Nucleare, il Ministero dell’Ambiente tenta la Tuscia: fondi a pioggia per chi ospiterà il deposito

di DIEGO GALLI-

VITERBO- Stamattina, oltre 70 persone, tra sindaci, rappresentanti delle istituzioni e delegati delle associazioni locali, si sono riuniti dal vivo (e in streaming) presso la sala consiliare della Provincia di Viterbo per ribadire il “No” al deposito scorie nucleari.
“Il materiale che produrremo oggi sarà fondamentale, per poi essere riutilizzato anche in altre situazioni”, ha dichiarato il presidente della Provincia Pietro Nocchi in apertura della conferenza. Un’affermazione dovuta, in quanto “nessuna decisione è stata ancora presa”, come poco dopo ricordato dal sottosegretario del Ministero dell’Ambiente Roberto Morassut, “ambasciatore” del governo all’assemblea.
L’appuntamento è servito, principalmente, per ricordare ancora una volta che il territorio è unito per il raggiungimento di un solo obiettivo: mostrare il proprio diniego alla possibile realizzazione di un deposito di scorie radioattive.
Come sottolineato da Giulio Marini, delegato all’ambiente, ma anche dall’assessore all’ambiente della Regione Lazio Massimiliano Valeriani: “La Tuscia è un territorio dove sono ubicati importanti siti turistici ed archeologici e dal grande valore ambientale”.
Per tali ragioni, ha ricordato Valeriani, tutta la provincia di Viterbo è considerata una “zona bianca”, ovvero non idonea a ospitare alcun tipo di impianto di stoccaggio di materiali potenzialmente nocivi per l’ambiente.
“Questa è una procedura che non potevamo più tenerci nei cassetti”, ha tuttavia sostenuto il sottosegretario Morassut. “Nel Lazio, a Roma e Latina, sorgono già due depositi di materiali radioattivi. Ora sono sicuri, ma bisogna pensare al futuro e da diversi anni le autorità nazionali, come Sogin, hanno lavorato a questa carta dei siti potenzialmente idonei per trovare delle soluzioni”.
Come ricordato da Morassut, l’Italia sta da molti anni pagando profumatamente Francia e Inghilterra per ospitare molti dei propri rifiuti radioattivi. Si parla di ben 1 miliardo di euro, cifra che con la realizzazione del deposito, sempre secondo il sottosegretario all’Ambiente, sarebbe risparmiata.
Morassut, ha inoltre ricordato che al comune che ospiterà il poco desiderato deposito sarà destinato un “compenso per il disturbo”, una cifra che ammonterebbe a diversi milioni di euro annui (si parla di almeno 15 milioni).
Per Morassut sarebbe proprio questo tornaconto economico, sommato al ragguardevole investimento per la realizzazione del deposito (circa 1 miliardo di euro), che potrebbe convincere qualche comune a farsi avanti spontaneamente.
I rappresentanti locali hanno tuttavia ribadito il loro disinteresse.
Dopo la geotermia, i rifiuti provenienti da Roma, le centrali elettriche e sempre più vasti campi di pannelli solari, la Tuscia non vuole sottrarre ulteriore terreno alle sue ricchezze.
“Il nostro è un territorio che si è sempre contraddistinto nei campi del turismo e della produzione agricola – ha sottolineato Giulio Marini – e anche per questo dobbiamo per forza dire di no al deposito”.
Il dibattito, tuttavia, proseguirà ancora a lungo e con molti step obbligati, tra i quali le consultazioni con tutti i 67 territori “potenzialmente idonei”.
Il deposito, come ricordato dalle carte della Sogin, dovrà essere realizzato entro il 2025 per evitare sanzioni da parte dell’Unione Europea.

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