ai medici. Torna anche “Quota 103”, che prevede il pensionamento con 62 anni di età e 41 di contributi, ma la sua scarsa convenienza ha portato a un numero limitato di adesioni. Infine, le pensioni minime, promesse in aumento di tre euro, hanno subito una revisione al ribasso, con un incremento reale di appena 1,8 euro al mese, suscitando delusione tra i pensionati e grandi polemiche dalle parti sociali.

I sindacati, infatti, parlano di una manovra “poco inclusiva”, lanciando l’allarme su una Legge di Bilancio che rischia di accentuare le disuguaglianze, riservando i benefici a un numero ristretto di lavoratori con carriere stabili e salari elevati. “Non solo non hanno cambiato la legge Fornero, l’hanno peggiorata e continuano a fare cassa sulla pelle delle persone – ha commentato il segretario generale della Cgil Maurizio Landini – Bisogna garantire un sistema pensionistico degno di questo nome, a partire dai giovani precari”. Parole che rischiano però di rimanere inascoltate.

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