Non sparate sul dottore!

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: “Sono circa le dieci di un martedì mattina qualsiasi, quando entro nel Pronto Soccorso di Belcolle, mandato dal Primo Soccorso di Montefiascone, e accompagno mia madre ottantottenne; una molto cortese ragazza ci accoglie, spinge un bottone, e la grande porta scorrevole di vetro satinato e fa entrare mia madre all’interno del reparto: codice verde,non grave, ma comunque meglio darci un’occhiata.
La sala d’aspetto per i parenti e gli amici, nuova di zecca, è gremita di persone; c’è chi piange, chi ha il volto teso, chi (come me) è semplicemente rassegnato ad una lunghissima attesa per il proprio familiare.
Sulle pareti della sala campeggiano due grandi tabelle che parlano di un “facilitatore di percorso” e di una app da scaricare sullo smartphone per monitorare in che fase sia la visita del nostro caro:
“Non funziona, lasci perdere C’e solo il cartello, mi ha detto la ragazza all’accettazione!” mi
ammonisce una signora.
Non scarico la app… e aspetto. Siamo a tre ore; tra i presenti si è instaurato un clima da compagni di crociera; tra un viaggio e l’altro alla torre dove si può ricaricare gratis lo smartphone, ci si scambia opinioni, si parla dei malanni che affliggono i nostri cari, ci si conforta a vicenda… ma soprattutto si parla male della sanità italiana e del lunghissimo tempo di attesa che intercorre tra l’entrata al Pronto Soccorso e le prime notizie circa la situazione del nostro caro.
Sono verso le sette di sera, quando un’altra cortese ragazza mi chiama e mi fa entrare per parlare
con i medici: entro, e attraverso un reparto colmo di barelle, separate da tendine mobili. Tante
barelle, ma pochissimi infermieri: “Saranno una decina, forse di meno” penso. Corrono
incessantemente da un letto all’altro, tutti giovanissimi, il viso concentrato ma non teso; e spesso
accarezzano sorridendo il paziente per confortarlo.
Il medico, anche lui giovanissimo, mi spiega la situazione, e mi dice che è tutto ok, ma, purtroppo
quando ha cercato l’otorino per fargli vedere mia madre, lui era andato già via, e che ci vorrà
un’altra oretta per dimettere mia madre, perché è arrivata un’altra paziente in codice rosso; mi lascia e letteralmente corre a un’altro letto.
Sono circa le otto e mezza quando mi fanno entrare di nuovo; il medico sta compilando il foglio di
dimissione. Mi viene spontaneo chiedere al giovane dottore: “Giornata difficile, eh?”.
“Fossero tutte cosi! E’ dalle sei di questa mattina che sto qua dentro – replica lui con un bel sorriso
stanco – e guardi…”
Mi mostra tre fogli A4 pieni zeppi di nomi. “Sono ventisei pazienti importanti che ho visitato, altri
più semplici non li ho neppure segnati, più il controllo dei referti al volo che non segno proprio…
Vogliamo dire che ho visto 35, 40 pazienti? E consideri che qua siamo in quattro medici a fare tutto!”
Rapidamente faccio un calcolo mentale: 40 per 4 sono 160 pazienti in 14 ore: fanno una media di 4
pazienti e mezzo ogni ora, 13 minuti a paziente. Adesso mi è chiara l’attesa lunga, la reticenza nel dare notizie ai parenti; semplicemente, non c’è tempo, sei impegnato a fare altro, stai salvando vite, curando al meglio un figlio o una madre o un amico, cercando di dare guarigione e conforto… il tutto in quattro medici e sei, forse otto infermieri… ma con un gran sorriso, anche se stanco.
Come ha potuto immaginare la Sanità Regionale di chiudere o depotenziare sette ospedali della
provincia e i loro Pronto Soccorso (tanto che a Montefiascone non avevano neppure la carta per
rilasciarmi il foglio di dimissione!), accentrando tutto a Belcolle, e poi far gestire la situazione a un
team di sole dieci, dodici persone?
A quei ragazzi che rimangono anonimi, che spesso subiscono aggressioni, che sempre vengono visti da chi aspetta come la causa del ritardo nel curare il proprio caro, va il mio ringraziamento
profondo. Lo dico da figlio, da padre, da Pastore di una chiesa cristiana evangelica che si adopera
verso chi si trova nel bisogno:vi sono, vi siamo debitori… anche se spesso non ce ne accorgiamo.
Per questo dico “non sparate sul dottore” e neppure sull’infermiere: le colpe della situazione
risiedono altrove.
Grazie!”.
Past. Marco Delle Monache

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE