Quasi un terzo della popolazione detenuta del Lazio è in attesa di giudizio

Secondo i dati di riepilogo relativi al 2021 diffusi dal ministero della Giustizia, la popolazione detenuta negli istituti di pena del Lazio è suddivisa in tre porzioni di dimensioni simili composte da persone:

in attesa di un giudizio definitivo, 30,9 per cento;
condannate a una pena inferiore a cinque anni, 33,5 per cento;
condannate a pene di cinque e più anni di reclusione, 35,5 per cento.
In confronto alla situazione nazionale, nella nostra regione risultano in misura percentualmente più elevata coloro che devono scontare una condanna della durata compresa tra due e cinque anni: sono il 26,8 per cento, a fronte del dato nazionale del 22,3 per cento.

Rispetto agli anni precedenti e, soprattutto, alla situazione pre-pandemica, non risulta mutata l’incidenza delle persone condannate a pene inferiori ai cinque anni che rimane costantemente attorno al 30-33 per cento. D’altro canto, è cresciuta la percentuale delle persone condannate a una pena superiore ai cinque anni, che è passata dal 29,2 per cento del 31 dicembre 2018 al 35,5 per cento di fine dicembre di quest’anno, e diminuita quella di chi si trova in attesa di giudizio (dal 37,6 per cento al 30,9 per cento).

Per quanto riguarda la situazione a in base alla durata della pena residua nella nostra regione, coloro che devono scontare un residuo di pena non superiore a due anni sono 1.579 e corrispondono al 28,5 per cento dell’intero insieme delle persone ristrette in carcere, si tratta della stessa percentuale registrata a fine 2018. La loro è diminuita soltanto nel corso della primavera del 2020 e cioè nel periodo più critico della pandemia, ma è poi tornata a crescere durante il corso di nuovo negli ultimi diciotto mesi.

Se si venissero a verificare le condizioni necessarie per un più lineare accesso a misure alternative alla detenzione, soprattutto per le persone condannate a pene di breve durata o con residuo inferiore ai due anni, si potrebbe incidere in maniera piuttosto efficace per ridurre in maniera significativa la situazione del sovraffollamento degli istituti di pena.

E’ interessante notare che, nel corso del 2021, è continuato a diminuire il numero degli ingressi in carcere dalla libertà: si tratta di un fenomeno sostanzialmente connesso alla situazione pandemica e alle limitazione dei movimenti e delle attività sociali della popolazione che ha inciso significativamente sulla diminuzione dei reati che si è verificata nel nostro e negli altri paesi europei. Tale dato assume anche un particolare significato se messo in relazione alle dinamiche connesse all’andamento della popolazione detenuta che si è ridotta anch’essa ma in misura molto meno accentuata. Infatti, se nel 2019 la proporzione degli ingressi in carcere nel corso dell’anno ha corrisposto all’86 per cento della popolazione detenuta a fine anno, nel 2021 tale percentuale si è ridotta al 59 per cento.

In sostanza, quindi, in questi ultimi due anni se da un lato si è ridotta la probabilità di nuovi ingressi in carcere, dall’altro è in qualche modo diventata meno frequente l’uscita dal circuito penitenziario per chi si è trovato in condizione di detenzione in carcere. Un’evidenza di questo fenomeno è testimoniata, tra le altre cose, dalle dinamiche del numero dei permessi premio che, tra il 2019 e il 2020, si è praticamente dimezzato e che, pur tornando a crescere nel 2021, è comunque ben al di sotto della situazione pre-pandemica.

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