Presentato il libro “Benedetta sofferenza. Vita e virtù teologali di Donna M. Benedetta Frey“ di don Gianluca Scrimieri

VITERBO – Don Gianluca Scrimieri ha presentato il suo nuovo libro “Benedetta sofferenza. Vita e virtù teologali di Donna M. Benedetta Frey“, editore Della Rocca, alla presenza del vicario generale Don Luigi Fabbri e della direttrice dell’ufficio diocesano per la pastorale sanitaria Maria Paola Angelini, al Palazzo papale nella sala Alessandro IV a Viterbo, alle ore 16.00.

Il libro dell’autore, parroco di Canepina e assistente dell’Unitalsi viterbese, è la tesi di licenza in Teologia Pastorale Sanitaria del 2010 al “Camillianum” di Roma, con la presentazione del vescovo di Viterbo e la prefazione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della C.E.I.
Sono felice di offrire “Benedetta sofferenza”, era la tesi di licenza in Teologia Pastorale Sanitaria ottenuta il 27 ottobre 2010 a Roma all’Istituto “Camillianum”. Porto a conoscenza gli aspetti della vita di fede, speranza e carità vissuti della Venerabile. Quest’anno ricorrono 185 anni dalla nascita (6 marzo 1836) e 160 anni da quell’inizio della paralisi avvenuta il 10 novembre 1861. È benefattrice del mio sacerdozio, a lei devo molto… Per lei mi sono impegnato a farla conoscere su giornali e riviste, tante biografie regalate a molte persone e anche a personaggi conosciuti. Quello che le capita è un “imprevisto” che ha scatenato ad una giovane monaca rabbia e ribellione. Si è sentita ferita, frantumata, insieme ai suoi sogni, dis-orientata; in questo sentirsi spezzata, senza più le sue sicurezze, Cristo trasforma tutto questo in rivelazione cioè si manifesta, “Egli riempie di un fine ciò che per lei (o per noi) è solo la fine”. È stata capace di ri-connettersi con il Suo sposo Gesù e ha navigato dalla sua stanza con la fede, la speranza e la carità, con tutta se stessa. Non ha consultato oroscopi e maghi, si è lasciata guidare solo dalla fede/fiducia in Gesù Crocifisso che non le ha risparmiato dubbi e prove. La fede non è magia, non si compra, non è sforzo o prestazione. Accoglie tutto come “dono”; il rapporto con il Signore produce libertà, dignità e pace, vivrà dell’essenziale e ciò richiede un cammino di purificazione. Come scrive don Fabio Rosini: “la fede è un atto di fiducia e di abbandono in cui una persona smette di fare affidamento sulle proprie forze e sui propri pensieri per rimettersi alle parole e alla potenza di Colui in cui crede”. Seguire il Signore significa provare a mettere ordine dentro di sé, la Frey ha saputo scegliere la direzione giusta guardando il Crocifisso entrando e vivendo nel mistero della Passione. La “Passione” di Cristo meditata sovente, è stata il suo nutrimento, “essere come Gesù è possibile soltanto se ci si mette alla scuola del Crocifisso e si impara da lui ogni Suo atteggiamento di umiltà, di pazienza, di vera rassegnazione e di autentico, fiducioso e filiale abbandono alla volontà del Padre”. Suor M. Benedetta con la sua vita e le sue scelte “provoca” tutti noi, questa società liquida, e lasciamoci “contagiare” dalla sua testimonianza esemplare. È sorprendente e incredibile questa lunga pazienza, questo lungo martirio. Come ha fatto? Tanti direbbero che una vita così non ha senso, è sprecata, non è utile e fa soffrire lei e coloro che le sono accanto…  Non ha usato un manuale o delle istruzioni per come poter vivere o tirare avanti, “credere che la vita possa essere addomesticata da una tecnica o da un manuale è una immensa menzogna, è una pericolosa illusione”. Ha dimostrato di non essere scesa da quella croce, è entrata per la “porta stretta”. Non è stata e non si è sentita una super donna, ha saputo camminare secondo la “grazia”: “Ti basta la mia grazia”, scrive San Paolo (2 Corinzi 12,9) e “Signore sia su di noi la tua grazia perché in te speriamo” (salmo 33,22). Ognuno di noi è originale, non siamo soldatini uniformi. “Rileggere l’esperienza vivente del Cristo sofferente significa consegnare anche agli uomini d’oggi una speranza capace di dare senso al tempo della malattia e della morte. Questa speranza è l’amore che resiste alla tentazione della disperazione”. In Suor M. Benedetta si può osservare la meravigliosa “opera di Dio” nella sua vita, Dio agisce in e attraverso lei per santificarla e santificarci, per umanizzarla, per volerla unita a Sé come sua sposa prediletta, per crescere in quella “pienezza” di vita, per essere “dono” per Dio e per gli altri pronunciando spessissimo: “Eccomi, sia fatta la tua Volontà! Per Amore e solo per Amore! Siamo fatti per essere amati ed amare e, nella croce di Gesù, sappiamo perfettamente il contenuto della parola amore”. Testimone della e nella sofferenza per Amore! La meta è identificare la volontà propria con quella di Dio, in un processo che San Bernardo ha descritto così: “come un ferro messo al fuoco e reso incandescente si spoglia della sua forma originaria per divenire del tutto simile al fuoco, come l’aria percorsa dalla luce del sole assume il fulgore della luce, così che non sembra solo illuminata ma sembra la luce stessa, così nei santi sarà necessario che ogni sentimento umano in una certa ineffabile maniera si dissolva a fondo nella volontà di Dio”. La Frey emana tanta luce, forza, tenerezza, amore e pace. Cogliamo questa luce, queste gocce di santità e di umanità rinnovata e purificata per vivere bene la nostra ferialità e l’ordinarietà dell’esistenza. Può essere di aiuto e di esempio per i nostri anziani e malati: quest’ultimi siano più valorizzati ad essere soggetti attivi nella chiesa e nella società. Avere fede in Gesù vuol dire avere speranza, la Frey si nutriva e trasmetteva speranza, “la speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa”. Mi auguro che possa presto essere dichiarata “beata”, invochiamo la sua intercessione e impegniamoci a far conoscere questa “perla preziosa” nelle parrocchie, nei gruppi e nelle associazioni. Ringrazio il vescovo Mons. Lino Fumagalli, che conosce molto bene questa figura, per la presentazione; il cardinale Bassetti per aver accettato di scrivere per me, non dimentico la gratitudine che ha avuto nei miei confronti per essere stato il prete confinante che dava una mano a Monteleone d’Orvieto. Per tutti coloro che hanno collaborato a questo progetto e per quanti lo incontreranno possa esserci il conforto e lo sprone a vivere fino in fondo quanto conosciuto e testimoniato.

 

 

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