Netto calo dei fatturati per le piccole e medie imprese della provincia di Viterbo: l’indagine di Federlazio

VITERBO – Le cifre sono perentorie: nel primo semestre del 2020, il 77,3% delle piccole e medie imprese della provincia di Viterbo ha subito un netto calo dei livelli produttivi, degli ordinativi e del fatturato; nel contempo, l’89% delle aziende ha fatto ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni, che nel 76% dei casi ha riguardato oltre la metà degli addetti.
Anche le previsioni per l’immediato futuro delineano un quadro di forte difficoltà e scarsa fiducia diffusa tra gli operatori.
E’ questo il verdetto dell’indagine della Federlazio sulle conseguenze del Covid-19 sul sistema delle PMI regionali, realizzata su un campione di 450 imprese associate, di cui 50 della Tuscia.
Di fronte alla situazione di crisi sanitaria ed economica in atto, l’Associazione della Piccola e Media Impresa ha, infatti, ritenuto opportuno modificare l’assetto e le caratteristiche della tradizionale indagine congiunturale.
La ricerca ha focalizzato l’attenzione sui più significativi indicatori dei risultati aziendali conseguiti nel periodo gennaio-giugno di quest’anno, consentendo, così, una visione particolareggiata delle profonde criticità vissute dal sistema produttivo locale, alle prese con l’esplosione della pandemia e sulle misure messe in atto per fronteggiarla.
Di segno marcatamente negativo i giudizi espressi dagli intervistati circa la produzione del primo semestre 2020, calata in quasi otto aziende su dieci (77,6%).
Per il 18,2% delle aziende il calo dei livelli produttivi ha superato il 50%; accanto ad un 18,3% secondo cui si è attestato tra il 30% ed il 50%.

Giuseppe Crea, direttore di Federlazio

E’ del 36,3% il novero di coloro che hanno subito perdite comprese tra il10% ed il 30%.
Mentre per il 4,5% la contrazione è risultata contenuta entro il 10%.
In controtendenza il 18,2 delle risposte, che mettono in evidenza situazioni di stabilità ed il 4,2% che ha registrato invece una crescita.
La perdita della velocità dell’attività produttiva è imputabile alla brusca frenata degli ordinativi, sia interni che esteri,
Per il 18,2% del campione intervistato la contrazione della domanda è stata di oltre il 50%.
Dato che risulta del 13,6% per le aziende con un calo degli ordini tra il 30% ed il 50% e sale al 36,4% per coloro che hanno evidenziato perdite comprese tra il 10% ed il 30%.
Nessuna variazione del portafoglio ordini, invece, per il 13,6% di intervistati.
Da rilevare, un 4,5% che ha registrato una crescita tra il 10% ed il 30%; ed un altro 4,5% con aumenti tra il 30% ed il 50%.
Dinamica negativa anche per i livelli di fatturato nel primo semestre di quest’anno.
Tra le piccole e medie imprese con problemi di riduzione, si evidenziano il 14% con perdite oltre il 50%; accanto ad un 25% con una contrazione compresa tra il 30% ed il 50% ed un 32,1% di risposte con risultati negativi tra il 10% ed il 30%.
Il 14,3% degli intervistati ha dichiarato di non avere subito variazioni ed un 3,6% evidenzia una crescita tra il 30% ed il 50%.
Nel questionario proposto al campione di aziende coinvolte dell’indagine era contenuta anche la domanda circa l’utilizzo della Cassa Integrazione Guadagni, per fronteggiare le conseguenze occupazionali determinate dall’emergenza epidemiologica.
L’89% delle risposte affermative da parte delle aziende intervistate ne evidenzia il r massiccio ricorso alla Cig con la causale Covid-19.
Una più dettagliata lettura di questo dato evidenzia che nel 76% dei casi ha riguardato oltre il 50% degli addetti; per il 12% delle aziende ha coinvolto fino alla metà dei dipendenti e per un altro 12% è risultata per un numero di lavoratori al di sotto del 20% dell’organico.
Infine, le imprese che reputano “inadeguati” i tempi di erogazione dei trattamenti economici della Cassa Integrazione sono risultate prevalenti (il 66,7%), rispetto al 33,3% di giudizi positivi.

Calisti

Per quanto riguarda le misure organizzative e logistiche adottate per limitare i danni ed assicurare le attività aziendali, è emerso che solo il 10,7% ha introdotto soluzioni di smart working; il 17,9% è ricorso ad una combinazione di lavoro a distanza, ferie e permessi retribuiti; mentre il 42,9% degli intervistati ha mantenuto gli stessi livelli di presenza in azienda, rafforzando i dispositivi di sicurezza e protezione per i propri addetti.
I risultati dell’indagine della Federlazio che la totalità delle piccole e medie imprese della Tuscia ha adottato una serie di iniziative specifiche per mettere in sicurezza l’attività aziendale: dotazione di dispositivi di protezione individuale (100%); sanificazione degli ambienti (89,7%); organizzazione degli spazi per garantire il distanziamento sociale (69%).
Quanto ai costi sostenuti per la messa in sicurezza dei luoghi di lavoro, il 36,7% delle imprese ha dichiarato che questi hanno inciso tra il 5% ed il 10% delle spese correnti; per il 17,9% l’incidenza è risultata compresa tra il 2% e il 10%; per il 39,3% degli intervistati è stata inferiore al 2%:
Riguardo all’accesso alle misure finanziarie di sostegno adottate dal Governo, più della metà degli operatori intervistati (65,5%) ne ha fatto richiesta. Tra questi il 47,4% ha dichiarato difficoltà nei tempi di risposta delle banche, ed il 21,1% nella fase istruttoria.
Di fronte a questo scenario grigio, per certi versi nero, in cui si vede immerso il mondo delle piccole e medie imprese, quali sono le aspettative future?
Il 50% degli intervistati prevede ancora una riduzione della produzione; il 47,7% delle imprese stima un calo degli ordinativi e il 55,1% una perdita di fatturato.
Sul futuro della propria azienda, per il 27.6% delle risposte è molto concreto il rischio di sospendere o addirittura cessare l’attività; mentre per 13,8% ci sarà una contrazione lavorativa significativa che comporterà conseguenze inevitabili sull’occupazione. Il 44,8%, infine, propende per una visione meno pessimistica, per cui ci saranno ancora mesi di sofferenza, ma poi si riuscirà a mantenere la stessa capacità produttiva e lo stesso numero di addetti.
Quanto tempo occorrerà per il ritorno alla normalità della propria azienda?
Le risposte – ovviamente precedenti alla seconda ondata della pandemia – propendono per la grande maggioranza (65,5%) su un arco temporale tra i 6 mesi ed un anno; per il 27,6% di almeno due anni.
Alla domanda, infine, su quanto tempo occorrerà invece per la ripresa dell’Italia, il 62,1% degli intervistati prevede almeno due anni, mentre per il 31% saranno sufficienti dodici mesi. Questi dati vengono così commentati dal presidente Gianni Calisti: “I fattori considerati dall’indagine della Federlazio sulle conseguenze del Coronavirus, e cioè tutti i principali indicatori dell’attività aziendale, sono risultati tutti in pesante contrazione, confermando che l’emergenza epidemiologica, oltre ad avere un fortissimo impatto a livello sanitario, ha avuto e continua a comportare drammatiche conseguenze sul nostro tessuto produttivo, incentrato sulla Piccola e Media Impresa. La situazione è precipitata in pochi giorni, dopo che il mondo delle PMI si era da poco messo alle spalle la peggiore crisi economica di sempre, esplosa nel 2008, che aveva lasciato sul campo un cospicuo novero di aziende e posti di lavoro. E ciò ha riavviato l’emergenza del ricorso irrefrenabile agli ammortizzatori sociali, dopo che lo stesso si era praticamente azzerato da almeno un triennio.

Una situazione di estrema preoccupazione, specie nei mesi di marzo e aprile, anche per l’incertezza sui tempi dell’emergenza e sul come e quando poter ripartire, ed il rischio per le aziende votate all’export, che la concorrenza estera potesse carpire quote di mercato.

Poi l’impegno per l’avvio della “Fase 2”, dopo il lockdown, con la complessità delle misure da adottare per la ripartenza dell’attività lavorativa: pulizia, sanificazione, dispositivi di protezione, distanze sociali.

Accanto a tutto questo abbiamo registrato tutte le ulteriori difficoltà per l’accesso alle misure finanziarie di sostegno, previste dai vari interventi governativi.

Strumenti finanziari indispensabili per garantire liquidità, per contenere gli effetti del calo del fatturato, tant’è che più della metà degli operatori ne ha fatto richiesta, ma dovendo scontrandosi con numerosi ostacoli nella presentazione delle domande e nei tempi di risposta degli istituti di credito, rivelatisi troppo lunghi. Resistere e mantenere i nervi saldi: è stato questo l’imperativo che ha accomunato i nostri piccoli e medi imprenditori. La maggioranza – come ha evidenziato l’indagine della Federlazio – è convinta che, nonostante tutto, si possa tornare alla normalità ed hanno ricominciato subito a lavorare con caparbietà. Anche le Associazioni imprenditoriali devono fare la loro parte.

La Federlazio già durante il lockdown si è attrezzata da subito per offrire quotidianamente supporto concreto alle aziende: un impegno grande che ha permesso alle nostre PMI di ricevere supporto immediato, ma anche la possibilità di non sentirsi sole, rafforzando ancora di più la nostra struttura per non farci trovare impreparati su possibili nuovi scenari di chiusure generalizzate e consentire quindi agli imprenditori di contare sempre su una guida per non perdere la giusta direzione.

Ma siamo di fronte ad una sfida troppo grande, che non può essere affrontata solo con l’impegno e la volontà del mondo produttivo. La prospettiva di una terza ondata ci spaventa.

Se le criticità riscontrate nel sistema dei trasporti pubblici dovessero perpetuarsi alla riapertura delle scuole; se continuasse a mancare la volontà politica di coinvolgere gli operatori del servizio privato, tutti i sacrifici, compresi quelli imposti dall’ultimo DPCM, risulterebbero vani.

Noi abbiamo fatto la nostra parte ed ora auspichiamo che le istituzioni  facciano altrettanto.

Parliamo di quelle politiche e finanziarie dell’Unione Europea, senza le quali sarà difficile che l’Italia possa risollevarsi; ma anche del nostro Governo che deve dotare il Paese di una vera politica industriale, per programmare il percorso da qui ai prossimi anni”.

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