Quando è l’inconscio a guidare la mano. La vera storia del “galletto” tra dadaismo e surrealismo.

di ANGELO RUSSO-

VITERBO- Questa volta, facendo un’eccezione, voglio raccontare un episodio che ho vissuto in prima persona. Tanti anni fa, oltre venti, mi trovavo a parlare con una amica per motivi di lavoro. Una bella donna di grande classe e avvolta da un fascino misterioso. Ciò che colpiva maggiormente di lei, oltre all’armonia delle sue forme, erano i suoi occhi neri e profondi che ammaliavano. Nell’insieme un gran fascino, sulla quarantina d’età. Sedevamo uno di fronte all’altro divisi da una scrivania. Mentre mi parlava, pur ascoltandola attentamente, con un gesto naturale presi un foglio di carta e iniziai a fare degli scarabocchi con la matita sul foglio bianco. Un’ abitudine che agivo molte volte anche quando parlavo al telefono, e che rimanda al disegno automatico, non quello descritto dai medium, ma un automatismo più simile a quello surrealista, dove l’elaborazione, soppressa dal controllo cosciente consente alla mente inconscia di essere predominante. Nulla di nuovo, abbiamo l’esempio dai dadaisti del primo novecento come Hans Arp, che rifiutavano la ragione e la logica con una poetica alternativa all’arte classica, oppure i surrealisti Masson e Breton, e tanti altri.  Il comune denominatore sempre lo stesso “puro e semplice automatismo psichico”.

La mia mano andava spedita. Guardavo lei e anche quello strano disegno che al di fuori della mia consapevolezza stava prendendo corpo. Mi accorsi che anche lei, la mia amica durante questo colloquio sbirciava sul quel foglietto ormai quasi riempito di righe per lo più sinuose alternate anche da altre forme estremamente spigolose.  Poiché non era un monologo appena iniziai a parlare, con naturalezza, accartocciai quel foglio all’apparenza privo di senso per gettarlo nel cestino. “No! Ma cosa fai non gettarlo!!!”.  La mia interlocutrice mi bloccò. Rimasi fermo con una parvenza di sorriso più da ebete che ammiccante e chiesi: “perché?” “Aspetta fammi guardare bene, ma non vedi cosa hai disegnato? Sembra uno strano gallo allo stato embrionale” In effetti guardandolo bene dissi: “hai ragione ha davvero la parvenza di un gallo, ma appena abbozzato, stilizzato.”  “Sarei curiosa di vedere se perdendoci un po’ di tempo magari venisse fuori qualcosa di bello.” Fu come una sfida, stirai con le mani le sgualciture e un paio di giorni dopo era nato “Il galletto” che si vede nell’immagine, un misto tra la grafica e la pittura, rivisitato e rielaborato con un po’ di mestiere, ma sull’imprinting dell’originale. Mi resi conto che a guidare la mia mano era stata quella parte che sfugge alla consapevolezza, come una trance, molto vicina all’ipnosi o all’autoipnosi.  Davanti ad una bella donna inconsapevolmente era venuta fuori quella sorta di gallismo che caratterizza i maschi, una sorta di corteggiamento inconsapevole, senza secondi fini apparenti, ma bagaglio innato del genere umano maschile. Il Gallo d’altra parte nell’inconscio collettivo, a memoria Junghiana, tra gli altri significati è anche simbolo di virilità, potenza sessuale e forza. A questa spiegazione psicologica, tra me e la mia interlocutrice che aveva fatto la domanda diretta sul significato, scoppiò una fragorosa risata. Quel galletto lo ritengo tra i miei disegni meglio riusciti.

Nella foto “Il Galletto” di Angelo Russo

 

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE