VITERBO – Riceviamo da Comitato Non ce la beviamo e pubblichiamo.
Riteniamo che ormai anche i Sindaci si siano resi conto che l’attuale gestione di Talete Spa non è in grado di poter affrontare la grave crisi del servizio idrico di questa provincia.
Una crisi non comune a quella che stanno affrontando altre province perché, oltre alle gravi dispersioni idriche nelle reti e alla siccità, la nostra provincia ha un problema in più: la presenza di inquinanti che rendono non potabili le acque a nostra disposizione.
Ricordiamo infatti che la sentenza della Corte di Giustizia Europea, condanna l’Italia per violazione delle norme sulla potabilità delle acque, citando proprio i Comuni della Tuscia per il superamento dei limiti di legge per contenuto di As.
Un problema, presente quasi ovunque nella nostra provincia , che riduce ancor più la disponibilità dell’acqua per consumo umano e che comporta una spesa esorbitante, circa il 30% dei costi di bilancio di Talete spa , riversata poi sulle bollette dei cittadini. Una spesa che sta mettendo in ginocchio intere famiglie per un’acqua che spesso non si può utilizzare a scopo umano.
Ora di fronte a questo non si può pensare di risolvere la situazione con la sola interlocuzione tra i Sindaci dell’ATO e Talete Spa , soprattutto quando si propongono soluzioni improvvisate come la riapertura di vecchi pozzi in disuso o l’ acquisto di terreni per crearne di nuovi, non suffragate da appositi studi e tese solo a tamponare l’emergenza, nonostante le cause del problema siano conosciute da anni.
Soprattutto non si può pensare di risolvere la situazione con una governance di Talete Spa – concentrata essenzialmente nel portare a termine il processo di privatizzazione del 40% delle quote della Società anziché , ad. es. effettuare i monitoraggi delle falde , la mappatura dei pozzi , il controllo sui prelievi abusivi , ecc.
La vera mission della Talete spa sembra quella di traghettare il servizio idrico al privato anziché quella di gestirlo.
La storia del mancato reperimento delle risorse , più volte segnalata dal Presidente della Talete, a noi non convince ; quale banca non farebbe finanziamenti ad una Spa che chiude sempre in attivo e che è garantita dai Comuni?
Crediamo che invece questa sia la leva per giustificare il ricorso alla privatizzazione, e riteniamo che la decisione di accelerare il passaggio del servizio idrico dei rimanenti Comuni a Talete, nonostante fosse chiaro che la Società non sarebbe stata in grado di gestirli, sia parte della stessa operazione. .
Siamo anche convinti che sia decaduto l’obbligo di cedere il servizio idrico alla Talete Spa , nel momento in cui l’ATO ha emesso l’atto di indirizzo che decreta il cambiamento della natura giuridica della Società.
In due parole, se invece di spendere tempo ed energie contro questo scellerato e ossessivo progetto di privatizzazione , peraltro contrario alla volontà popolare, si fosse pensato a risolvere i problemi concreti forse ci saremmo trovati in una situazione migliore.
Stante comunque la situazione odierna, ci sentiamo in dovere di rivolgerci ancora una volta ai Sindaci affinché, in sede di Conferenza dell’ATO, o anche in via autonoma :
- si formuli una richiesta urgente di apertura dei tavoli con il Governo , Ministeri competenti e Regione Lazio sul problema della potabilità dell’acqua nella Tuscia, anche alla luce della Sentenza della Corte di Giustizia Europea che, ricordiamo, – ha condannato lo Stato Italiano e non la provincia di Viterbo ad ottemperare . Si tratta di un problema di salute pubblica, di inquinamento ambientale e di risorse economiche, che non può coinvolgere soltanto l’ATO e Talete Spa, tantomeno può continuare ad avere ricadute sanitarie ed economiche sui cittadini della nostra provincia; è doveroso pretendere contributi pubblici per la dearsenificazione, solo in questa maniera le tariffe potranno ridimensionarsi;
- si portino in conferenza ATO , in Regione e su tutti i tavoli Istituzionali gli studi effettuati dall’Università della Tuscia sulla disponibilità di risorse idriche potabili presenti in alcune zone della provincia, e si intraprenda una interlocuzione con la stessa Università che si è resa disponibile a interagire su questo progetto.
- si informino i cittadini , anche attraverso forme partecipative, sullo stato dei lavori relativi alla manutenzione straordinaria delle reti idriche e sui relativi finanziamenti annunciati dalla Regione Lazio, nonché sui progetti finanziati dal PNRR in atto nella nostra provincia;
- non si proceda per nessun motivo alla cessione delle quote detenute dai Comuni a favore dell’investitore privato e si chieda l’arresto della procedura di privatizzazione.
- Si formuli una richiesta urgente al Presidente della Regione Lazio e alle Comm.ni competenti al fine di chiedere l’ esecutività della Legge 5/2014 , già approvata all’unanimità dalla Regione Lazio , che avendo recepito i contenuti del referendum del 2011 , detta i principi e le regole per la salvaguardia del ciclo delle acque restituendo ai territori la possibilità di una gestione idrica virtuosa e partecipativa.
- Si mettano in atto politiche di prevenzione sul vero uso scriteriato della risorsa idrica smettendo di colpire i cittadini che legittimamente innaffiano l’orto di casa ; ci riferiamo a imporre limiti per le colture intensive come il nocciolo su territori non vocati a quel tipo di coltura, che esigono enormi quantitativi di acqua e distruggono la biodiversità. Limiti all’uso di diserbanti, pesticidi, concimi chimici.
Queste sono le nostre proposte, non abbiamo la presunzione di insegnare niente a nessuno ma semplicemente di offrire un contributo alla discussione perchè riteniamo ci sia una estrema necessità di salvaguardare la popolazione di questo territorio sul piano sanitario ed economico.
Per questo chiediamo di abbandonare la via della privatizzazione ed iniziare ad occuparci di politica con la P maiuscola: sta ai Sindaci ora decidere da che parte stare.