Quel “buontempone” di Frate Annio da Viterbo

di ANGELO RUSSO-

Brano tratto dalla Cronaca viterbese di Frate Francesco D’Andrea scritta verso la metà del secolo XV ( cit. Andrea Scriattoli – Viterbo nei suoi monumenti Volume I).
“Io frate Francesco D’Andrea della città di Viterbo, scriverò alcuni ricordi antichi trovati in certi libri e memorie d’antiqui authori et de Viterbesi, dei quali farò mentione in breve parole delle novità di Viterbo, et d’altri locchi scripti del dieto paese di Viterbo et comenzeremo da Iafet uno dei figli di Noè, il quale partendosi dalli fratelli dalle montagne d’Armenia dove si posò l’archa del diluvio, e pigliando la via verso l’Europa nostra primamente arrivò in Inghilterra e li vi edificò Londra… ed altre città le quali poi mutorno soi nomi. Poi le gente di lui discesero e vennero stendendosi per lo paese intorno. Ultimamente arrivorno in Italia facendo città e castelli dove più li dilettava. Fra questi discendenti di Iafet venne un Barone chiamato Corinto con una sua chiamata Electra, moglie bella e saggia…
Tusco fratello di Corinto predicto, pigliò terreno verso Arezzo e fe’ una città e molti altari, perché lui fu prete e Re, secondo la legge dei Gentili…
Un altro barone, parente di Corinto , chiamato Italon con suo fratello chiamato Savio, capitando nel Patrimonio nel dicto paese di Viterbo… ferno due città l’una chiamata Sorena, presso al Bullicame di Viterbo e un’altra chiamata Civita muserna e altri palazzi e casamenti nel dicto paese…
Ora le dicte due città Sorena e Muserna moltiplicorno assai in popoli et in spacio de tempo guerreggiorno insieme in modo che che si disferno l’una e l’altra tra loro da li fondamenti.
In quel tempo capitò nel dicto paese un valente homo chiamato Hercule figlio di Anfitrione e di Almena di Greccia, dappoi ch’ebbe morto lo Re Girione di spagna, e vedendo il bel paese e le terre disfatte senza habitazione di gente, e tutto il paese desolato, per la pietà che li venne, edificò lì un bel castello de Hercule, e per lo amor che lui portava li donò per insegna e per arma il Leone; imperocchè lui sempre portava addosso uno corio di leone, per uno che ne uccise e per sua vigorià. “
Ebbene questa paternità biblio mitologica a cui Viterbo avrebbe dovuto ascrivere la sua esistenza e che tutti i cronisti del quattrocento avevano copiata dall’antichissimo Lancillotto, si accettò indiscussa fina quasi ai giorni nostri, in ispecie da quando un frate erudito, ma stranamente sognatore, l’Annio viterbese, volendo anche più nobilitarla, trascinò qui sulle umili rive dell’Arcione lo sesso Noè il quale, sotto il nome di Giano o di Enotrio, costituì in persona la famosa Tetrapoli con le note città , il cui nome dettero le quattro lettere cabalistiche incise nei settori di quel globo che per qualche secolo rotolò sotto le unghie del Leone nello stemma cittadino.
Questo brano spiega il significato delle quattro lettere nel Globo che fino a pochi anni fa, quando si è giunti a una più razionale narrazione da parte di studiosi, appariva sullo stemma.
La narrazione preistorica e mitologica resta comunque affascinante e da più parti troneggiano ancora le quattro lettere (FAVL) che fanno riferimento ai quattro colli su cui, secondo l’interpretazione di quel “buontempone” di frate Annio, sarebbe fondata la Città di Viterbo: Fanum, Arbanum, Vetulonia e Longula.
L’aggiunta della Palma al Leone risale al 1172 quando Viterbo, per la propria espansione militare, distrusse la Città di Ferento, e in segno di vittoria incluse nel proprio emblema la palma appunto che era il simbolo ferentano.

Lo stemma attuale della Città di Viterbo è costituito da uno scudo sannitico azzurro riportante una palma a cui è sovrapposto un leone passante verso sinistra (destra araldica) coronato d’oro. Il leone tiene con la zampa anteriore destra uno stendardo rosso con una croce d’argento in ogni quarto della quale vi sono quattro chiavi dello stesso smalto; l’asta dello stendardo, di colore verde, è sormontata da un’aquila bicipite d’oro. Lo stemma, fu approvato con decreto del 19 luglio 1929, ha la seguente blasonatura. (Cit. Wikipedia)

 

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