Università Unimarconi

Presepe sì, presepe no

di FRANCESCO MATTIOLI-

VITERBO-  Non mi appassiona il dibattito – sta diventando annoso… – sul Presepe sì e il Presepe no a scuola. Perché è costituito troppo spesso di affermazioni perentorie, dell’uno o dell’altro tenore, che sprizzano ideologia senza nessuna reale cognizione dei concetti di libertà, di laicità, di religione, di festa e soprattutto di identità culturale.

A rigore, la gente la sera della “vigilia” si ritrova in famiglia a festeggiare il Natale, cosiddetto perché celebra la natività di Gesù Cristo. Qualcuno, se vuole proprio ispirarsi a credenze e riti religiosi ancestrali, può sostituire il Bambinello con il culto del Sole che in questi giorni sembra “rinascere”: ad esempio, i romani celebravano in in questo periodo il Sol Invictus, e qualcosa di simile avveniva anche tra i celti, che però si dedicavano soprattutto al culto dell’Albero, come esempio di vita, potenza e longevità…. D’altronde è probabile che per la Natività la data di dicembre sia stata stabilita dalla Chiesa Cattolica proprio per assicurarsi il prolungamento/sostituzione di un periodo festivo già diffuso nella cultura religiosa europea, perché è molto più realistico pensare che Gesù sia nato in primavera, quando si avviavano non solo le attività agricole e le guerre, ma anche i censimenti…

Il prevalere della cultura anglosassone e del consumismo ha sicuramente fatto vincere la partita all’ Albero di Natale, corredato di arrivo notturno di Babbo Natale, nei confronti del Presepe. E’ capitato anche per Halloween (altra festività di origine cristiana, legata alla notte che precede la Festa di Ognissanti….), sconosciuto ai più solo una trentina di anni fa. Ma, almeno in Europa e nelle Americhe, di qui a marginalizzare e privatizzare la festa del Presepe ce ne corre.

Dicevamo della libertà. Al di là dei comportamenti privati, un Ente Pubblico deve avere la libertà di non festeggiare un bel nulla o di divertirsi ad erigere solo un luccicante albero natalizio, così come deve essere libero di allestire un Presepe in piazza o a scuola, in un Paese come il nostro dove il Presepe è radicato nella tradizione culturale, soprattutto popolare. Del resto, non credo che un Presepe colpisca al cuore l’ateo, l’ebreo o il musulmano. Peraltro, a parti invertite, temo semmai che il Presepe farebbe una brutta fine… Ma appunto si parla di libertà, che è un dono della civiltà occidentale, forse la miglior cosa che l’Occidente si è inventato assieme alla faticosa ma progressiva emancipazione femminile, ignota (nel migliore dei casi) altrove.

Quanto alla laicità, riserverei questo concetto a quel processo che sottrae le leggi, le regole della convivenza e la cultura a qualsivoglia diktat istituzionale, che venga dallo Stato o da una Chiesa. Altrimenti dovremmo chiederci perfino quanto siano veramente laiche certe forme di intransigenza e di fanatismo del “politicamente corretto”: “Ci sono più chiese in cielo e in terra di quanto tu possa immaginare”, verrebbe da dire parafrasando Shakespeare…

Passiamo all’identità culturale. La cultura è un insieme di valori, regole, abitudini, comportamenti che si stratificano nel tempo in una società, garantendole una identità, cioè una specificità storica che la rende riconoscibile ai suoi membri. Senza identità culturale viene a mancare anche l’identità individuale, e sarebbe difficile preservare e rafforzare certi valori fondativi (gli imperativi kantiani, per esempio), far rispettare spontaneamente e consapevolmente certe regole di convivenza (alla Rousseau), godere del bagaglio di nozioni e tradizioni che una collettività accumula per crescere, anche quando desidera modificarle e migliorarle.

Il Presepe è certamente un patrimonio culturale del mondo occidentale e italiano in particolare. Nessuno dovrebbe imporlo, ma nessuno dovrebbe proibirlo o scoraggiarlo; anche perché quel Presepe, frutto sì della narrazione evangelica, ma anche della profonda esperienza umana di S. Francesco, offre un messaggio che definirei ecumenico: l’incoraggiamento a rinascere dentro di noi, con una sempre maggiore disponibilità al dialogo, al rispetto reciproco, alla pace.

Quindi, che dei genitori chiedano che il Presepe non sia fatto a scuola, che un Preside lo imponga per obbligo e un altro impedisca di farlo perché vulnerante per i non credenti, mi sembrano comunque atteggiamenti che poco o nulla hanno a che vedere con la nostra Costituzione, con l’identità culturale italiana, con la libertà, la laicità e tanto meno con il messaggio umano e pacifico che il Presepe vuole comunicare. Perché poi, di questo passo, qualcuno potrebbe anche obiettare sul taglio degli Alberi di Natale o sullo sfruttamento delle renne e sul lavoro in nero degli elfi di Babbo Natale… E allora, sì che sarebbero guai…

 

 

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