Tragedia a Belcolle: muore detenuto di 65 Anni dopo sciopero della fame

di REDAZIONE –

VITERBO – Nella notte dell’Epifania, nel reparto di medicina protetta di Belcolle, si è verificata una tragica vicenda che ha portato alla morte di Stefano Bonomi, un detenuto di 65 anni. L’uomo era stato ricoverato contro la sua volontà su disposizione del magistrato, a seguito di un lungo sciopero della fame, le cui ragioni al momento rimangono sconosciute.

Il signor Bonomi era stato trasferito dalla prigione di Rieti all’ospedale di Viterbo il 3 gennaio, dopo aver intrapreso lo sciopero della fame. Nonostante la sua decisione di non alimentarsi, sembrava mantenere la lucidità, e la sua famiglia, l’avvocato e il giudice erano costantemente informati sul suo stato di salute.

Nel reparto di Belcolle, il detenuto è stato sottoposto ad alimentazione forzata e a tutti gli esami del caso, ma purtroppo, alle 2 della notte del 6 gennaio, ha perso la vita. Non è stata eseguita l’autopsia sulla salma, che è stata restituita alla famiglia.

Il Garante dei detenuti del Lazio, Stefano Anastasia, aveva sottolineato all’inizio del nuovo anno le problematiche del sistema penitenziario, compreso il sovraffollamento, i suicidi e le morti in carcere. Anastasia ha criticato la politica di sicurezza, sottolineando che la costruzione di nuovi istituti penitenziari non è la soluzione, ma è necessaria una valutazione credibile sulla capacità del sistema di ospitare detenuti in modo umano, fornendo servizi, opportunità di rieducazione e reintegrando nel territorio coloro che hanno commesso reati minori.

Il Garante ha esortato a investire in servizi sociali, formativi e sanitari per prevenire la devianza e ha concluso con un appello a operare “per dare speranza e dignità a chi è in carcere”. La speranza, secondo Anastasia, risiede anche nella giurisdizione, che può riconoscere questioni importanti, come il trattamento inumano dovuto al sovraffollamento o la discriminazione legata alla cancellazione dell’indennità di disoccupazione per i detenuti che hanno lavorato nelle carceri. Segnali di speranza per un cambiamento possibile nel sistema carcerario.

Print Friendly, PDF & Email
Condividi con:
LEGGI TUTTE LE NOTIZIE