Quota cento. Turchetti (Uil Viterbo): “Più di mille le persone hanno scelto di uscire dal mondo del lavoro col meccanismo della pensione anticipata”

VITERBO – “Superano le mille unità le domande di adesione a quota cento nella nostra provincia. Nello specifico, gli ultimi dati in nostro possesso, ci dicono che con 1355 richieste il territorio della Tuscia si colloca al terzo posto tra le province laziali per numero di persone che hanno deciso di uscire dal mondo del lavoro scegliendo il meccanismo di pensione anticipata introdotto lo scorso anno dal Governo nazionale”. Lo fa sapere Giancarlo Turchetti, Segretario dell Uil di Viterbo.

“Escludendo Roma e il suo hinterland, che con le sue oltre diciottomila unità ha raggiunto Italia il numero più elevato di richieste – spiega Turchetti – dalla nostra elaborazione emerge che prima della provincia di Viterbo troviamo quelle di Frosinone e Latina, rispettivamente con 2689 e 2017 adesioni a quota cento. Fanalino di coda la provincia reatina, nella quale si sono registrate meno della metà delle domande (664) del nostro territorio’.

“Spulciando i dati delle altre province italiane – prosegue l’esponente Uil – per trovare numeri simili alla Tuscia dobbiamo arrivare a Mantova che conta 1250 domande, Arezzo che ne totalizza 1345 o Rimini il cui totale arriva 1204. Sono invece 228911 le domane per quota cento in tutto il Paese, quasi 164mila gli uomini, meno di 65mila le donne. In stragrande maggioranza sono lavoratori dipendenti (78189), molto meno gli artigiani (20653), pochissimi i coltivatori diretti e i mezzadri (4854)”.

“Sono numeri che confermano le criticità del provvedimento destinato a essere in vigore ancora per un anno – conclude Turchetti – La Uil ha fin dall’inizio non è stata contraria a quota cento, ma ha chiesto correttivi per migliorare questo provvedimento. Adesso però si dovrà ragionare col Governo su una flessibilità strutturale e di lungo periodo, più equa per tutti i lavoratori e le lavoratrici. Bisogna poi affrontare il tema delle pensioni dei giovani e delle loro difficoltà visti i buchi contributivi causati da un lavoro povero e precario. E poi c’è il tema che riguarda la previdenza al femminile, come il lavoro di cura delle donne e della maternità ai fini previdenziali”.

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