Morte di Enrico Capobianchi, il pensiero di don Gianni Carparelli

Per la morte di Enrico Capobianchi, amico da sempre, ho pensato di pubblicare un pensiero. Anche per aiutarci a entrare nell’animo e nella storia delle persone, realtà che vanno lette insieme in una specie di lettura infinita o di ermeneutica per esplosioni, raccogliendo cioè in un attimo tutti i frammenti di una vita, belli e meno belli, sparsi nell’arco del tempo, e catturare il filo rosso o leitmotiv ricorrente come un motivo conduttore non sempre visibile. In genere siamo più capaci di vedere il tutto quando il cammino è verso la fine o alla fine. Quella folla di famigliari e amici davanti alla sua bara al cimitero per un saluto commosso, grato e semplice mi ha fatto pensare. Era un rito detto civile come anche io sapevo che lui avrebbe voluto, ma c’era un’aria che mi ricordava il senso vero di liturgia: gente insieme e non solo uno accanto all’altro, un affetto che si respirava ovunque, l’ascolto della sua presenza silenziosa e del suo sorriso limpido senza falsità di nessun genere, una vita, la sua, che pur avendo attraversato momenti non facili camminando su strade a volte tortuose, era sorretta da una purezza interiore senza fronzoli. Io ho avuto un paio di momenti in cui mi era stato non facile capirlo, ma non avevo tutto il mosaico dei suoi colori davanti, come poi pian piano mi si sono rivelati. Il dipinto della sua vita mi riportava al primo canto del Purgatorio nella Divina Commedia, quando Virgilio indica a Dante Porcio Catone, politico-pensatore fedele ai propri valori morali e non perché dettati da una legge, ma perché stampati nella coscienza. Questa fede ai valori della vita e della convivenza fanno nobile l’animo, cioè la vita delle persone. E’ quella libertà suprema, anche libertà dalle leggi codificate, siano essere di origine umana o detta divina, che il nostro amico rincorreva: “Libertà va’ cercando ch’è sì cara come sa chi per lei vita rifiuta…”. Enrico non ha rifiutato la vita, ma ha sempre cercato di non piegarsi a una vita di compromessi, di mezze misure, di apparenze. Era attentissimo ai frammenti delle cose e delle persone, ma riusciva a leggerli insieme, come in un suo commento alle opere di Luca Gansser in una “ricerca assidua della bellezza”. Aveva incarnato nel suo profondo DNA spirituale, la storia dei suoi genitori, Azelio e Rina. Non si inginocchiava nei banchi dei templi, ma sapeva chinarsi davanti alle persone cosi come si abbassava per carezzare i suoi amati cani: Lucio e Nano. Simona lo sa e i suoi nipoti lo sanno. Il pensiero di Silvia letto da Chiara, è stato un regalo per lui e per noi. E non è questo una pennellata di spirito? Caro Enrico non sempre ci siamo capiti, ma sempre ci siamo abbracciati e il tuo sorriso annegava il mio. Ci eravamo detti non troppi giorni fa, davanti al tuo ufficio di lavoro, che dovevamo pranzare insieme… non abbiamo fatto in tempo. Ma non dovrai aspettare troppo. Con tanto affetto, insieme ai tuoi tanti amici e amiche, che ho incontrato accanto a te il 31 di dicembre.

Don Gianni Carparelli

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