di ANNA MARIA STEFANINI –
VITERBO – Mancano pochi giorni a Natale. Una festività che si vive in famiglia, circondati dal calore e l’affetto dei propri cari. A pochi giorni dalla nascita di Gesù, mentre le luminarie ci ricordano la ricorrenza, al Duomo, i viterbesi, come una famiglia, oggi, 20 dicembre, hanno voluto stringersi alla moglie, ai figli, ai nipoti di un uomo grande, ma umile, garbato, signorile e rispettoso nei modi, “che era solito trattare allo stesso modo le persone in giacca e cravatta che quelle che indossavano la tuta da operaio”, un uomo d’altri tempi, rigido nell’educazione dei figli, nei valori, nell’impegno sociale, politico e civile, ma capace di slanci di generosità, d’amore, di fede nei confronti del prossimo.
Un uomo che ha saputo amare la nostra città, rendendola più bella e funzionale, la sua campagna, la sua storia, i suoi palazzi ẹ i suoi abitanti.
È stato un amore reciproco.
Ex sindaco di Viterbo, imprenditore agricolo e figura di spicco della Democrazia cristiana, Ascenzi si è spento ieri a 84 anni, nella sua casa di campagna, circondato dall’affetto dei suoi cari.
Presenti alla cerimonia, fra gli altri, la sindaca Chiara Frontini, parte dell’amministrazione comunale, la vice presidente del Parlamento europeo Antonella Sberna, il Comandante della Polizia locale Mauro Vinciotti, il presidente del Sodalizio dei Facchini di Santa Rosa Massimo Mecarini, e poi tanti amici, facchini, conoscenti, in una cattedrale completamente gremita.
Don Massimiliano nell’omelia ha ricordato:
“Salutiamo Silvio a pochi giorni dal Natale. Gesù, come è entrato nella carne e nella vita, è entrato nella morte. Gesù la morte l’ha attraversata e ci ha trascinato con sè in Alto, nella potenza della Resurrezione. La fede in Cristo ha animato la vita di Silvio, il suo impegno politico e sociale che ha svolto con competenza e signorilità.
Sia che viviamo che moriamo, noi siamo del Signore. Domenica scorsa Silvio ha voluto confessarsi. Ciò per chi crede è serenità. Sapersi di qualcuno è importante e sapere di appartenere a Dio dà senso al vivere e al morire.” Poi il sacerdote ha aggiunto:”Al momento della morte conterà chi sei e il bene che hai seminato. Silvio ha avuto un grande cuore, attento, generoso in cui c’è stato spazio per gli altri. La città di Viterbo gli è grata. È lui che accolse papa Giovanni Paolo II, divenuto poi Santo. È lui che si è sempre distinto per il suo impegno sociale. Alla fine della vita ognuno di noi sarà ricordato per l’amore che ha dato. Raffaele, tu nella tua Macchina hai saputo rappresentare questo amore.
Silvio era una persona grande e semplice. Ha saputo amare il suo territorio e la famiglia di Viterbo. Nicoletta lo ha accolto in Cielo.”
Commovente e intenso l’ultimo messaggio che la famiglia ha voluto dare all’amato Silvio.
Il figlio Gugliemo ha letto questo messaggio:
“È stato bellissimo essere inondati dalle parole di affetto che tutti voi avete voluto pronunciare per papà, sia con comunicati ufficiali molto toccanti sia con messaggi sia
con parole sussurrate all’ orecchio. Papà ne sarebbe stato orgoglioso, così come ne siamo orgogliosi noi. Dicevamo con Gabriella ieri che questo amore che ha ricevuto era reciproco perché lui ha profondamente amato la nostra città, la sua campagna, la sua storia, i suoi palazzi e i suoi abitanti. Ti affidiamo a Santa Rosa di cui sei stato orgoglioso percorrendo le sue vie facchino, Così come poi orgoglioso padre di Raffaele nel Suo rapporto diretto con la nostra Santa.
Caro papà, siamo nel Duomo che negli ultimi anni ci ha visto essere abbracciati da tantissime persone sia per l’ultimo straziante saluto a Nicoletta, sia per il matrimonio bellissimo di Angelica, la prima dei dieci nipoti tuoi e di mamma. I nipoti con i quali era molto bello, e anche stupefacente per noi, vederti sciogliere in affettuosità di cui con noi invece eri stato molto parco.
Caro papà, a noi hai voluto trasmettere l’educazione con poche parole, ma soprattutto con l’esempio dei valori che ti hanno incarnato da sempre e che ti hanno meritato la stima e l’ affetto di tutti i viterbesi e di tutte le persone con cui hai collaborato in questi anni.
La tua fede era profonda, in adesione totale a Dio e nel servizio alla comunità ecclesiale. Una fede matura, profonda nei ragionamenti, solida come un muro di peperino. Il rigore morale e la rettitudine che sempre ci hai mostrato come paradigma del tuo vivere nella società e nella posizione in cui, assieme ai tuoi amatissimi fratelli, sei stato chiamato a trovarti dalla nonna, dal nonno che hai conosciuto così poco, dai tuoi avi e dalla tua capacità di sentirti naturalmente un faro della comunità.
Il senso di responsabilità da dimostrare sempre, in ogni comportamento, nei confronti di tutti, senza distinzione, sia nell’amministrazione della cosa pubblica sia in quella privata, e nei rapporti con gli altri, senza mai fare alcuna distinzione tra chi aveva la giacca e cravatta e chi la tuta da operaio, rispettando profondamente e con sincerità sia gli uni che gli altri; questo ti ha fatto amare e a noi ha insegnato tanto.
Educazione fatta di esempi, dicevo, educazione a volte anche molto dura, perché da te pretendevi moltissimo, non eri indulgente e quella posizione nella società che avevi ricevuto era fonte di una doppia responsabi ità nei confronti di Dio, nei confronti della somunità e della famiglia. Questo senso di responsabilità, l’approccio rigoroso e di rispetto di quello che rappresentavi lo hai trasmesso a noi familiari con gli esempi. Esempi che a volte sono stati molto duri da ricevere ẹ da accettare, a volte hanno determinato qualche discussione, poi risolta: con il tempo noi arriveremo a riconoscere
la profondità del loro significato a saper apprezzare anche gli errori che, come tutti, puoi umanamente aver compiuto e a farne tesoro. Dicevi spesso che”qualcuno le decisioni le deve pur prendere”, quel qualcuno molto spesso eri tu…hai avuto spesso visioni che si sono dimostrate illuminanti, anche solitarie nelle scelte ma poi condivise nei risultati. Papà, non ricordo che mi abbia mai comprato un regalo e così ai miei fratelli. Anni fa, però, ho incontrato una ragazza che mi ha raccontato di essere cresciuta in una casa famiglia e mi ha detto che lui era solito arrivare con buste piene di regali. A noi ovviamente non lo avevi mai detto. E questo io credo che, anche al di là dell’esempio concreto, spieghi molto del suo essere.
Ora, Papà, tutti noi familiari, e dico della nostra grande e bellissima famiglia fatta di mamma, di fratelli, di nuore e generi, di cognati, di nipoti, di zii, di cugini ma anche di tutti coloro che hanno collaborato con te, siamo chiamati a dare prova di aver raccolto la tua eredità morale, la tua etica ma anche il rispetto del ruolo che ognuno di noi ha nelle proprie comunità. Sara difficilissimo ma confido che tu, da bravo agricoltore, hai seminato in ognuno di noi, hai nutrito la giovane pianta e hai anche estirpato qualche erba cattiva che poteva metterla in pericolo. Sta a noi tutti, e dico tutti coloro in cui hai seminato un seme fecondo, far crescere una pianta dalle radici profonde, quelle radici che sanno resistere alla morte e che nutrono piante che crescono vigorose, facendo onore alla natura e a Dio”.
In un’epoca segnata da tumultuose trasformazioni e da sfide dettate dalle innovazioni, la figura di un grande uomo, la cui dedizione alla collettività ha tracciato un solco nel tessuto della nostra società viterbese, con un animo nobile e una ferrea determinazione, che ha saputo coniugare la visione lungimirante con un’inaspettata empatia verso i più bisognosi, diventando così un faro di speranza e di ispirazione, non può non essere un esempio per ognuno di noi.
La sua carriera è stata contrassegnata da scelte audaci, frutto di un’abilissima alchimia tra saggezza, sensibilità e coraggio. Ogni intervento è stato concepito con l’unico obiettivo di elevare il benessere collettivo, mettendo al centro del suo operato il bene comune. Egli ha compreso, come pochi, che la vera grandezza di un leader non risiede in meriti individuali, ma nella capacità di elevare la voce della collettività, di ascoltare le istanze dei cittadini, di orientare le politiche verso un futuro di giustizia e equità.
Le sue parole, cariche di ardore e di impegno sociale, hanno ispirato generazioni, mentre le sue azioni sono state la testimonianza concreta di un ideale di governabilità che non teme il conflitto, ma anzi, lo abbraccia come momento di crescita e di confronto. Non ha mai esitato a raccogliere le sfide, affrontando con tenacia e risolutezza le avversità, sempre pronto a costruire ponti e non muri, a promuovere il dialogo e la comprensione reciproca. “Tutte de ‘n sentimento”, come il motto viterbese che ben conosciamo, che egli ha fatto suo.
Oggi, nel porgergli un omaggio sincero, possiamo solo auspicare che il suo esempio continui a illuminare le menti e i cuori di chi, a vario titolo, aspira a una governance consapevole, generosa e giusta. E mentre lo ricordiamo, ci lasciamo ispirare dalla sua eredità, invitando ciascuno di noi a farsi custode dei valori di solidarietà e responsabilità che egli ha instillato nella coscienza collettiva. Che il suo nome rimanga inciso nell’animo di una società grata, sempre pronta a perseguire il cammino dell’umanità e della giustizia. E mentre la gloriosa Macchina di Santa Rosa Dies Natalis – ideata dal figlio Raffaele- percorrerà le buie vie della nostra città, noi continueremo a ringraziare Silvio Ascenzi che altre Macchine ha portato sulle spalle, per il suo amore per la tradizione, per l’impegno civile e sociale e per ciò che ha dato alla sua famiglia e ai viterbesi.