L’organizzazione di produttori è tornata dall’esperienza in Cile con il team di ricerca sul miglioramento varietale. “Nella Tuscia e in Italia la coltivazione della nocciola ha bisogno di un approccio più innovativo, in quanto i sistemi classici iniziano a mostrare i loro limiti e rischiano di non essere più competitivi. Dal viaggio studio in Cile, paese dove le esperienze di ricerca italiane trovano la massima applicazione, abbiamo ricavato spunti di grande interesse per migliorare la corilicoltura nei nostri territori. Abbiamo il know how per farlo bene”. Così Gianluca Santinelli, agronomo e tra i fondatori di C.P.N. – Cooperativa Produttori Nocciole (realtà di 180 soci con sede a Ronciglione che produce oltre 50.000 quintali di nocciole all’anno in quasi 2.000 ettari coltivati), commenta il recente viaggio in Cile nell’ambito del progetto di ricerca internazionale di miglioramento varietale del nocciolo, che lo scorso anno aveva già portato il gruppo di produttori negli Stati Uniti, in Oregon.
Il programma è promosso da Italia Ortofrutta, sostenuto da sette organizzazioni di produttori (O.P.) tra cui C.P.N. e guidato dalla direzione scientifica della professoressa Daniela Farinelli dell’Università degli Studi di Perugia, con lo scopo ricercare e testare, nei diversi areali di produzione nazionale, le varietà di nocciolo che rispondono meglio ai cambiamenti climatici e con la miglior capacità di adattamento nelle varie zone di produzione.
In Cile il team ha visitato numerose aziende, tra cui alcune ad elevato livello di specializzazione, lo stabilimento di Ferrero e il centro di ricerca INIA – Instituto de Investigaciones Agropecuarias di Carillanca, vicino alla città di Temuco, con l’obiettivo di osservare le nuove varietà di nocciolo già coltivate da vari agricoltori cileni e per valutare quali di queste abbiano le migliori caratteristiche per essere piantate nel campo prova in Italia, con una durata di sette anni di test.
“Già un anno fa nelle aziende e nei centri sperimentali visitati in Oregon – prosegue Santinelli – ci eravamo fatti un’idea di quelle che sarebbero state le nocciole più adatte e oggi in Cile abbiamo avuto modo di valutare le varietà americane, che, essendo di recente introduzione, sono ancora poco presenti rispetto a quelle più coltivate, cioè la Tonda di Giffoni e la Barcellona. In ogni caso l’osservazione delle varietà che ci interessavano ha fornito indicazioni significative”. In particolare, la nocciola Yamhill è quella che ha mostrato le caratteristiche più idonee per quanto riguarda produzione e adattabilità, nonostante un piccolo calibro che potrebbe costituire un fattore limitante, mentre altre varietà americane sono al momento le più indicate per essere testate in Italia. Inoltre, la trasferta ha mostrato quanto in Cile l’applicazione della innovazione “made in Italy” sia spinta al massimo, con risultati eccezionali.
“Abbiamo visitato noccioleti in grado di produrre anche 5 tonnellate a ettaro – aggiunge – con sesti di impianto, sistemi di irrigazione e potatura molto efficienti, con l’adozione di tecniche di fertilizzazione molto efficaci. Sono aspetti su cui in Italia dobbiamo ancora compiere passi in avanti. Ad esempio, riguardo alla potatura, una delle nostre criticità è aumentare la luce all’interno della pianta e dei noccioleti per incrementarne la produzione, mentre una potatura inadeguata crea più zone d’ombra meno produttive. Aggiungendo gli effetti del cambiamento climatico, negli ultimi anni siamo scesi dalle precedenti 3,5 tonnellate a ettaro a poco più di 1, valori non più competitivi sul mercato”.
In conclusione, oltre all’importanza degli scambi di conoscenze ed esperienze tra Italia e Cile, C.P.N. evidenzia l’urgenza di implementare tecnologie innovative nei noccioleti italiani e viterbesi in particolare, iniziando anche a valutare l’espianto dei noccioleti obsoleti per sostituirli con nuovi, forniti di sistemi al passo con i tempi e pronti, tra alcuni anni, ad accogliere le nuove varietà selezionate dal progetto di miglioramento varietale. “Nei coltivatori cileni – conclude Santinelli – abbiamo notato un maggiore adattabilità al cambiamento rispetto all’Italia, dove invece si è molto restii a prendere decisioni importanti, anche quando la coltivazione non è più produttiva. Bisogna trovare il coraggio di staccarsi dai vecchi sistemi, se questi sono ormai superati. Con C.P.N. abbiamo scelto di investire in ricerca e sviluppo, promuovendo un approccio nuovo e sostenibile al mondo della corilicoltura”.
“Dopo la visita in Oregon nel 2024 – è la chiosa di Settimio Discendenti, presidente C.P.N. – anche questa in Cile è stata per noi un’opportunità estremamente interessante e proficua, nel quadro di un prestigioso progetto internazionale di ricerca di cui siamo fieri di far parte. Siamo venuti a contatto con una quantità di informazioni che ci saranno senza dubbio di grande utilità, sia per incentivare che per tutelare le produzioni del nostro territorio. Come O.P. vogliamo essere protagonisti diretti di queste attività sperimentali, i cui risvolti possono condurre a soluzioni efficaci e sostenibili per rimanere competitivi sul mercato ed essere pronti ad anticipare le insidie del clima”.