Sicurezza e Macchina di Santa Rosa

VITERBO – Riceviamo e pubblichiamo: “Non c’è dubbio che la legislazione sulla sicurezza urbana sia cambiata in questi ultimi anni, anche sulla spinta del tragico episodio della finale di Champion League a Torino, del 2017. Per tutte le manifestazioni pubbliche si è verificata una stretta sui controlli, la formalizzazione delle autorizzazioni, l’utilizzazione degli spazi, la dislocazione delle postazioni di sicurezza, l’accesso degli spettatori, ecc.

E’ quindi evidente la volontà delle istituzioni di garantire innanzitutto security e safety, due termini che da qualche tempo sono sati adottati largamente nel campo delle procedure di tutela pubblica, seguendo una filosofia prettamente precauzionale. I due termini talvolta sono stati interpretati in modo non del tutto corretto, e quindi sarà opportuno richiamarne il reale significato, così come si è dipanato nella letteratura scientifica, che è stata prioritariamente sociologica, riguardando la convivenza umana, e solo poi giuridica, quando se ne è data una implementazione operativa in forme di tutela dell’ordine pubblico.

Il termine security ha a che fare con una condizione complessiva di tipo ordinativo, che garantisce il controllo organizzativo dello spazio urbano. Ne consegue una interpretazione “oggettiva”, costituita dagli interventi per ridurre rischi e pericoli derivanti dalla convivenza urbana e una interpretazione “soggettiva”, che riguarda la percezione che le persone, ma anche le istituzioni, hanno di tali rischi e pericoli.

Il termine safety è più semplice da affrontare, perché ha a che fare con la incolumità fisica del cittadino; in tal caso può essere l’obiettivo finale di buona parte delle attività di security, anche se ovviamente non ne esaurisce il compito: per capirsi, evitare la realizzazione di una truffa è operazione di security, evitare che nel traffico urbano ci scappi il morto è anche, e soprattutto, una operazione che riguarda la safety.

Di tutto questo occorre parlare quando siamo di fronte a complesse manifestazioni del folklore che si svolgono nel tessuto urbano. Queste manifestazioni spesso comportano assembramenti, calca, entusiasmi fuori controllo che si manifestano sovente in luoghi ristretti – piazze, vie dei centri storici – piuttosto che in stadi o spazi aperti e richiamano la necessità di provvedimenti volti a ridurre al massimo i rischi e l’incolumità delle persone. Processioni e rituali di ispirazione religiosa, competizioni rievocative e tradizionali, espressioni del più profondo folklore locale costituiscono un “problema” di non facile soluzione. All’estero, due manifestazioni tradizionali molto sentite della popolazione e fortemente innestate nella cultura centenaria locale, come il Carnevale di Rio o la Corsa dei tori a Pamplona, creano gravi problemi di security e di safety. E tuttavia è necessario riadattare le procedure di sicurezza alla forma e al significato della manifestazione.

In Italia, vi sono situazioni di analogo pericolo potenziale: innanzitutto il Palio di Siena, che vede centinaia di persone accalcate al centro della Piazza del Campo, intruppate e senza possibilità di uscita mentre si corre la corsa di cavalli; ma anche il trasporto delle macchine a spalla, dai Ceri di Gubbio ai Gigli di Nola, fino alla nostra Macchina di S. Rosa.

In questi casi i provvedimenti non possono essere applicati come un adesivo universale sul rito, ma vanno adattati rispetto a: a) una tradizione centenaria; b) la percezione del rito da parte del pubblico, che ne è parte integrante; c) l’esperienza degli operatori.

Ve lo immaginate un decreto prefettizio che vieta al pubblico di assistere al Palio stando al centro di Piazza del Campo, per mancanza di “vie di fuga”?

Restiamo alla Macchina di S. Rosa. Nei secoli passati la macchina di S. Rosa fece vittime; altri tempi, altra dis-organizzazione. Poi, dopo l’episodio del “fermo” a via Cavour del 1967, nacquero le “prove”, la rigida organizzazione della formazione, e soprattutto il Sodalizio dei Facchini, che lungi dall’essere una associazione goliardica di buontemponi con fazzoletto in testa, era ed è lo strumento di governo del Trasporto in tutte le sue sfumature operative, ovvero il “sistema esperto” della conduzione della manifestazione.

L’anno scorso furono commessi almeno due errori madornali nel corso della riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica; il primo, non aver ammesso il Sodalizio nel Comitato, almeno come soggetto esperto; il secondo, conseguente, aver dato disposizioni che cozzavano pesantemente con la tradizione, la prassi, il valore della manifestazione, facendo cadere dall’alto – peraltro da un alto del tutto ignaro della tradizione e del significato del Trasporto e, se mi si consente, a totale digiuno di etnoantropologia e scienze del folklore – provvedimenti ingiustificabili (uno per tutti: la chiusura al pubblico di via della Sapienza, scelta come via di fuga). Così, la civile protesta dei Facchini, è stata definita addirittura un comportamento “irrispettoso” verso le Autorità e “irresponsabile”. Due aggettivi che sono stati inevitabilmente rispediti al mittente.

Comunque, è acqua passata e certe frizioni mi sembra che siano state ampiamente ricomposte.

E’ quindi augurabile che, a distanza di un anno, il significato del Trasporto e il ruolo del Sodalizio siano stati finalmente “digeriti” dalle Autorità preposte; a cominciare dal fatto che il Trasporto, sebbene non sia sotto le tutela della Diocesi, come hanno fatto ben rilevare sia il Vescovo Orazio Francesco sia Don Luigi Fabbri , è certamente un fatto “religioso”, un atto popolare di fede, una espressione collettiva della cultura e della storia viterbese che da questi punti di vista merita molto più rispetto che la kermesse pseudostorica di un Palio, al quale al contrario persino le Autorità con i loro provvedimenti si adeguano e si adattano.

Viva S. Rosa”.

Francesco Mattioli

Già professore ordinario di sociologia nell’Università Sapienza di Roma, e docente di sociologia della sicurezza urbana nella stessa Università e all’Università della Tuscia

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