VITERBO- Riceviamo e pubblichiamo: “I trend sociali, economici e culturali in atto non aiutano. Il fenomeno è diffuso ovunque a prescindere dalla grandezza delle città, perché il centro storico così come è stato concepito è la negazione dei modelli comportamentali e di consumo della modernità del XXI secolo.
Ci si può opporre a questa tendenza? Solo in parte. Ma è necessario intervenire drasticamente e con una competenza che è non solo e non tanto urbanistica, quanto soprattutto socioantropologica, cioè attenta all’evoluzione dei comportamenti sociali e del costume di qui alla fine del secolo.
La rianimazione del centro storico significa:
A) presenza di “persone”: residenti; imprenditori del commercio, dell’artigianato e della ristorazione; frequentatori abituali; turisti
B) attività commerciali differenziate e diffuse
C) residenzialità
D) parcheggi per residenti e parcheggi di prossimità per i frequentatori a vario titolo
E) igiene e sicurezza
F) Attrattori di varia natura
Bisogna sfatare qualche luogo comune che sembra elaborato più che altro nei corridoi della tenzone politica, nel coro degli interessi di parte, nelle impressioni soggettive di taluni; nelle animate chiacchiere da bar. Rispettabilissimi luoghi comuni, ma proprio per questo imprecisi, inadeguati, parziali.
Innanzitutto, non si può lavorare per il presente, ma per il futuro, perché la società, i bisogni, le abitudini, il costume di concerto e spesso in dipendenza della tecnologia stanno cambiando con estrema rapidità (cfr. la cosiddetta Legge di Moore).
C’è chi afferma in modo quasi apodittico che per risollevare il centro storico occorre farvi tornare gli uffici pubblici. Errore. Negli uffici pubblici si recano sempre meno cittadini, perché si sta ormai ampiamente diffondendo la pratica dei rapporti online.
C’è chi afferma che occorre riportare i cinema nel centro storico. Considerato che anche i multisala danno segni di crisi di fronte al dilagare dell’home cinema (chiedere da Vitorchiano a Roma…), in prospettiva non è una soluzione particolarmente promettente.
C’è chi afferma che occorre incentivare la residenzialità. Vero in parte. Perché la maggior parte delle abitazioni del centro storico risalgono come minimo al XIX secolo, quindi hanno finestre strette, scale ripide, mancanza di spazio per ascensori, e penuria di garages. Senza contare i vincoli della Sovrintendenza (peraltro quasi indecifrabili, se autorizzano la distruzione di Castel Firenze e non si avvedono delle famose colonnine della Crocetta, per non parlare d’altro…). Tutti handicap rispetto alle nuove costruzioni di periferia, tecnologicamente avanzate, specie in termini di risparmio energetico, e di comodità impensabili appena cinquant’anni fa. Quanto meno sarebbe necessaria una politica molto sapiente e generosa di incentivazioni fiscali varie. Se si resta nella diffusa modestia abitativa attuale, c’è il rischio di creare sacche di povertà e di marginalità potenzialmente esplosive (sta già accadendo).
C’è chi afferma che occorre intervenire sull’offerta commerciale. Verissimo. Ma nel senso che occorrerebbe riprodurre le condizioni degli attuali centri commerciali: offerta variegata, parcheggi comodi (spesso coperti: avete visto cosa sta facendo Spazio Conad a riguardo?), innovazione (vediamo cosa succede con Schenardi) e, soprattutto, igiene h24 e controlli continui. Non sarebbe male pensare ad un Corso Italia (e forse anche via Roma) con copertura mobile e accesso da parcheggi dedicati, magari collegati da scale mobili sotterranee (vedi Spoleto). Inoltre, il centro storico dovrebbe ospitare attrattori vari: continue iniziative commerciali, culturali, artistiche, ludiche proprio come avviene nei centri commerciali. Benissimo anche la movida, se ben “governata”…
C’è chi afferma che occorre agire sui parcheggi. Vero; innanzitutto su quelli per i residenti, e poi per i visitatori a vario titolo del centro storico, con parcheggi prossimali, con collegamenti avveniristici e, al più, con navette che dalle 7 alle 24 circolino in continuazione (se a Viterbo devi aspettare un navetta per dieci minuti, vai in centro a piedi… e poi cosa aspettarsi se l’ultimo bus per le frazioni il sabato sera parte pria di cena?).
C’è chi afferma che il centro storico è pericoloso e abbandonato. Che ormai ci vivono per lo più i marginali e gli sfigati che, inevitabilmente, rischiano di inclinare alla devianza (cf. D. Matza, La costruzione sociale della devianza, 1963). Può essere vero, perché al di là delle abitazioni più signorili e fortunate, come abbiamo detto c’è una marea di case in condizioni non dignitose per vita di oggi. Quindi, come si diceva, interventi edilizi di qualità, incentivi, igiene dedicata, controlli serrati h24 e una nuova residenzialità ordinaria disposta a fare vera sorveglianza di vicinato.
Infine, il turismo. Se, come meriterebbe, Viterbo divenisse veramente una città turistica a360° (terme, archeologia, rinascimento, ambiente, folklore, cultura, enogastronomia, ecc.), il centro storico ne verrebbe ovviamente valorizzato in tutte le sue componenti. Intanto, nell’ estetica curata delle facciate, degli ornamenti floreali privati e del verde pubblico, nelle indicazioni e nei supporti al visitatore. Che ne pensa oggi dell’igiene, della coreografia, dell’ambiente del centro storico il turista che lasciata l’auto a Porta Faul attraversa l’incuria della Valle Faul, quella della galleria dell’ascensore e infine quella scena da città bombardata all’uscita verso Piazza S. Lorenzo? Il mantra tra i turisti è quello: “bella Viterbo, ma trascurata”.
Invece dovrebbe trattarsi di un turismo residenziale (grazie alle cure termali, alle escursioni in provincia, agli eventi cittadini, ai facili collegamenti automobilistici ) che innescherebbe la creazione di B&B, Hotel di varie dimensioni, anche di alto livello (quindi, per favore, l’edificio della ex Banca d’Italia non usiamolo per inutili uffici comunali, offriamolo piuttosto come spa di lusso ad uno Sheraton…).
C’è ancora una obiezione. C’è chi dice che pur valorizzando il centro del centro, due terzi dello spazio urbano storico resterebbe in disuso e abbandonato. La diffusione dei B&B, di studi professionali, di sale mostre, di magazzini di servizio potrebbe ovviare a questo rischio.
Qualcuno obietterà: e chi ci mette i soldi? In questo, dovrebbero rispondere i politici, che sono anche esperti nel trovare fondi per i loro progetti; molte delle proposte qui fatte non esigono grandi spese ma maturità amministrativa ed educazione civica. Si potrebbe cominciare a lì.
In ogni caso, niente palliativi, niente chiacchiere senza fondamento e niente tisane della nonna; la cura deve essere da cavallo. E senza affidarsi a medici improvvisati…”.
Francesco Mattioli
Già professore ordinario di Sociologia, di Comunicazione di massa e di Sociologia urbana nelle Facoltà di Sociologia, di Scienze Politiche e di Architettura dell’Università Sapienza di Roma.