Masse di San Sisto, la società “Antiche terme romane”: “Non è ancora detta la parola fine”

VITERBO- Riceviamo da Antiche Terme Romane e pubblichiamo: “Su diversi organi di stampa è stata riportata la notizia della recente sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Viterbo – Sezione Civile – relativa al contenzioso tra la Free Time srl e la nostra società. Negli stessi articoli viene data per scontata la fine del contezioso tra le due società con, addirittura, l’apposizione di una “pietra tombale sulle Masse”.
Ma siamo sicuri che tutto questo sia effettivamente vero? Cerchiamo di mettere ordine nella vicenda, certamente complessa e piuttosto confusa. In primo luogo va detto che la sentenza civile appena pubblicata è di primo grado (le ordinanze del giudice Bonato erano solo provvedimenti cautelari) e, pertanto, sussistendo nel nostro ordinamento ben tre gradi di giudizio, è palese che siamo ancora ben lontani dal dichiarare esaurita la vicenda.
Ma entriamo anche nel merito del provvedimento. Come correttamente riportato sugli articoli di stampa, la domanda della Free Time è stata accolta solo parzialmente, non essendo stato riconosciuto alla società alcun indennizzo, dal momento che “il fallimento del progetto edificatorio (della Free Time, ndr) non è in alcun modo imputabile alla Antiche Terme Romane s.r.l.”. Ma è percorrendo gli atti processuali e, soprattutto la CTU disposta dal giudice, che emergono altri elementi che saranno, a nostro avviso, determinanti nel prosieguo delle vicende giudiziarie.
Un aspetto fondamentale da tenere in considerazione è la circostanza che la causa civile (per la quale si è appena concluso solo il primo grado di giudizio) si è basata sull’assunto che la Free Time è titolare di una concessione mineraria per l’uso di acqua termale, e lo è dall’ormai lontano 2005.
Ed è proprio sul dubbio della liceità di questa Concessione che si giocherà realmente la partita. Ci sono numerosi elementi che vanno chiariti a tale proposito.
A prescindere dalla considerazione che lo stesso CTU di causa civile ha asserito che “anche una portata inferiore del 50% (dei 15 lt/sec concessi, ndr) riuscirebbe a soddisfare le esigenze delle varie vasche” della Free Time, è, in ogni caso, intollerabile che una risorsa pubblica così preziosa come l’acqua termale venga sprecata da oltre 17 anni. E se è vero, come è vero, che i ritardi della Free Time non sono addebitabili alla nostra società (come dichiarato dal giudice Scarpato nel testo della sentenza), per quale motivo è trascorso tutto questo tempo prima di realizzare il faraonico complesso termale? Anche la risposta a questa domanda è agli atti della causa civile appena conclusa e non è attribuibile neanche al vincolo paesaggistico intervenuto nel 2019. All’epoca, infatti, erano già trascorsi ben 14 anni dal rilascio della concessione mineraria, più che sufficienti per ottenere l’approvazione del progetto. La verità invece è che la Free Time in tutti questi anni ha presentato ben 6 progetti di piano particolareggiato (5/8/2002, 20/2/2004, 14/82009, 24/12/2010, 14/2/2013, 1/12/2015), regolarmente bocciati dagli organi competenti, in quanto prevedevano una smisurata quantità di volumetria residenziale da realizzare in zona F4 di PRG, destinata invece all’insediamento termale. E’ stata pertanto solo la insistente richiesta della società di realizzare abitazioni, in luogo di impianti termali, a determinare la mancata approvazione del progetto per questo lunghissimo periodo e non, come invece si vorrebbe far credere, l’attività difensiva del sito delle Masse posta in essere dalla nostra società.
Visto il lungo tempo trascorso, la Regione Lazio nel marzo 2020 ha anche avviato un procedimento
di decadenza della concessione mineraria della Free Time, procedimento poi sospeso in attesa che
la società consegua un titolo che la abiliti ad una qualche forma di attività termale.
Ed è proprio per ottenere questo titolo che la Free Time ha sanato (a nostro avviso in maniera irregolare) le piscine realizzate abusivamente sul proprio terreno (spacciandole per mere vasche di raccolta acque), ha rinunciato al settimo progetto di piano particolareggiato presentato nel 2016 (incompatibile con la riutilizzazione delle vasche come piscine) ed ha, infine, richiesto il rilascio di un permesso di costruire per la realizzazione di un “progetto stralcio” (come da loro stessi definito) che prevedrebbe la realizzazione di manufatti in legno e l’uso delle vasche di raccolta acque trasformate in piscine. In sostanza, si tratterebbe di un insediamento molto simile a quello che insisteva alle Masse di San Sisto ed enormemente differente dall’originario “progetto faraonico” (come definito anche dal giudice), allegato alla concessione mineraria, che, nelle presunzioni della Free Time, avrebbe dovuto dar luogo all’occupazione di 400 dipendenti.
La domanda sorge spontanea: è mai possibile che una Concessione mineraria di 15 lt/sec rilasciata nel 2005 e mai attivata sinora, possa continuare a mantenere la sua validità nonostante sia venuto meno il progetto faraonico in base al quale la stessa Concessione era stata rilasciata (tanto da costituirne parte integrante)?
E ancora: la concessionaria, che non è stata in grado per 17 anni di avviare un’attività ed ha determinato lo spreco di miliardi di litri di acqua termale, può ancora essere considerata meritevole di tutela ed in possesso di tutti i requisiti prescritti dalla legge? Ha dimostrato, in sostanza, di possedere le capacità tecnico-economiche richieste dalle norme?
Inoltre: perché, come avvenuto in tutti gli altri casi all’interno del perimetro del bacino termale viterbese, per l’aumento della portata della concessione Free Time non è stato indetto un bando di gara ad evidenza pubblica come prescritto dalla normativa europea (direttiva Bolkenstein)? E riguardo al progetto stralcio: è possibile sanare delle piscine abusive realizzate in zona doppiamente vincolata facendole passare per vasche di raccolta acqua, ricevere una ordinanza del TAR che le smaschera e ne ordina la demolizione, poi sottoscrivere per atto notarile l’impegno a non utilizzarle diversamente dalla semplice raccolta di acque e, infine, chiederne di nuovo la trasformazione in piscine attraverso l’approvazione del progetto stralcio? Non rappresenta un evidente e maldestro aggiramento delle leggi?
E per ultimo: se il perito nominato dal giudice civile afferma che per l’iniziativa sarebbero sufficienti la metà dei litri concessi, perché si insiste nel pretendere di volerli utilizzare tutti e 15 escludendo altre possibili iniziative?
Naturalmente, questi interrogativi e tutte le irregolarità sinora emerse sono stati, e lo saranno anche in futuro, oggetto di contestazioni da parte della nostra società, che le sosterrà in tutte le sedi necessarie.
E’ per questo che ci sembra ridicolo affermare che la vicenda Masse è definitivamente conclusa. In ogni caso, di fronte a questa annosa vicenda, non possiamo esimerci dal formulare alcune considerazioni di carattere generale su come è stata gestita, almeno sino ad ora, la preziosa risorsa
pubblica “acqua termale”.
A ben vedere la prima vittima delle aspre battaglie che si sono tenute, su vari fronti, in questi lunghi anni è proprio il termalismo viterbese, inteso come occasione di sviluppo turistico, economico ed occupazionale.
Si parla da decenni di “Viterbo – città termale”, indicando uno slogan che dovrebbe essere occasione di vero progresso per il nostro territorio, ma poi, nei fatti, si sono favorite prevaricazioni e veti incrociati per ostacolare le controparti, anziché dare spazio a tutte le iniziative meritevoli, capaci di accrescere la ricchezza e la bellezza del territorio.
Il termalismo viterbese non può più essere visto in un’ottica personalistica e utilitaristica, ma deve essere considerato una fonte di ricchezza collettiva, capace di attrarre investimenti, di promuovere turismo e di erogare servizi ai cittadini.
E’ necessario un rinnovamento generale nella gestione delle risorse, nei soggetti coinvolti e, soprattutto, bisogna avere una visione per il futuro. Solo così si potrà parlare di città termale. Da parte nostra non ci siamo mai sottratti a confronti pubblici ed abbiamo sempre tenuto un atteggiamento propositivo e collaborativo, anche se, ovviamente, con l’intento di difendere i nostri diritti, soprattutto quando li abbiamo ritenuti illegittimamente calpestati.
Resta comunque auspicabile un drastico cambio di atteggiamento, per il bene di tutti. Chissà che non sia vicino…. noi ce lo auguriamo”.

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