VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “Per Silvio Ascenzi lettera aperta a un amico dell’ultima ora.
Don Gianni Carparelli. Carissimo Silvio, ci siamo incontrati pochi anni fa nella Chiesetta di Castel d’Asso, dove mi hanno chiesto di seguire quella piccola comunità che sta facendo tante cose interessanti e senza tanto rumore. Chiacchierate, condivisioni culturali, opinioni e consigli sulla situazione dei lavoratori nelle campagne (per i quali non sono riuscito a fare nulla perché si sentano più rispettati e non solo usati per lavori che i nostri non sanno più fare), poi quel tuo desiderio di incontrarci domenica 15 verso le 11:30 a casa tua e la lunga condivisione di idee che risultò poi essere l’ultima. Infatti giovedì 19 mentre viaggiavo per Trento, mi arriva la telefonata di tua moglie Maria Cristina per dirmi che avevi lasciato questi nostri confini per andare verso quelli di cui avevamo sfiorato i colori nella tua casa piena di libri, di quadri, di musica, di oggetti d’arte e di ricordi… Sono tornato di corsa per assistere alla celebrazione del saluto da parte di tantissimi che ti hanno conosciuto e apprezzato. Avrei voluto condividere alcune cose dell’ultima ora della tua esistenza, le più importanti perché ricche di storia e di fatica. Abbiamo bisogno di scendere nell’intimo delle persone e leggere i loro cammini senza fermarsi alle apparenze, siano esse belle o meno belle. Perché tutti, anche tu, assaggiamo la polvere della fragilità umana, ma c’è tanto di più nella nostra vita. Basta spolverare e andare a vedere meglio. Ci sono tre vocaboli che raccontano la tua storia: Politica, Cultura, Fede. Vocaboli che convivevano nella “parola” che sei ed eri tu. Eri un miscelato di saggezza politica, di sapere meditato, di attenzione al trascendente. Un personaggio di cui abbiamo avuto modo di parlare sintetizzava il tutto in “I CARE”. Quando nella narrativa biblica redatta nel libro della Genesi (vedi Gen. 2:15) leggiamo della creazione dell’uomo (=genere umano) il testo dice: “… lo pose nel giardino di Eden perché lo lavorasse e lo custodisse…”. Il verbo ebraico usato significa anche servire, curare, stare attenti, rispettare, perché è dono di Dio. Entrare nel tuo “regno=giardino di vita” e guardarsi intorno era come entrare nella tua vita di interessi culturali, di passione professionale, di servizio e di attenzione al senso della vita. Durante la cerimonia in Duomo mi sono fermato a contemplare la tua bara, semplice, sulla nuda terra, senza sfoggio e mi è venuto alla mente quello che San Paolo scrive nella lettera agli Ebrei e che è una delle letture per la IV Domenica di Avvento: “… Tu non hai voluto né sacrificio né offerta…. Un corpo invece mi hai preparato. Non hai gradito né olocausti, né sacrifici… Allora io ho detto: Ecco io vengo per fare o Dio la tua volontà…” (Ebrei 10: 5-10). “Corpo” è la vita che ho tra le mani e che debbo “vivere” servendo, donando, il vero culto gradito a Dio. Non quello delle cerimonie e delle suppellettili, che siano belli o no non servono a Dio. Il mondo non cambia per la bellezza dei templi e delle sue colonne, ma per la bellezza del “servire”, dell’ “avere cura… rispetto… attenzione…” come è stato letto da Don Dante nel Vangelo durante il saluto in Chiesa. Cosa resterà di te nel cuore e nella vita di tanti? Quello che sei riuscito a seminare di servizio e attenzione. Tu sei stato o hai cercato onestamente di essere la “parola vivente” del vocabolario di cui la nostra società ha bisogno. Aiutaci a PARLARE la VITA e non solo a chiacchierarla. Anche io, come te, vorrei poter sempre dire: I CARE. E non solo dirlo, ma viverlo.
Per Silvio Ascenzi lettera aperta a un amico dell’ultima ora di don Gianni Carparelli
Articoli correlati
-
Una Porta che parla (…mai successo, ma è vero)
-
Nell’ultimo saluto, tutto l’amore dei viterbesi per un uomo grande ma umile, che tanto ha fatto per la nostra città: Silvio Ascenzi
-
Scomparsa Silvio Ascenzi, cordoglio della Camera di Commercio di Rieti Viterbo
-
Scomparsa Silvio Ascenzi, il cordoglio di Luisa Ciambella