SI indebolisce l’idea di nazione

di VINCENZO CENITI-

A Coronavirus placato ci sarebbe da ragionare sull’efficacia dell’attuale assetto politico-territoriale dell’Italia che la pandemia ha messo nei guai. Va ricordato – in omaggio al cinquantesimo anniversario dell’attuazione dell’ordinamento regionale (cui sono seguite nel 2001 le ben note modifiche al Titolo V della Costituzione) – che nel 1947 lo studio preliminare della cosiddetta organizzazione delle Stato con l’istituzione delle Regioni venne affidato dall’assemblea costituente ad una commissione interna presieduta dal comunista Umberto Terracini che affermò l’idea, mai appieno osservata, dell’unità nel pluralismo dei territori. Se nel corso degli anni (dal 1970 ad oggi) ci sono state deviazioni sul piano applicativo, tanto da portare ad un antagonismo tra Regioni e potere centrale, con toni talvolta insopportabili , la colpa è anche di quella ripartizione geopolitica dei territori post-unitaria (cosiddetta “a caso”) che si rifaceva d’ufficio a parametri oggi del tutto superati. Ce ne siamo accorti in questa dannata stagione del coronavirus che ha messo a nudo un preoccupante egoismo localista spacciato per democratico. Ed è proprio quella ripartizione geopolitica che va rivista, recuperando il ventilato modello delle macro-regioni accompagnato semmai da una riconsiderazione seppur parziale dell’assetto delle Province troppo frettolosamente accantonato. E questo vale per la sanità, ma anche per il turismo dei cui vitali valori economici ci accorgiamo ora, quando vengono a mancare. I processi e le promesse di auto-coordinamento delle Regioni non hanno mai convinto nessuno e la capacità del “centro” di esercitare il raccordo è stata sempre più debole e manomessa. Il fai-da-te regionale ha dimostrato di essere perfino pernicioso. La corsa all’accaparramento dei fondi pubblici, ad esempio, ha premiato le Regioni più forti a danno di quelle più deboli con effetti a cascata che hanno determinato soprattutto nella sanità trattamenti differenziati da zona a zona. Il sovranismo regionale, come detto, ha creato molti problemi anche al turismo, facendo perdere di vista orientamenti unitari di cui abbiamo pagato più di uno scotto. Ce ne accorgemmo già nel IV Governo Berlusconi (2008-2011) quando si tentò di dare ordine al settore con il recupero del ministero del Turismo (pur senza portafoglio) affidato all’aitante Michela Brambilla che dovette però ben presto arrendersi alle accuse di incostituzionalità di alcune iniziative pro Italia, vedi il famigerato Codice del Turismo. Da allora è stato tutta una china, con le Regioni a dettare una ventina di politiche turistiche (sprechi compresi) e a mortificare spesso , con il potere delle norme e delle risorse, quelle realtà municipali che sono le vere portatrici delle effettive esigenze dei cittadini (Da Unionturismo news, 27 Aprile 2020).

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