Strutture Residenziali per anziani non-autosufficienti, interviene il Gruppo di lavoro Sanità di Rifondazione Comunista/SE Lazio

VITERBO – Riceviamo dal Gruppo di lavoro Sanità di Rifondazione Comunista/SE Lazio e pubblichiamo: “Le strutture residenziali per anziani non-autosufficienti in origine, già alla fine del XVI secolo, “prendevano in custodia” i poveri che vivevano nelle nostre strade. Nel corso dei secoli queste strutture sanitarie si sono differenziate per tipologie di trattamento e livelli prestazionali. Attualmente si dividono in Nuclei di assistenza estensiva, estensiva per disturbi cognitivo-comportamentali gravi, estensiva di mantenimento “RSA – A” o “RSA – B” a seconda se di maggiore o minore intensità assistenziale.  L’accesso ai trattamenti per le persone non autosufficienti – per lo più anziane, ma non solo – avviene mediante valutazione multidimensionale delle ASL, sia per i soggetti provenienti dal domicilio che per quelli in dimissione da strutture ospedaliere, ciò al fine di individuare il setting più appropriato rispetto al bisogno.  Sono previsti anche Nuclei di assistenza semiresidenziale di mantenimento destinati alle persone non autosufficienti, anche anziane, o con ridotta autonomia psico-fisica e relazionale che vivono nel proprio ambiente familiare. Tutte le Strutture sono collegate funzionalmente con i servizi territoriali della ASL facenti capo alle attività socio – sanitarie del Distretto, comprendenti in particolare l’assistenza del Medico di famiglia e il Centro di Assistenza Domiciliare; inoltre, in relazione alle specifiche patologie degli ospiti, sono collegate funzionalmente anche alle vicine strutture ospedaliere, alle strutture specialistiche poliambulatoriali nonché ai Dipartimenti di Salute Mentale. Per oltre il 90% queste “residenze”, nel Lazio ma in tutta l’Italia, sono gestite dai privati e di fatto il Servizio Sanitario Regionale Pubblico non è altro che un sistema/stazione appaltante per l’accreditamento.

Tutte le ASL devono garantire costanti controlli su queste strutture che devono rispettare precisi requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi, inoltre nelle strutture è costituito un “Comitato di Partecipazione”, che deve essere composto da rappresentanti degli ospiti, delle loro famiglie e delle associazioni di volontariato che ha il compito di raccogliere e valutare le istanze degli ospiti relative ad iniziative intese a promuovere maggiore autonomia e maggiore integrazione degli stessi all’interno delle strutture e, all’esterno, con il tessuto sociale, formulando le conseguenti proposte alla direzione della struttura.

Le persone non autosufficienti sono tra i gruppi più vulnerabili al mondo, meno tutelati e quelli maggiormente esclusi dalla partecipazione attiva ai processi lavorativi, decisionali e formativi. Sono rinchiusi nell’ombra dell’arcipelago degli istituti variamente denominati RSA, Lungodegenze, Riabilitazione etc. raramente ispezionati dai nuclei ispettivi dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, ormai impoveriti se non smantellati di personale qualificato per le verifiche di mantenimento dei requisiti “minimi” e dell’attività di vigilanza e controllo. Queste realtà finiscono anche nella tragedia della cronaca, come è successo a Milano nella RSA “Casa dei Coniugi” con 6 anziani morti carbonizzati e oltre 80 feriti. Queste tragedie non succedono a caso sono il frutto avvelenato di scelte che si sono dimostrate disatrose con la ridefinizione del Servizio Sanitario Nazionale Pubblico in “Sistema” ormai basato su principi di Aziendalizzazione, Privatizzazione e in prospettiva di Regionalizzazione differenziata spinta che ha delegato al privato molti servizi sanitari ormai fuori controllo. Il neoliberismo alla base della nostra economia ha distrutto il tessuto solidaristico-sociale con la scelta diffusa di chiudere parte della popolazione anziana in case di riposo e RSA, eccezionale business in crescita per i privati, che è uno degli effetti più macroscopici.

A fronte di tutto questo è importante un cambio radicale di rotta, in primo luogo con il rafforzamento dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL, ma sicuramente con l’eliminazione del profittevole meccanismo dell’accreditamento e della convenzione sanitaria con i privati attraverso l’elaborazione e il perseguimento di obiettivi intermedi, quali ad esempio il contratto unico pubblico-privato del personale e l’adozione di un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato, la stabilizzazione dei precari fino alla reinternalizzazione del personale e delle attività esternalizzate nella Sanità Pubblica e non ultima alla limitazione progressiva dell’uso delle strutture per anziani ai casi ove non sia proprio possibile dare altre risposte”.

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