Riflessioni geopolitiche di Romano Prodi, dal duopolio mondiale USA Cina ai nuovi scenari possibili

di  FRANCESCA MACCAGLIA-

ROMA-  “Questo secolo XXI per tutti era uno scenario assolutamente diverso. Siamo ancora nel bipolarismo, dove Stati Uniti e Cina comandano il mondo, e l’uscita da questo bipolarismo è complicata e sarà complicata”, così ha esordito Romano Prodi, ospite della Conferenza “I giovani e l’Europa in un mondo in transizione”, che si è tenuta presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, nell’Aula Magna dedicata alla storica dell’arte, curatrice di mostre e docente all’Accademia, Lea Mattarella. Al tavolo dei relatori Cecilia Casorati, Direttrice dell’Accademia di Belle Arti di Roma, Giuseppe Carmine Soriero, Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Roma e Alessandro Bianchi, Direttore della Scuola La Fenice Urbana. “Ci teniamo particolarmente a sentire le illuminate parole del nostro Presidente, – ha dichiarato la direttrice Casorati – un argomento difficile e sempre attuale, l’Europa e i giovani, come l’Europa non sia una speranza ma sia in realtà il momento futuro per le nostre generazioni giovani.  L’arte come elemento politico della società, è una cosa a cui noi crediamo molto, perché in qualche modo è la certezza, il nostro lavorare come professori di Accademia sia proprio quello di dare una coscienza del loro possibile ruolo all’interno della società, una coscienza del loro ruolo di artisti, designer e creativi in generale, all’interno della società, che è un ruolo importantissimo”.  Giuseppe Carmine Soriero, in passato collaboratore del ministro, con la carica di sottosegretario di Stato al Ministero dei trasporti e della navigazione durante il primo Governo Prodi, ha ricordato quando cominciarono a lavorare dopo il rientro del Prodi da Bruxelles e la sua esperienza di Presidente della Commissione Europea, “Quel riferimento ideale, il Manifesto “L’Europa, il sogno, e le ceneri”. Era il 2004, sono passati vent’anni, ma la forza di quelle frasi, di quelle indicazioni hanno ancora tanta vitalità. Il Presidente Prodi ha saputo raccontare i capisaldi della storia e della crescita dell’Europa facendo riferimento ai quadri di Brugel, ad esempio, ai grafici che hanno pensato la moneta dell’Euro, cioè ai riferimenti forti che trovarono proprio nell’arte la ragion d’essere di una vitalità reattiva della società civile rispetto ai poteri che vengono a dare tutto per scontato nelle sorti del mondo. Con l’arte i giovani intendono esprimere un impulso forte verso la pace, verso la solidarietà, verso il futuro”. Alessandro Bianchi, già ministro nel Governo Prodi, ha commentato, “L’Accademia di Belle Arti con queste iniziative copre il terzo versante delle attività tipiche di un livello accademico, vale a dire, accanto alla didattica e alla ricerca, quella della diffusione, che si chiama “terza missione” in gergo; con questo significa prendere contatto con il mondo che ci circonda, una delle cose che le Università hanno imparato a fare un po’ meglio. L’argomento scelto dal Presidente Prodi è quello dei giovani e L’Europa, un mondo in transizione. Egli è stato uno dei protagonisti dell’Europa e di cui oggi è ancora uno dei più attenti osservatori e commentatori. Questo mondo di transizione, credo che sia è un problema centrale della società dei nostri giorni, è vero che tutto è cambiato nel tempo, è vero che questi cambiamenti stanno avvenendo ad una velocità particolarmente elevata, e in una dimensione che non possiamo considerare solo italiana. Nuovi fenomeni si stanno affacciando in questi tempi: la questione ambientale sempre più aggravata dalla crisi climatica, il differenziale demografico, l’inflazione urbana, le sperequazioni economiche e l’intelligenza artificiale”. 

In una sala gremita di studenti e docenti dell’Accademia e illustri personalità, il Prof. Prodi ha iniziato la sua “lectio” partendo da una riflessione sul libro pubblicato nel 1992, scritto da un politologo americano con un cognome giapponese, Francis Fukuyama, intitolato “La fine della storia”, perché era caduta l’unione Sovietica, gli Stati Uniti erano molto forti e si riteneva di essere di fronte al secolo americano; dopodiché è capitato di tutto. La storia si è accelerata, ha affrettato i suoi ritmi, siamo passati attraverso un processo di globalizzazione, che avrebbe dovuto portare a una convergenza tra Stati Uniti e Cina; invece è successo proprio l’opposto. Nella realtà, infatti, non solo c’è una distanza crescente tra i due grandi protagonisti del mondo, ma c’è anche un maggiore equilibrio. La crescita cinese è stata così impetuosa in questo periodo di tempo da avvicinarsi agli Stati Uniti, da portare quindi il dualismo nel mondo. “La politica internazionale – ha commentato il Presidente – deve essere come un ponte. Su ogni ponte passano i camion, le biciclette, le automobili, ciò che occorre fare è rispettare le regole del traffico; invece, dal versante americano occidentale si pensa alla superiorità della democrazia e che la si debba imporre ad altri, e all’inverso avviene nella Cina. Questo porta gli allontanamenti, a una dottrina sempre più rigorosa, sempre più rigida da parte occidentale e un comunismo sempre più duro da parte cinese”. “La democrazia – ha continuato – non si esporta mai con la guerra, è successo soltanto con l’allargamento dell’Unione Europea su cui ho lavorato tanti anni, ma non era un allargamento con l’esercito, con la forza, era la democrazia che veniva richiesta, non imposta. Per anni abbiamo discusso con i nuovi Paesi che entravano nell’Unione Europea tutti i capitoli, le regole della democrazia sulla giustizia, sulla scuola, sulla libertà di stampa, tutti i capitoli con il Parlamento che approvava e chiedeva. La democrazia non può andare avanti con le guerre come è stato con l’Iraq, con il Vietnam prima, con la Libia dopo, uccidendo un dittatore non si risolvono i problemi democratici, è la preparazione di un popolo che porta la democrazia”. Prodi ha evidenziato come ai vecchi tempi il rapporto tra la Russia e l’Unione Europea, anche tra la Cina e l’Unione Europea, erano rapporti di dialogo, non erano mai rapporti di rottura; e si è soffermato sulla necessità di correggere questo mondo bipolare che, se non lo facciamo, porta delle tensioni estremamente forti da un lato e dall’altro. “Vi basti sapere che nel decennio precedente al Covid – ha aggiunto – la Cina è cresciuta di una Russia all’anno, per dirvi qual è lo sbilanciamento delle due forze, e queste due grandi potenze hanno per propria natura una politica estera diversa. L’Europa, adagio adagio, è uscita dalla grandezza del mondo, il mondo di oggi è sempre di più west contro rest, cioè la west contro tutti, una divisione che è sempre più forte”. Il Presidente ha poi sottolineato, pur essendo gli Stati Uniti e la Cina i due attuali dominatori della scena mondiale, l’importanza dell’Europa dal punto di vista economico. “Noi abbiamo una produzione industriale, come produzione industriale pura, che è superiore a quella americana, – ha dichiarato – poi il nuovo settore la rende diversa, e abbiamo la debolezza di non essere presenti in un altro aspetto che sta cambiando il mondo, cioè le grandi imprese a rete. Un settore che sta diventando così importante e che diventerà ancora più concentrato sull’intelligenza artificiale. Queste grandi imprese a rete sono tutte americane o cinesi, delle prime grandi imprese a rete ce ne è solo una che è europea, ed è diciannovesima. Queste imprese nascono non solo quando c’è una fermentazione scientifica, ma quando si parte da un mercato grande e immediato interno che le fa decollare, che le fa partire”.  Il grande problema, infatti, è la divisione all’interno dell’Europa, che non ha aiutato la crescita di queste capacità imprenditoriali, e, pur essendo una grandissima potenza industriale, in questo rimane indietro. “E’ un buon pane l’Europa, – egli dice – ha fatto delle cose grandiose; ma siamo ancora incapaci di prendere le decisioni politiche che ci possono fare protagonisti della politica mondiale. L’Europa è il più buon pane che è stato messo nel forno, ma è mezzo crudo e mezzo cotto, e il pane mezzo crudo non piace, bisogna cuocerlo del tutto. Bisogna andare avanti e qui le difficoltà sono ancora fortissime”. Il Presidente ha poi illustrato con degli esempi concreti le grandi trasformazioni economiche che sono accadute nel mondo, nell’ambito dell’economia e non solo, ricordando che nel Mediterraneo era meglio quando c’era l’Impero Ottomano, perché c’era più comunicazione e più libertà. Oggi, per costruire la nuova politica di difesa, la politica estera così necessaria per effetto della terribile guerra di Ucraina, la chiave è la Francia, perché è l’unico paese europeo, dopo l’uscita della Gran Bretagna, che ha il diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e ha l’arma nucleare. Se lo mettesse a disposizione dell’Europa, crescerebbe la Francia e crescerebbe l’Europa. “La democrazia deve affrontare i problemi di lungo periodo, – ha concluso – per affermare la pace, risolvere i problemi della guerra, dello sviluppo e creare strutture con degli equilibri che possano durare. Noi viviamo nel breve periodo della politica il quale ci porta solo allo scontro. Noi pensiamo all’Italia, ma non è mica solo l’Italia, perfino la grande Germania all’inizio aveva solo due soli partiti, poi tre, quattro, cinque, poi partiti sempre più diversi tra di loro, e il menu della società diventa sempre più complesso. Corriamo il rischio essere bravissimi nello scrivere il menu, e poi a tavola si siedono i cinesi e gli americani. Non è questo il destino dell’Europa, perché l’Europa insieme può fare davvero grandi cose”.

Grandi applausi per il Prof. Prodi e a seguire alcune domande molto interessanti sono emerse dalla platea.

L’Europa di oggi, quindi, va ben oltre i confini dell’Unione Europea. L’Europa del futuro sarà inevitabilmente plasmata dalle visioni, dalle speranze e dalle azioni dei suoi giovani cittadini. Essere giovani in Europa oggi significa avere accesso a un mondo di opportunità, ma anche la responsabilità di affrontare sfide globali, essere parte di una comunità diversificata e interconnessa, aperta per essere esplorata, vissuta e plasmata e tutti possono contribuire a definire cosa significa essere europei nel XXI secolo.

 

 

 

 

 

 

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