Mario Ancillotti e i suoi “Appunti di un flautista”

di CINZIA DICHIARA

Nell’ambito della rassegna “Alziamo il volume”, è stato presentato a Roma, presso la Sala dei Medaglioni del Conservatorio “Santa Cecilia”, il libro di Mario Ancillotti “Appunti di un flautista – Riflessioni sulla musica e l’interpretazione”. Pubblicato da Ut Orpheus, è molto apprezzato dai fruitori, tra flautisti, giovani e meno giovani, studenti e docenti di conservatorio e di scuole di musica, ma anche semplici appassionati e cultori, persone comunque accomunate dall’interesse per il bagaglio di esperienze di uno tra i più grandi flautisti italiani.

Il libro, frutto di una vita in pole position sul piano dell’interpretazione e dell’insegnamento, si pone quale guida alla professione di musicista concertista. È indirizzato a chi si dedica a coltivare la difficile e meravigliosa arte musicale e all’uopo fornisce un ventaglio di esempi e di esperienze raccolte dall’autore nelle molteplici attività di solista, camerista, professore e direttore d’orchestra, organizzatore e docente.

Alla base del volume, dunque, i segreti di una carriera intensa, sintetizzati in alcuni esempi pratici, corredati da esecuzioni dello stesso Ancillotti. Il lavoro presenta infine un Repertorio ragionato.

Nato a Firenze da famiglia di musicisti, Mario Ancillotti si afferma come flautista internazionale dapprima quale ‘primo flauto’ presso orchestre importanti come l’Orchestra Rai di Roma e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale “Santa Cecilia”, quindi come solista con tournée in tutto il mondo anche nella veste di direttore e con una nutrita discografia. La sua attività, non limitata al concertismo, si riversa su almeno due linee direttrici: la docenza presso importanti conservatori e istituzioni musicali nel mondo e l’organizzazione, sia di complessi strumentali sia di kermesse d’avanguardia o concorsi per giovani talenti.

Oggi Ancillotti è uno dei più rappresentativi musicisti italiani e la sua fama è universalmente riconosciuta. Figura creativa a tutto tondo, egli mantiene la curiosità e l’interesse per ciò che artisticamente può realizzare anche al di là dell’ambito strettamente musicale, aspetto che ne ha contraddistinto la personalità, moderna e di ampio orizzonte culturale.

Lo incontriamo per parlare del suo libro, dunque per conoscere in lui l’artista e l’uomo di pensiero proteso a comunicare totalmente la propria realtà.

  • Come nasce questo libro?

Ci ho lavorato nel periodo covid ma pensavo di realizzarlo da molto tempo. Lo stimolo è venuto dall’aver insegnato per molti anni e dall’essermi sono reso conto di come, nella breve vita di una persona, le cose cambino rapidamente. La percezione degli studenti è cambiata da quando io ero giovane musicista ed è cambiato anche l’approccio alla musica. Valori che prima erano considerati fondamentali ora sono diventati meno presenti, a vantaggio di altri. Ciò è dovuto soprattutto alla musica riprodotta, in precedenza abbastanza rara. Gli ellepì in vinile erano costosi e poco diffusi mentre, gradualmente, siamo giunti alle varie piattaforme ove si trova di tutto, anche le musiche più rare. Ciò ha portato i giovani a non elaborare la musica esclusivamente dalla partitura, poiché l’accesso alle varie interpretazioni, pur inducendo a maggiore consapevolezza, ad esempio nel seguire una tradizione, tuttavia va a svantaggio dello scavo dentro sé stessi per trovare la propria verità. Con la musica riprodotta, inoltre, si è presa la direzione verso il perfezionamento assoluto della tecnica, con il rischio di un inaridimento. Non può esservi mai errore, l’imperfezione non è accettata e ciò ricade sui concorsi. Nelle selezioni basta sbagliare una nota per essere fuori, anche se musicisti formidabili.

  • È una vera tendenza…

Io ho frequentato un ambiente musicale con musicisti come Giuranna, Asciolla, Accardo, Farulli, Canino, Masi, i valori erano diversi. Ora si nota inevitabilmente una ricerca del perfezionismo, non sempre positiva. In un’esecuzione mi interessa abbastanza poco la nota sbagliata, ma quel che l’artista mi comunica. I flautisti sono diventati bravissimi ma sempre raccomando loro di non trascurare la ricerca del suono, l’attenzione al respiro, la cura di uno studio delle velocità giuste, poiché si tende generalmente a correre. Dunque ho voluto scrivere qualcosa che rimanga.

Trattandosi di uno strumento che non ha una lunga tradizione interpretativa come il pianoforte il violino, il violoncello, si rischia di seguire dei modelli magari perfetti, “di moda” nell’ambiente flautistico dal punto di vista esecutivo, senza cercare una propria espressione.

La ragione primigenia è stata questa. Il volume non è dedicato solo ai flautisti ma ai musicisti.

–             Il discorso dell’interpretazione abbraccia tutta la musica

Per suonare occorre capire come si deve sviluppare un brano, comprendere il senso della musica, conoscere l’autore e il periodo storico che ha visto nascere l’opera, elementi che confluiscono nell’interpretazione. Ad esempio, occorre considerare che nello scrivere l’Offerta Musicale dedicata a Federico di Prussia, Bach impiega tutta la sua sapienza.

  • L’Offerta musicale può dirsi una summa sapientiae

Il fatto che un autore sia un genio significa che può esserlo in ciascuna sua opera, sta all’interprete sapere che cosa egli ha immesso nel testo, dunque occorre conoscere il brano che si sta affrontando. Quando gli vengono commissionati tre concerti per flauto, Mozart ne fa opere di qualità, eppure è ben diverso dal momento in cui comporrà la Messa dell’Incoronazione! Tutti si avvicinano a suonare il primo preludio del Clavicembalo ben temperato ma quel che vi occorre non è la perfezione tecnica, bensì che la musica si elevi come una preghiera verso l’assoluto.

  • Come si può preservare l’enorme bagaglio della tradizione interpretativa?

Quello che faccio sempre, e l’ho fatto anche col mio libro, è portare una testimonianza. La musica sta cambiando, com’è giusto che sia. E i musicisti che hanno smesso o stanno smettendo l’attività concertistica devono lasciare un’eredità poiché sono stati formidabili ispirandosi al Quartetto italiano, a Benedetti Michelangeli, a Pollini o ad altri grandi.

-Questo libro è dunque una testimonianza e diviene un dono

Devo dire che ha avuto successo, lo hanno acquistato in molti e spero che leggendo venga qualche dubbio su quello che deve essere l’incontro con la musica. Vi sono nel mio insegnamento due principi che reputo fondamentali: innanzitutto l’entusiasmo necessario ad affrontare la carriera concertistica. Occorre grande forza d’animo, le sconfitte sono più delle vittorie. Bisogna prendere esempio da Schubert, il quale pur non avendo riscosso alcuna soddisfazione in vita, andò avanti scrivendo capolavori immensi. Ma l’altro fondamento è il dubbio: mai credere di essere arrivati, tutte le volte occorre pensarci sopra. Dalla sicurezza non nasce nulla, si resta fermi. Dal dubbio può nascere una soluzione, si possono trovare nuove vie.

–             Col suo spirito poliedrico si è cimentato in molte imprese tra le quali spiccano il festival ‘Suoni Riflessi’, forse la sua creatura più importante, ma anche la fondazione dell’’Ensemble Nuovo Contrappunto’, altresì l’istituzione del Concorso Internazionale di Interpretazione Musicale “Marcello Pontillo”. Com’è giunto a queste tre diverse iniziative?

Nascono tutte e tre da una stessa idea. Il festival è nato da una bellissima esperienza nella Scuola di Musica di Fiesole, allorquando, molti anni fa, Piero Farulli (fondatore dell’istituzione di alto perfezionamento con docenti di chiara fama ndr.) mi chiese di creare un complesso che lavorasse sulla musica contemporanea per dare ai giovani studenti la possibilità di avvicinare il repertorio, assecondando un aspetto non molto curato dalla scuola in quel periodo. Farulli sapeva che mi ero occupato a fondo di contemporanea, venendo a contatto con numerosi compositori, così costituii un Laboratorio, dapprima con Augusto Vismara e, quando questi si ritirò, con Enzo Porta. Ne nacque un ensemble che, conclusi i tre anni didattici, decidemmo di far proseguire.

Il complesso aveva bisogno di lavorare cosicché pensai di fondare un festival ove si lavorasse sulla contemporanea affiancata alla classica, evitando l’infruttuosa suddivisione a cassetti. Erano anni difficili, nei quali, dopo che le sale erano state stracolme, il pubblico seguiva meno e la musica era trascurata anche a causa del riflusso culturale e di un abbassamento del livello del gusto degli italiani, determinato da situazioni politico-culturali come l’avvento delle televisioni commerciali.

Il festival a Firenze è iniziato con pochi concerti, quattro o cinque; poi ha avuto successo fino ad assumere un carattere nazionale, dunque piuttosto impegnativo. Nel frattempo, la mia attività solistica andava gradualmente diminuendo per fattori di età e anche per lasciare spazio a giovani bravissimi.  Dunque il mio interesse si è spostato sempre più verso l’organizzazione culturale, dal repertorio del flauto a un repertorio più vasto possibile, senza confini. Allora, mettere insieme il teatro e l’arte con la musica è diventato un universo nel quale mi sono trovato a meraviglia, collaborando con vari attori. Personaggi come Moni Ovadia, Sergio Givone, Edoardo Sanguineti sono stati fondamentali per capire che la musica è forse l’espressione più raffinata, la più ineffabile e anche la più personale poiché è percepibile attraverso la sensibilità individuale, previa la capacità comunicativa dell’interprete. Vi è un sistema a tre nella musica tra autore, interprete e percettore, che può cambiare completamente. Recepire un brano scritto secoli fa dipende dall’interprete ma anche dalla nostra sensibilità personale, secondo un processo che può includere aspetti psicologici e filosofici.

  • Il Concorso Internazionale “Marcello Pontillo”?

Nasce per dare delle opportunità alle giovani generazioni proiettate verso la professione, in una formula inusuale che ha avuto molto successo, con formazioni fino al sestetto. I candidati devono presentare un programma che abbia una coerenza e non brani scollegati tra loro, poiché il concerto, al di là del verificare la bravura, deve essere un momento culturale. La valutazione della congruenza del programma induce i candidati a proporre un senso musicale importante.

La commissione è internazionale. Nella seconda prova sono nominati tre candidati alla prova finale, mentre il vincitore viene nominato da un pubblico scelto, altrimenti si rischierebbero le claque, finora composto dai nostri soci e seguaci, persone che hanno competenza musicale e non parenti o amici.

Il nome di Marcello Pontillo risponde al presidente del concorso, uomo appassionatissimo di musica, persona eccezionale. Giovane e sempre positivo, purtroppo è mancato dopo malattia da lui sopportata senza mai un lamento. Abbiamo voluto dedicargli il concorso del quale era presidente.

-Maestro, ha realizzato tutto questo e tanto ancora vorrà fare. A che punto del cammino

  • sente di trovarsi oggi?

Mi sento ancora un artista che sta cecando di essere creduto dagli altri. Mia moglie mi dice sempre che sono troppo modesto ma io non credo mai di essere arrivato. Tutte le attività che ho svolto costituiscono un percorso e non un fine, e vado avanti sperando di essere creduto nella mia buonafede, questo è importante.

Intervista raccolta il 3 aprile 2025                                    Cinzia Dichiara

Mario Ancillotti chi è

Nato a Firenze nel 1946 da una famiglia di musicisti, Mario Ancillotti si è formato al Conservatorio Cherubini ove ha avuto la possibilità di frequentare grandi musicisti e di collaborare in particolar modo con Luigi Dallapiccola, Roberto Lupi, Carlo Prosperi, Franco Rossi, Piero Farulli, Piero Bellugi, etc..

Negli anni ‘70 ha ricoperto insieme a Severino Gazzelloni il ruolo di 1° Flauto dell’Orchestra Rai di Roma e successivamente dell’Accademia Nazionale Santa Cecilia, suonando con direttori come Bernstein, Böhm, Maazel, Sawallisch, Giulini, Schippers, Masur, Abbado, Muti, Ozawa, Metha, e altri.

Allorquando decise di abbandonare l’orchestra era ormai un musicista affermato e preparato alla carriera solistica, alla quale si è dedicato interamente tenendo concerti e tournée in tutta Europa, in Usa, in Canada, nel Nord e Sud Africa, in Sud America, in Giappone, ospite di importanti sale da concerto  come la Suntory Hall a Tokyo, il Teatro Coliseo a Buenos Aires, la Salle Vigadò a Budapest, il Teatro alla Scala di Milano, la Hercule Salle a Monaco, il Teatro Municipal a San Paolo, per manifestazioni di prestigio come il Maggio Musicale Fiorentino, la Biennale di Venezia, la Biennale di Parigi, i Festival di Varsavia, di Barcellona, di San Pietroburgo e di Mosca. Ha collaborato con musicisti come Carmirelli, Accardo, Giuranna, Spivakov, Geringas, Leister, Silverstein, Canino, Franco Rossi, e come solista con direttori come Maag, Bour, Melles, Cambreling, Penderecky, Bellugi, Gelmetti, Soudant, Muhai Tang, Neuhold.

Ha svolto intensa attività anche sul fronte didattico, insegnando nei conservatori di Roma, Perugia, Firenze, alla Scuola di Musica di Fiesole e al Conservatorio di Lugano.

Tiene corsi e seminari in Svizzera, Austria, Francia, Germania, Giappone, Usa, Messico, Cile, Argentina, Cina, Repubblica Ceca, Spagna, Italia.

Infaticabile anche sul fronte organizzativo, direttore artistico di rassegne musicali in Italia (Isola d’Elba) e all’estero (Cina – Chengdu), ha fondato a Firenze il noto Festival Suoni Riflessi, facendone una fra le realtà più dinamiche dell’ambiente musicale italiano di rilievo internazionale, con l’obiettivo di realizzare un connubio tra la musica e le altre arti ed espressioni, sulla base della sua idea che la Musica possa essere una grande spinta intellettuale ed emotiva per la società.

Il Festival lo ha portato a collaborazioni con musicisti come Fabio Vacchi, Bruno Giuranna, Massimo Quarta, Giovanni Sollima, Piernarciso Masi, Bruno Canino e con personaggi della cultura e dello spettacolo come Moni Ovadia, Tiziano Scarpa, Sergio Givone, Edoardo Sanguineti, Milena Vukotic, Maddalena Crippa, Ugo Pagliai, Giancarlo Cauteruccio, Luigi Dei, Stefano Bartezzaghi, Luigi Lo Cascio, Paolo Hendel, etc. con cui realizza le sue idee innovative.

Nel 1998, in seno alle attività del Laboratorio di Musica Contemporanea della Scuola di Fiesole ha dato vita all’”Ensemble Nuovo Contrappunto”, complesso dall’organico variabile con lo sguardo rivolto “oltre” la musica, al mondo della letteratura, del teatro, delle arti visive. Il successo di pubblico gli ha portato anche la realizzazione di due CD con musiche di Debussy, Ravel e de Falla per la rivista Amadeus.

Ha prodotto una cospicua discografia, incidendo per etichette quali Dynamic, Tactus, Camerata Tokyo e Naxos.

Autore di un Metodo teorico per Flauto edito da Ricordi e adottato in larga scala in Italia, Ancillotti ha curato diverse revisioni sia didattiche che di opere di autori antichi (Boccherini, Leo, Geminiani, Tartini) per Ricordi, Suvini Zerboni, Zanibon.

La Tactus Fugit gli ha richiesto e stampato ben due serie di cadenze per i due concerti di Mozart, una per l’Andante K 315 e una per il concerto per flauto e arpa K 299.

A lui è stata intitolata una sezione riservata al flauto delle Edizioni Ut Orpheus – “ Mario Ancillotti Collection”, con numerose riedizioni, revisioni, trascrizioni.

E’ stato insignito del prestigioso premio “Le Muse” di Firenze attribuito a personaggi che hanno divulgato la cultura nel mondo.

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