6 Marzo: “Dies natalis” di S. Rosa, intervento di don Mario Brizzi

di DON MARIO BRIZZI-

VITERBO- Non è raro sentire, anche dai devoti, che S. Rosa non è mai stata proclamata Santa dalla Chiesa perché i processi di canonizzazione che la riguardano non sono stati portati a termine. Quindi S. Rosa sarebbe una Santa di secondo ordine se non addirittura abusiva.
A questi dubbi dette una risposta chiara, articolata e documentata P. Ernesto Piacentini in un volume di qualche anno fa “S. Rosa da Viterbo – Culto liturgico e popolare” che purtroppo non raccolse l’attenzione che meritava.
Il libro di P. Piacentini, dopo aver fatto un excursus su come è nato il culto dei Santi nella Chiesa cattolica e come si sono evolute nel tempo le cause di canonizzazione, per quanto riguarda S. Rosa
afferma che se i primi due processi di canonizzazione non sono stati portati a termine e che il terzo
(il Callistiano del 1457) si è concluso ma senza pronunciamenti, nulla toglie alla santità di Rosa in quanto “ il terzo processo restò senza altre dichiarazioni di santità perché non ve ne era bisogno in quanto S. Rosa era già Santa ufficialmente e quindi la Chiesa non doveva di nuovo pronunciarsi”.
Rosa, infatti, era già chiamata Santa non solo nella prima biografia, ma approvando l’Ufficio Liturgico per la traslazione del corpo, Papa Alessandro IV ne 1258 implicitamente ne riconosceva la fama di santità e ne permetteva il culto dei santi. Culto che poi venne ulteriormente confermato con la “Messa propria” del 1501 e l’inserimento nel Martirologio Romano – cioè nell’elenco ufficiale dei Santi della Chiesa cattolica – nel 1583 nel quale Rosa appare con il titolo di Santa.
Il Piacentini, inoltre, afferma che “ il titolo di Santa a Rosa spetta a tutti gli effetti … e, come è avvenuto per altri Santi del passato, non è necessaria una sentenza formale ma si richiede che il Papa comandi che un servo di Dio sia venerato nella Chiesa universale per mezzo dell’Ufficio. E della Messa propria in un dato giorno. Cosa che si è verificata per S. Rosa”.




San Martino, un Santo che non morì da martire (VIDEO)

di MARIELLA ZADRO-

VITERBO- La chiesa, come luogo di cultura. E’ questa la finalità, che ha animato don Mario Brizzi, ad organizzare nel pomeriggio dell’11 novembre, l’incontro presso la chiesa di Santa Maria Nuova, per conoscere e delineare la figura di San Martino.
Una relazione molto dettagliata, che ha spaziato dall’arte agli eventi personali del Santo, per approdare alla tradizione popolare.
Dopo una breve descrizione della vita del Santo “generoso” in memoria del suo gesto per aver offerto una parte del suo mantello ad un mendicante, ha parlato di un capolavoro di Mattia Preti, poco conosciuto ubicato nell’abbazia di San Martino al Cimino.
E’ uno stendardo processionale di notevoli dimensioni (268×203 cm) che la Confraternita del SS Sacramento del borgo, in vista del Giubileo del 1650, fece realizzare nel 1649 con il contributo offerto dalla Principessa Olimpia Maidalchini Pamphili.
A seguire tante curiosità sui detti popolari del mondo contadino: la definizione di podere, gli abbinamenti culinari vino-castagne, la citazione dei versi carducciani e l’estate di San Martino.
Presenti tra il numeroso pubblico che ha apprezzato molto l’iniziativa, la sindaca Chiara Frontini e il consigliere Paolo Moricoli che si sono intrattenuti commentando la conferenza.
La serata si è conclusa con una cena sociale, con degustazione di piatti tipici della tradizione viterbese.