Riaperture dei negozi nella Tuscia, De Simone: “Siamo contenti, ma c’è necessità di norme che siano veloci e facilmente applicabili”

di WANDA CHERUBINI –

VITERBO – Come è andato il primo giorno di riapertura degli esercizi commerciali dopo due mesi  e mezzo di lock down? Di gente in giro ieri a Viterbo ce ne era tanta, sia a fare la spesa, che presso le parrucchierie ed i centri estetici che nei negozi di elettrodomestici ed elettronica. Tutti con la mascherina anche se non tutti hanno rispettato le distanze di sicurezza di un metro. Forse per alcuni l’indossare la mascherina significa essere già tutelati, ma ricordiamo che non è così e che la prima cosa, invece, di cui ci dobbiamo preoccupare è proprio quella di mantenere le distanze.

Gli esercenti commerciali sono soddisfatti della riapertura e si attendono risposte sempre migliori da parte dell’utenza. Lo stesso segretario provinciale di Confartigianato di Viterbo, Andrea De Simone ci dice: “Da settimane ormai dico che cominciare a lavorare era il primo, fondamentale sussidio. Siamo contenti che finalmente ci sia stata questa possibilità. Forse un po’ tardiva  per l’emergenza che poi è stata del Coronavirus nelle nostre zone. Questa Italia divisa in parti uguali non ha rispecchiato in realtà quella che è stata la vera emergenza. Comunque, siamo contenti che tutti possano essere ripartiti, anche se qualcuno ancora no perché sta ultimando qualche operazione di sanificazione e qualche ristoratore, invece,  per scelta, ha deciso di fermarsi ancora un po’ perché non ritiene che gli standard messi a disposizione consentano una remuneratività del lavoro. In linea di massima è chiaro che gli imprenditori sono contenti – rimarca De Simone – C’è molto afflusso nel settore benessere per ovvi motivi, ma anche per le altre attività, come tutta la filiera dell’edilizia, dell’impiantistica, che erano ripartite già dal 4 maggio e così come anche le pasticcerie. E’ chiaro  che non ci possiamo dimenticare di quello che è successo negli ultimi due mesi e mezzo, quindi, se da un lato c’è la contentezza per la ripartenza, dall’altro c’è la preoccupazione  per quello che ancora non è successo, ovvero per i tanti decreti e norme che ancora non sono stati scaricati a terra. Da ultimo il decreto Rilancio che si doveva chiamare decreto aprile, che è stato annunciato la settimana scorsa con una bella diretta a ora di cena e che ancora oggi, martedì 19 maggio, ancora non è uscito e questo chiaramente preoccupa perché c’è una necessità di norme che siano veloci, facilmente applicabili e invece così non è. E’ stato annunciato un prolungamento dell’indennità di 600 euro, addirittura doveva arrivare in poche ore ed in poche ore neppure il decreto è arrivato. Purtroppo è un qualcosa che penalizza fortemente l’azienda perché si sta ancora pagando il malfunzionamento dell’eccessiva burocratizzazione dei decreti precedenti, come il decreto Liquidità di inizio aprile, dove anche lì c’era la famosa  potenza di fuoco, che doveva andare a tante aziende e, invece, si è rilevata una macchina che cammina con il freno a mano tirato. Questi soldi arrivano con difficoltà sia perché le banche non tutelate a loro volta fanno la loro istruttoria, sebbene semplificata, ma un’analisi dell’azienda la vanno a fare, sia  perché  anche la gestione del fondo di garanzia è lenta, ma probabilmente la colpa non è né delle banche  né del fondo di garanzia, ma è proprio l’impostanzione della norma che ha  previsto un meccanismo che doveva essere per forza farraginoso perché nel momento in cui si va a scaricare tanto lavoro su enti terzi è normale che tutto viaggi un pochino più rallentato.

C’è  necessità di norme che siano veloci e facilmente applicabili  – rimarca De Simone – perché l’azienda ha bisogno di liquidità ieri e non domani e dopo due mesi e mezzo c’ è stato un fermo nei ricavi, ma non nei costi. E’ vero che la cassa integrazione ha sgravato o sgraverà il costo  del personale, ma ci sono tanti altri costi  che nell’azienda sono continuati a decorrere compreso il pagamento dei fornitori. E’ necessario, quindi, che ci sia un ristoro veloce, norme flessibili. Abbiamo anche proposto un prolungamento degli orari serali ed un prolungamento domenicale, perché un periodo eccezionale richiede assolutamente flessibilità”.

Altra questione trattata da De Simone riguarda la responsabilità degli imprenditori in caso di malattia da Coronavirus. “C’è un altro aspetto che stiamo chiedendo fortemente di normare che è la responsabilità degli imprenditori sugli infortuni – spiega – E’ la follia  per cui il dipendente che si ammala di Covid debba essere considerato un infortunio professionale. Invece deve essere considerato un infortunio generico, in quanto il Covid lo può prendere ovunque, in ogni situazione, anche in vacanza, per cui  è necessario che questa follia venga ripresa perché non può esserci una responsabilità civile e penale dell’imprenditore. L’Inail  si è detta disponibile a correggere questa interpretazione, ma è necessario che ci sia un decreto del Governo. Qui, purtroppo, si parla per dichiarazioni, conferenze stampa, si parla la sera nei talk show, ma i decreti faticano drammaticamente ad uscire e finché non escono i decreti, la PA parla per leggi, decreti, ordinanze, norme e non a “Porta a Porta”.

Per la città di Viterbo la necessità di liquidità immediata, secondo De Simone, la hanno tutte le aziende. “A Viterbo la necessità di liquidità ce l’hanno tutte, tutte le attività che sono rimaste chiuse fino a ieri, perché due mesi e mezzo di chiusura hanno bisogno di ristoro. Dal commercio, al negozio di abbigliamento, alla parrucchiera, all’estetista, al ristoratore, alla gelateria, alla piadineria, hanno bisogno di un ristoro veloce. Il decreto Rilancio lo prevederebbe anche se con tanti limiti,  però deve uscire veloce per avere un ristoro del 20 per cento del fatturato, ma c’è necessità che le norme siano scaricate subito sulle aziende”.

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