di LORENA PARIS-
Per il mio consueto appuntamento del Martedì con la poesia, propongo la lettura e l’ascolto di “Rito” scritta da Fernanda Romagnoli, poetessa romana.
“Mia madre celebrava la mattina
con un caffè solitario.
Filtravano dalla cucina
neri aromi in un chiaro di gesso.
Toccavano rumori la parete
per farsi indovinare
da me, che silenziosa
sorridevo nel buio «vi conosco!»
Mia madre la mattina
stava sola di là, come Dio
sta sulla terra e sul mare.
Prendeva il giorno nelle sue mani rosse,
assegnava alle cose il loro posto.
Come farà, che adesso
sola fatica delle sue mani è stare
incrociate sul petto.”
Ritengo che questi versi di Fernanda Romagnoli siano di una eleganza pacata e colma di suggestioni. Immagini brevi e ricordi della madre, nella sua vita di quotidiana presenza e di amati gesti rituali. Un filo spirituale, luminoso e leggiadro congiunge le parole della poetessa e sembra offrire pennellate di idillio struggente. La chiusa della poesia offre,poi,
un’ immagine di eternità e silenzio: narra il distacco, la mancanza e il dolore in modo così poetico, composto e misurato, quanto amorevolmente profondo.
“Fernanda Romagnoli, poetessa, nacque a Roma nel 1916 dove si spense nel 1986, a causa di una lunga malattia. Le sue poesie, pubblicate tra il 1943 e il 1980 sono raccolte in quattro sillogi (Capriccio, Berretto rosso, Confiteor e Il tredicesimo invitato). La poetica della Romagnoli è pervasa da lirismo e drammaticità, da versi dirompenti, metafisici e mistici nella dolorosa ricerca della spiritualità. Purtroppo ai non “addetti ai lavori” la poetessa risulta pressoché sconosciuta, poiché seppure le sue poesie siano notevoli è caduta nell’ oblio, come spesso accade. Grazie a Donatella Bisutti la sua opera edita “ll tredicesimo invitato” è stata fortunatamente ripubblicata da Scheiwiller. La Romagnoli è stata accostata a Emily Dickinson, da molti critici, per alcune analogie poetiche con quest’ultima, per il lirismo, ma anche per la malattia e la propensione all’isolamento”.
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